Articoli
(selezione)
1 - Luciano Marucci, La legittima riscoperta di un genio musicale italiano, “Corriere Adriatico”, 17 novembre 1997
1a
- Anna Maria Novelli, Gabriele D’Annunzio: alibi
musicale per una conversione, “Hortus”, n. 23/2000, pp.
135-141.
2 - Anna Maria Novelli, Il talento multiforme di Tebaldini, “Corriere Adriatico”, 18 agosto 2000
3 - Anna Maria Novelli, La tragica resistenza in un’opera musicale, “Corriere Adriatico”, 24 aprile 2001
4 - Raffaella Nardella, La cultura verdiana nell’insegnamento di Tebaldini, “Aurea Parma”, a. LXXXV, fasc. I, Parma, gennaio-aprile 2001 (vedi “Studi recenti”)
5 - Un’opera musicale ispirata al tragico evento della resistenza marchigiana, “Regione Marche”, giugno 2001
6 - Anna Maria Novelli, Tragico evento della resistenza sublimato da un’opera musicale, “Hat”, autunno- inverno 2001
7 - l.[uciano] m.[arucci], Riuscita serata Verdiana, “Corriere Adriatico”, 4 dicembre 2001
8 - Raffaella Nardella, Verdi e Tebaldini: idealità convergenti, “Gazzetta di Parma”, 24 dicembre 2001
9 - Idealità convergenti: Giuseppe Verdi e Giovanni Tebaldini, “Regione Marche”, gennaio-febbraio 2002
9a - Anna Maria Novelli, Giovanni Tebaldini a cinquant'anni dalla scomparsa - UNA MULTIFORME ATTIVITÀ, “bresciaMUSICA”, a. XVI, n. 81, Brescia, aprile 2002, pp. 6-7. Versione PDF
9b - Anna Maria Novelli, Un Centro Studi e Ricerche intitolato al musicista bresciano, a. XVI, n. 81, Brescia, aprile 2002, p.7. Versione PDF
9c - al.[fredo] m.[orani], “Per un Epicedio”, “bresciaMUSICA”, anno XVI, n. 81, Brescia, aprile 2002, p.7. Versione PDF
10 - Celebrazioni di Giovanni Tebaldini, “Corriere del Cittadino”, aprile-maggio 2002
11 - Tebaldini ricordato come sambenedettese, “Il Messaggero”, 6 maggio 2002
12 - Una straordinaria rassegna di Musica Sacra che onora le nostre Marche - Virgo Lauretana, “Regione Marche”, maggio 2002
13 - Marco Bizzarrini, Tebaldini, custode della musica sacra, “Giornale di Brescia”, 11 maggio 2002
14 - Massimo Pastorelli, Rassegna Internazionale di Musica Sacra “Virgo Lauretana”, “Musica”, maggio 2002
15 - Il Maestro Giovanni Tebaldini a cinquant’anni dalla morte, “Corriere Proposte”, giugno 2002
16 - Vera Pattini, Tebaldini Saggista, “BresciaMusica”, giugno 2002
17 - Luciano Marucci, Giovanni Tebaldini. Alla riscoperta di un genio musicale, “Il Piceno”, n. 4, dicembre 2002
18 - Anna Maria Novelli, Giovanni Tebaldini nella musica sacra, “Rivista Internazionale di Musica Sacra”, nuova serie, a. 23, n. 2, LIM, Lucca, 2002 (vedi “Studi recenti”)
19 - Con Fisiognomica ideale un omaggio a Tebaldini, “Il Messaggero”, Marche, 8 febbraio 2003
20 - Anna Maria Novelli, Giovanni Tebaldini e il triennio di Padova, “Il Santo”, a. XLIII, fasc. 2-3, Centro Studi Antoniani, Padova, 2003 (vedi “Studi recenti”)
21- Giovanni Tebaldini: Il canto gregoriano nella musica moderna (a cura del “Centro Studi e Ricerche “G. T.”), “Rivista Internazionale di Musica Sacra”, nuova serie, a. XXV, LIM, Lucca, 20042 (vedi “Conferenze / Corsi d’istruzione”)
22 - Tito Pasqualetti, Musica. La personalità e l’arte di Giovanni Tebaldini in un interessante carteggio, “Riviera delle Palme”, a. XXIII, n. 1, San Benedetto del Tronto, gennaio-febbraio 2007, p. 23
23 - Paolo Peretti, La figura di Giovanni Tebaldini. Un’intensa attività nelle Marche, “bresciaMUSICA”, a. XXI, n. 103, Brescia, febbraio 2007, p. 14
24 - Gian Paolo Minardi, Due testimonianze su Giovanni Tebaldini. Rivelò a Pizzetti che cosa è la musica, “Gazzetta di Parma”, 28.3.2007
24a - Anna Maria Novelli Marucci, Il maestro di Pizzetti, "Bella Parma", n. 15, Anno V, Editrice Tecnografica, Parma, 2007, pp. 21-23 Versione PDF
25 - Gian Paolo
Minardi, Giovanni Tebaldini. Un direttore
da Verdi a Pizzetti, “Aurea Parma”, a.
XCI, fasc. III, settembre- dicembre
2007, pp. 311-313
amicizia “bresciaMUSICA”, a. XXI, n. 107, dicembre 2007, p.15
27
- Gian Paolo Minardi, Il
classico in discoteca. Un raro CD.
Tebaldini, una «Sonata» per riscoprire
l’artista amato da Verdi
e Pizzetti, “Gazzetta di Parma”,
14.4.2008 28
- Tamburrini Guerrino, La
musica sacra liturgica. Attualità del
pensiero di Giovanni Tebaldini, «Risveglio
musicale», a. 28: (prima parte) n. 1, gennaio-febbraio 2009,
pp. 9-11; (seconda parte) n. 2, marzo-aprile
2009, pp. 8-9. Versione PDF (38 KB) 29
- Luciano Marucci e Anna Maria Novelli, “La vita è un
soffio...”. Pierluigi e Igino traditi dalla montagna, “Hat”, n.
49, estate 2009, pp.66-67. Versione PDF
(190 KB) 30
- Erminia Tosti Luna, L’Auditorium di San Benedetto del
Tronto intitolato al musicista e musicologo Giovanni 31
- Tito Pasqualetti, Corrispondenza
d’amorosi sensi tra Antonio Fogazzaro e Giovanni Tebaldini,
“riviera delle
palme”, a. XXV, n.
6, novembre-dicembre 2009, pp. 1a,
2 a,
3a, 4 adi copertina. Versione
PDF (10,6 KB) 32
- Luciano Marucci, Il musicista Giovanni Tebaldini nel
150° dell’Unità d’Italia,
“Marche” n. 9-10/2011, pp. 56-57. 33
- Michele Bosio, [recensione Cd «Opera omnia per organo;
Opere sacre per coro»], Edizione Tactus 2012 per il Centro 34
- Enrico Raggi, Tebaldini, nelle radici del gregoriano il
rinnovamento della musica sacra, “Giornale di Brescia”,
20 dicembre 2012, p. 61. Versione PDF (120 KB) 34a
- Paolo Tesi (a cura di), Giovanni Tebaldini (1864-1952). RIFORMATORE ED ERUDITO, “bresciaMUSICA”,
a. XXVIII, n. 137, febbraio 2014, pp. 4-5.
Versione PDF 35
- Paolo Peretti, Il patriottismo nelle opere di
compositori marchigiani dall’Unità d’Italia alla
Grande Guerra,"Studia Picena”, LXXX, (2015) pp. 371-427:
398-405 (Giovanni Tebaldini e gli eroi-martiri della Grande Guerra)Versione PDF 36
- Michele Bosio, Un pioniere appassionato. Musicologia
liturgica e Storiografia della musica sacra agli albori del XX
secolo:
Giovanni Tebaldini, La musica sacra nella storia e nella liturgia,
«Arte Organistica Organaria», a. XXII, n. 98,
Bergamo,
gennaio-marzo 2016, pp. 46-54 Versione PDF 37
- Michele Bosio, In casa con il nonno. Intervista ad Anna
Maria Novelli, nipote del compositore bresciano Giovanni
Tebaldini
(1864-1952), «Arte Organistica Organaria», a. XXII, n.
97, Bergamo, ottobre-dicembre 2015, pp. 18-21 Versione PDF 38
- Gian Paolo Minardi, Gli esordi Gregoriani di Pizzetti,
“Aurea Parma”, fascicolo II, Maggio-Agosto 2019 Versione PDF 39
- La «perfetta stima» di Giuseppe Verdi per il bresciano
Tebaldini, «Giornale di Brescia» (articolo senza
firma), 19 marzo
2021 Versione PDF 40
- Gian Paolo Minardi, Musica sacra e organo, quando Bossi e
Tebaldini riscrissero le regole, recensione del libro «Quella
fiamma di fede e di passione». Lettere di Marco Enrico Bossi a
Giovanni Tebaldini, a cura di Macinanti Andrea, Novelli
Anna Maria,
Storino Mariateresa, stampato dalla SEdM di Roma), “La
Gazzetta di Parma”, 24 agosto 2022. 41
- Andrea Faini, Il carteggio Bossi-Tebaldini. Uno schietto scambio
epistolare, “bresciaMUSICA”, a XXXVII, n. 180,
dicembre 2022, p. 22. Versione
PDF 42
- Paola Ciarlantini, recensione libro «Quella fiamma di fede
e di passione». Lettere di Marco Enrico Bossi a Giovanni
Tebaldini, a cura di Macinanti Andrea, Novelli Anna Maria, Storino
Mariateresa (stampato dalla SEdM di Roma nel
2022),
«Quaderni Musicali Marchigiani», volume 17/2022, a cura di
Marco Salvarani, pp. 196-197 Versione
PDF 43
- Guerrino Tamburrini, Marco Enrico Bossi e Giovanni Tebaldini. Uniti dalla passione per l'Organo e la Musica Sacra,
“Risveglio musicale” n. 2, marzo-aprile 2023, pp. 6-9 Versione
PDF ------ 1
Il
Maestro
Giovanni Tebaldini e la musica sacra La
legittima riscoperta di un genio
musicale italiano
A San
Benedetto del Tronto molti ricordano ancora un vecchietto canuto,
malfermo sulle gambe e dalle spalle curve che abitava in via Crispi, a
pochi passi dalla Chiesa dei Sacramentini dove si recava
quotidianamente. Era Giovanni Tebaldini, guardato con rispetto e
ammirazione perché era stato un valente musicista. Lombardo
di nascita, per circa mezzo secolo divenne marchigiano
d’adozione. Malgrado l’età, aveva una
invidiabile lucidità mentale, tanto che fino alla morte,
avvenuta nel 1952, fu corrispondente di prestigiosi periodici, tra cui
“La Scala” di Milano. Nel 1951, per il primo
centenario della morte di Giuseppe Verdi, fu lui (ottantasettenne) a
tenere, al circolo cittadino, una memorabile conferenza che
affascinò i numerosissimi intervenuti. I rapporti
con Giuseppe Verdi Egli
aveva avuto i primi rapporti con Verdi quando era a Venezia. Tramite
Giulio Ricordi, il Maestro di Busseto lo incaricò di trovare
“materiale locale” (qualche danza veneziana del
1400-’500) da cui trarre ispirazione per l’Otello.
Successivamente Tebaldini lo aveva conosciuto di persona, quando, tra
il 1897 e il 1901, fu direttore del glorioso Conservatorio di Parma.
Per i saggi di fine anno degli studenti sceglieva autori antichi che
egli andava riscoprendo: Cimarosa, Paisiello, Boccherini, Benedetto
Marcello... Dopo uno di questi concerti, Verdi gli scrisse:
“Mi rallegro che in una esecuzione musicale di un
Conservatorio Italiano siasi eseguita musica italiana! È una
meraviglia!”. Aveva mantenuto legami con lui fino alla
scomparsa (1901) e conservò sue lettere e un grande ritratto
con dedica oggi gelosamente custodito dagli eredi. Gli studi
profondi e la rapida
carriera Giovanni Tebaldini
era nato a Brescia nel 1864 da umile famiglia. Il
padre armaiolo, cantante nel coro parrocchiale, lo avviò
all’amore per la musica, ma, quando a nove anni rimase orfano
di madre, fu il cugino Padre Giovanni Piamarta (recentemente
beatificato dal Papa) a radicare in lui la convinzione che avrebbe
dovuto studiare seriamente e dedicarsi alla musica sacra di
qualità. Ricevette i primi rudimenti a Brescia e,
quindicenne, era già organista in chiesa. A 17 anni vinse un
concorso per maestro d’organo a Vespolate (borgata del
novarese), poi, grazie a una borsa di studio, si trasferì a
Milano per frequentare il Conservatorio, dove fu allievo di
composizione di Amilcare Ponchielli. Contemporaneamente era
“accompagnatore al piano” in una scuola serale
diretta da Padre Guerrino Amelli che gli fece conoscere la paleografia
musicale, il canto gregoriano e la polifonia vocale. Per mantenersi
agli studi, cominciò a collaborare a giornali e riviste
specializzate e alcune vivaci polemiche condotte con autorevolezza gli
valsero l’invito di Giulio Ricordi a scrivere sulla
“Gazzetta Musicale di Milano” e su
“Musica Sacra”. In quegli anni si andava
sviluppando un movimento a favore di una rinnovata dignità
dell’arte musicale sacra. Il Tebaldini sosteneva con altri il
ritorno allo spirito gregoriano e palestriniano. Un suo articolo contro
una messa composta da un professore del Conservatorio gli
costò l’espulsione e fu costretto a trasferirsi
come organista a Piazza Armerina in Sicilia. Nel 1888 si
recò in Germania (dove la musica sacra aveva grande rilievo)
per assistere alle rappresentazioni delle opere di Wagner e rimase a
studiare nella famosa scuola di Ratisbona sotto la guida dei rinomati
Haberl e Haller. Nel 1889 diventò direttore della Schola
Cantorum della Basilica di San Marco a Venezia e cominciò ad
utilizzare spartiti di grandi maestri del passato giacenti
nell’archivio, da lui sottratti alla polvere del tempo,
trascritti e ridotti in partitura moderna. Gli autori si chiamavano
Cavalieri, Monteverdi, Scarlatti, Frescobaldi, Palestrina, Pergolesi...
Fu considerato lo scopritore di un tesoro nascosto. I suoi vasti
interessi intellettuali lo spinsero a stabilire feconde amicizie con
uomini illustri di diversi campi della cultura: da Arrigo Boito a Luigi
Nono, da Antonio Fogazzaro ad Adolfo De Carolis, Pietro Mascagni,
Arturo Toscanini, fino a Salvatore Di Giacomo e don Luigi Sturzo. Papa Pio X
e la riforma della
musica sacra Il
cardinale Giuseppe Sarto, il futuro Papa Pio X (santificato), nel
1891 lo volle conoscere di persona e lo invitò a
tenere a Mantova un concerto di “musica buona”.
Ambedue nutrivano la convinzione di far risorgere la
polifonia. Già nella prima metà
dell’Ottocento il marchigiano Gaspare Spontini lamentava le
scandalose esecuzioni di musica sacra in Italia. Nel 1838 fu emanato un
editto contro l’ “abuso delle musiche teatrali
nelle Chiese”. Per il Papa Gregorio XVI lo stesso Spontini
redasse un ampio rapporto sulla riforma della musica sacra in Italia
che, però, rimase lettera morta. Tra la fine del secolo e il
principio del ‘900, fu indetto un Congresso Nazionale per
dibattere l’argomento (Tebaldini fu nominato segretario
generale) e si deve ad un manipolo di riformatori di quel periodo la
più bella riconquista musicale del XIX Secolo che
riportò nelle nostre chiese la polifonia classica ed il
canto gregoriano. Nel 1903 Pio X pubblicò il “Motu
proprio” in cui si affermava la necessità di
ricondurre la musica sacra ai fondamentali principi della liturgia e ai
canoni della vera arte. Per assicurarsi che la riforma fosse applicata,
ricevette più volte il Tebaldini degnandolo di segni di
stima e profondo affetto. Quando il musicista lamentava che la musica
vera era considerata difficile, il Papa chiedeva: “I siori
canonici cossa diseli?”. “I dise,
Santità, che mi, co’ la mia
musica, li indormenzo”. “No xe
po’ gran mal sto fato, Maestro, xe sempre
megio che lori i si indormenzi in Giesa, piutosto che i bali!” Passato
da Venezia (dove subentrò Lorenzo Perosi) a Padova,
riordinò compiutamente l’archivio della Cappella
Musicale e diresse le celebrazioni per la festa centenaria di
Sant’Antonio. Con
l’amico Marco Enrico Bossi pubblicò un
“Metodo per l’organo moderno” (per molti
anni adottato dalle scuole italiane) e compose una “Missa pro
defunctis” che venne eseguita al Phanteon di Roma nel 1908
per le annuali esequie del Re Umberto I che era stato assassinato,
così i familiari conobbero la Regina Margherita. Ildebrando
Pizzetti allievo
prediletto Come
direttore del Conservatorio di Parma, fece conoscere agli allievi il
canto gregoriano e la polifonia, istituendo per la prima volta in
Italia una classe per il loro insegnamento e ottenendo la convinta
partecipazione di alcuni allievi tra cui Vito Frazzi e Ildebrando
Pizzetti. Ma i nemici tramavano nell’ombra e non consentirono
a Tebaldini una vita facile, attaccandolo con critiche pretestuose. Lo
consideravano un visionario e lo incolparono di spese eccessive per
esercitazioni, concerti ed ingressi ai teatri; di acquisti
ingiustificati per la biblioteca, di “correre con un manipolo
di allievi per godere l’audizione di orchestre più
o meno famose [...]” (una di esse era quella di
Toscanini...). Pizzetti,
musicista tra i più significativi del nostro
secolo, che restituì italianità
all’opera lirica in un momento di decadenza e di esterofilia,
mantenne nel tempo la stima per il suo direttore che lo aveva
indirizzato verso scelte culturali di fondo. Nella prefazione
all’opuscolo “La musica dei Greci” si
legge: “Ho sempre in mente i suoi preziosi insegnamenti e
ricordo il fervore che faceva vibrare la sua voce, mentre Ella si
studiava di far comprendere e ‘sentire’ ai giovani
discepoli la divina bellezza delle antiche melodie [...]. In esse
è un meraviglioso tesoro di espressioni che un musicista non
può ignorare senza vergogna [...]. La sua intelligentissima
opera di riforme didattiche, che avrebbe dovuto essere non solo
riconosciuta ma benedetta, dentro e fuori del Conservatorio fu
avversata, osteggiata accanitamente senza ragione alcuna. E per me so
che al suo esempio e ai suoi insegnamenti io debbo non solo alcuni
degli anni di mia vita più dolce a ricordare, ma anche
l’aver sentito la necessità di studiare
amorosamente le antichissime musiche e teorie musicali [...]. Io la
prego di accettarne la dedica in segno della memore gratitudine e del
non mutabile affetto [...]”. Fu lui che nel 1938 diresse
all’EIAR di Torino il poema sinfonico del suo maestro
“Rapsodia di Pasqua”. Attività
alla Cappella
Musicale di Loreto Il
Tebaldini, messo sotto inchiesta per le vicende di Parma,
psicologicamente provato, diede il concorso come direttore della
Cappella Musicale di Loreto. Naturalmente lo vinse (tra i
membri della giuria c’erano Giuseppe Gallignani e Giacomo
Puccini) e accettò l’incarico prima che
l’allora Ministro della Cultura gli inviasse una lettera di
congratulazioni per due vittorie: Loreto e l’essere uscito
senza colpe dall’inchiesta di Parma. A questo punto non
poteva tornare indietro e nella cittadina mariana, dove ha lavorato per
un quarto di secolo, oltre alle normali funzioni, si attivò
come musicologo e fu chiamato a destra e a manca a tenere concerti,
conferenze e convegni, continuò l’opera di
trascrizione di antiche musiche sacre, ne compose di sue (tra cui, L’Infinito
e Amore e Morte con i versi di Giacomo Leopardi ed
Epicedio ispirato all’assassinio dei fratelli
Brancondi di Loreto avvenuto nel 1944 per mano dei nazisti in
ritirata). Il
Bollettino Ceciliano di Montecassino (autorevole organo di stampa del
settore) nel 1908 scriveva: “Non è vero che nelle
Marche non vi siano Scholae Cantorum..., abbiamo la Cappella di
Loreto”. Dopo la
pensione, fu chiamato dall’amico Francesco Cilèa
ad insegnare al Conservatorio di Napoli Canto Gregoriano e Polifonia.
Sempre nel capoluogo partenopeo diresse l’Associazione
Scarlatti. Nel 1930 fu direttore dell’Ateneo Monteverdi di
Genova. I
riconoscimenti ufficiali Sebbene
tardivamente, “per la sua dedizione alla musica,
l’opera di compositore e riformatore”, venne
nominato Accademico di Santa Cecilia e, nel 1940, Accademico
d’Italia. Quando
era già piegato dalla vecchiaia, rievocava con immutata
passione, nella corrispondenza e negli articoli per quotidiani e
riviste, gli anni della sua vita dinamica e senza compromessi, come la
polemica su un plagio di Strauss, da lui scoperto, che ebbe risonanza
internazionale. Allora riceveva la visita di importanti personaggi (da
Roma, per esempio, giungeva il critico Mario Rinaldi che nel 1951
parlò sulla Traviata anche al Ventidio
Basso di Ascoli). Il suo ultimo saggio uscì su “La
Scala” unitamente ad un toccante necrologio del critico del
“Corriere della Sera” Franco Abbiati,
anch’egli suo allievo. Inserito nelle
storie della musica del Novecento e in numerosi
dizionari enciclopedici, tra cui la Treccani, è stato
approfonditamente studiato in due voluminose tesi: una di Padre Edoardo
Negri per il Conservatorio di Milano ed una dell’americana
Shirley Philibert per il Pontificio Istituto di Musica Sacra. Anche lo
storico prof. Enrico Liburdi, che lo seguì fino alla morte,
gli dedicò un’affettuosa e acuta pubblicazione,
mentre San Benedetto, Brescia e Loreto (dove si trova la tomba di
famiglia) gli hanno intitolato una via. Qual
è oggi la situazione della musica sacra? Il Concilio
Vaticano II, pur ribadendo certi principi, ha dato spazio ad
“altro”. Sta di fatto che in chiesa i canti sono
andati sempre più degenerando verso la
spettacolarità per la ricerca di facili consensi a
svantaggio dell’elevazione mistica. A Loreto ogni anno si
organizza una seria Rassegna Internazionale delle Cappelle Musicali, ma
è un evento isolato. Comunque,
nonostante i mutamenti avvenuti negli anni,
l’idealità di Tebaldini e il suo messaggio
artistico restano. Al di là delle pregevoli composizioni
sacre e profane, del meritorio lavoro di illuminato didatta,
riformatore e restauratore della gloriosa musica del passato, o delle
opere letterarie realizzate, ci hanno spinto a ricordarlo, nel
45° anniversario della morte, la sua vocazione sviluppata con
saggezza e coerenza, le coraggiose scelte controcorrente e la
dirittura morale. Tutte doti oggi purtroppo divenute inattuali in un
contesto sociale dove i valori culturali e spirituali hanno perso il
vero significato. 2
Il talento multiforme di Tebaldini Che la musica sacra, basata sulla
polifonia e il canto gregoriano, stia suscitando presso gli studiosi e
il pubblico un rinnovato interesse, è un fatto. Che dagli
anni Cinquanta a ieri abbia trascorso un periodo di relativo oblio,
è altrettanto vero. Ma tra la fine dell’Ottocento
e i primi decenni del Novecento essa fu riportata
all’attenzione da un manipolo di appassionati, con a capo don
Ambrogio Amelli e, a partire dal 1882, a Milano (appoggiati da Giuseppe
Sarto, arcivescovo di Mantova e poi papa col nome di Pio X), si fecero
portabandiera della riscoperta e della trascrizione in partitura
moderna di brani musicali di autori del Rinascimento e del Barocco
italiano. Pochi sanno che tra questi benemeriti c’era un
personaggio battagliero e rigoroso che per molti aspetti ha avuto a che
fare con le Marche e il Piceno. Alludo a Giovanni Tebaldini,
compositore, musicologo, organista e direttore d’orchestra,
conferenziere. Nato a
Brescia nel 1864 da modesta famiglia e morto nel 1952 a San Benedetto
del Tronto (dove aveva trascorso gli ultimi dieci anni presso la figlia
Brigida Novelli), aveva frequentato il Conservatorio di musica di
Milano (allievo di composizione di Amilcare Ponchielli) e la famosa
Kirchenmusikschule di Ratisbona (in Germania). Possedeva una spiccata
vocazione musicale, una cultura specifica e interdisciplinare che gli
permise di diventare qualcuno nel vasto e complesso mondo musicale.
Quando era direttore della Schola Cantorum della Basilica di San Marco
a Venezia, cominciò a riportare alla luce antiche partiture
conservate nella Biblioteca Marciana e nel 1891 tenne un
“Concerto Storico” a “La
Fenice” di Venezia proprio con l’intento di
riproporre gloriosi autori pressoché dimenticati e di
“tornare all’antico”. Passato alla
direzione della Cappella Antoniana di Padova, continuò
l’opera di riscoperta di testi musicali classici, tra cui
Frescobaldi, Bassani, Caccini, Tartini, Martinengo, Monteverdi,
Legrenzi, Traetta, Galuppi… Fu
lì che, a mezzo di Giulio Ricordi, Giuseppe Verdi nel 1894
gli aveva fatto pervenire la richiesta di una canzone o danza popolare
veneziana oppure greca del 1400-1600. Iniziarono così i
rapporti con il maestro di Busseto (durati cinque anni), fatti di
incontri (di cui il Tebaldini parlerà in diversi articoli e
conferenze) e di significative lettere (pubblicate in più
occasioni). Proprio questi rapporti saranno oggetto di un approfondito
studio che la dottoressa Raffaella Nardella della Biblioteca Palatina
di Parma sta approntando per un numero speciale della pubblicazione
“Aurea Parma” (che uscirà nel gennaio
prossimo), interamente dedicato a Verdi,
nell’ambito delle celebrazioni del primo centenario della
morte avvenuta a Milano il 27 gennaio 1901. Tebaldini è
stato a lungo, con Arturo Toscanini, l’ultimo testimone
vivente che abbia avuto familiarità con Verdi. Per tutta la
vita aveva nutrito una venerazione per il genio emiliano e, a ben 87
anni (sette mesi prima di morire) tenne al Circolo Cittadino di San
Benedetto del Tronto la sua ultima conferenza commemorativa per il
cinquantenario della scomparsa del grande musicista (accompagnata da un
concerto diretto dal Maestro Grati con i cantanti Lari Giovannetti
Scipioni e Antonio Galiè). Del
Tebaldini si è occupato lungamente anche il musicologo
milanese Luigi Inzaghi che nel volume La musica a Milano, in
Lombardia e oltre, curato
dall’Università Cattolica (Edizioni Vita e
Pensiero), uscito recentemente, ha tracciato un profilo
biografico-critico del multiforme personaggio, attraverso le principali
tappe della sua carriera: da quando a soli quindici anni
istruì i cori per l’opera Ruy Blas di Filippo
Marchetti a Macerata, alla direzione delle Scholae Cantorum di Venezia
e Padova, a quella del prestigioso Conservatorio di Musica di Parma,
dove, tra le lotte con la massoneria, Verdi gli fu costantemente
vicino. Una volta si recò nella sua villa di
Sant’Agata, ricevuto con gli alunni dell’ultimo
anno, compreso quell’Ildebrando Pizzetti che
diverrà uno dei massimi compositori del Novecento. Il
Tebaldini successivamente si trasferì, quale direttore di
Cappella alla Basilica di Loreto, luogo da cui spesso partiva per
conferenze, concerti ed incarichi ministeriali. Dopo la pensione, tenne
la Cattedra di “Esegesi palestriniana e canto
gregoriano” appositamente istituita per lui
dall’amico Francesco Cilèa (direttore del
Conservatorio di musica “San Pietro a Majella” di
Napoli) e fu a capo del Liceo Musicale “Monteverdi”
di Genova. Sempre nella città partenopea, fu tra i fondatori
dell’Associazione “Alessandro Scarlatti”
che nell’autunno scorso ha festeggiato gli
ottant’anni con una sua trascrizione-esecuzione (la famosa
“Rappresentazione d’Anima e di Corpo” di
Emilio de’ Cavalieri, data spesso in Italia e
all’estero) in un concerto eseguito nella chiesa di allora. Altra
importante pubblicazione che tratta del nostro Lorenzo Perosi
– Documenti e Inediti (Akademos Editrice, 1999),
curata da Andrea Amadori di Cesena, che qualche anno fa fu ospite di
Ascoli in occasione della conferenza-audizione sul musicista di Tortona
tenutasi in Cattedrale. In essa appaiono significative lettere del
Tebaldini a Perosi il quale frequentò, su suo consiglio, la
scuola di Ratisbona e gli successe nella direzione della Schola
Cantorum di Venezia. L’edizione si associa a quella di Mario
Saranica uscita da Guaraldi (Rimini, 1999) con il titolo Lorenzo
Perosi, recante altre testimonianze del sodalizio tra i due
sostenitori della musica sacra. (Dopo la morte di Perosi fu trovata sul
suo scrittoio una lettera indirizzata al Tebaldini - oggi conservata
nella Biblioteca Vaticana - che egli non aveva avuto il tempo di
spedire). Nel
2002 cadrà il cinquantesimo anniversario della morte di
Giovanni Tebaldini a cui il Comune di San Benedetto (come pure quelli
di Brescia e di Loreto) ha dedicato una via. Si sta già
pensando ad una doverosa commemorazione per riportare
all’attenzione la sua esemplare attività nel campo
musicale. Va ricordato che, al di là della sua ideale e
reale azione riformatrice e della frequentazione di insigni
personalità dell’epoca, ha al suo attivo
più di 250 composizioni (tra musica sacra, profana e
trascrizioni), un elevato numero di concerti da lui organizzati e
diretti, circa 170 conferenze, edizioni di libri, 400 tra saggi e
articoli apparsi su varie testate (alcune da lui fondate), compresa la
famosa rivista “La Scala” di Milano (curata dal
critico Franco Abbiati) a cui collaborò fino alla morte. 3
Pubblicato il libro “Per un Epicedio” LA
TRAGICA
RESISTENZA IN UN’OPERA MUSICALE È uscito in questi
giorni un libro dal titolo Per un Epicedio, a cura
del musicologo Luigi Inzaghi di Milano e di chi scrive, che ben si
concilia con la prossima ricorrenza del 25 aprile. Esso rievoca,
inquadrandolo nel contesto storico, un tragico episodio avvenuto tra
Loreto e Castelfidardo nel giugno del 1944 ad opera dei nazi-fascisti
che uccisero, peraltro senza che vi fossero gravi motivi, i fratelli
Paolo e Bruno Brancondi. Il
collegamento tra il Piceno e il funesto evento è dato dal
fatto che il musicista Giovanni Tebaldini, in quel periodo dimorante
tra Loreto e San Benedetto del Tronto (dove successivamente si
stabilì per quasi 10 anni e si spense nel maggio del 1952),
impressionato dall’eccidio, compose un’opera per
orchestra, intitolata appunto “Epicedio” (canto
funebre), capace di restituire all’attualità la
commozione che l’inesplicabile episodio aveva destato
più di mezzo secolo fa. Il
libro contiene materiali inediti tra cui un circostanziato diario
tenuto all’epoca dal Tebaldini e ritrovato nel carteggio di
un suo famoso allievo, il Maestro Ildebrando Pizzetti, a cui egli lo
aveva inviato insieme alla partitura; una lunga corrispondenza tra il
compositore e la Signora Luisa Gribaudo, moglie di Paolo; immagini
relazionate ai testi; importanti testimonianze di personaggi del mondo
culturale del tempo sulla validità della composizione
musicale; una sua lettura critica e la riduzione per pianoforte della
stessa. La
pubblicazione ha un particolare valore storico-artistico. Infatti, poco
è stato edito fino ad ora su episodi legati alla Resistenza
nelle Marche, e il suo taglio interdisciplinare la sottrae ad ogni
dubbio di retorica e a sospetti di strumentalizzazioni. Di riflesso
serve a far meditare sull’assurdità della guerra,
sulle sue devastazioni non soltanto materiali, a porsi contro
l’ignoranza, l’insensibilità,
l’arroganza e la violenza per riaffermare il ruolo positivo
dell’uomo nella realtà in divenire. Nello stesso
tempo l’epistolario ricrea il clima dell’ambiente
intellettuale della metà del Novecento dando informazioni
storiche, biografiche e sulla genesi, lo sviluppo e l’esito
del lavoro musicale. Come si
vede, un modo insolito di intendere la Resistenza, non solo riferito
alla storia, ma con elevate implicazioni culturali. Ma chi
erano i fratelli Brancondi? Paolo, laureato in ingegneria, lavorava
alla “Piaggio” di Pontedera. Durante la guerra era
tornato nelle Marche e nel maggio del 1944, a 38 anni, si era messo a
capo di un gruppo parallelo al locale “Comitato di
Liberazione Nazionale”. Con lui era anche il fratello Bruno,
studente universitario di 23 anni. Poiché un noto fascista
del luogo aveva fatto ai tedeschi dei nomi, la loro abitazione fu
perquisita. Trovata una carta carbone, da cui furono individuati i
componenti del “Gruppo”, e coccarde tricolori,
vennero imprigionati e portati al Comando tedesco di Castelfidardo.
Dopo interrogatori e confronti con altri prigionieri,
all’insaputa di tutti, furono trucidati e i loro corpi
sepolti in campagna. Il fatto inaudito fu, e il diario del Tebaldini lo
testimonia chiaramente, che il giorno dopo (30 giugno) sulla porta del
negozio Brancondi venne affisso un manifesto, in italiano
sgrammaticato, in cui s’informava dell’arresto e si
intimava ad altre persone di consegnarsi, pena la fucilazione dei
Brancondi (sic!). Letto il bando e pensandoli ancora vivi, il vescovo
di Loreto e il frate cappuccino Padre Emidio da Ascoli andarono a
parlare col generale tedesco il quale li informò della
avvenuta esecuzione (“Perfida menzogna quindi lo stesso
manifesto della mattina del 30 escogitato soltanto per far cadere
qualcuno degli altri dieci accusati nella pània tesa
sinistramente e diabolicamente dal Comando” –
scrive Tebaldini). Solo due giorni dopo i tedeschi si ritirarono e
arrivava l’esercito di liberazione anglo-americano.
(“Alle ore 12 circa giungeva numerosissimo e fortemente
equipaggiato il contingente di truppe che si credono anglo-americani.
La popolazione fa ad esse… molte feste.
Io, riflettendo sulla sorte toccata a ben 50 città nostre,
mutilate, a Montecassino, ai circa 200 mila italiani
sacrificati dalla armi alleate cosiddette liberatrici,
non sono capace di recarmi a siffatta dimostrazione. Si viene poscia a
conoscenza che il contingente di truppe qui arrivato, è
composto da una divisione polacca. Gli anglo-americani verranno in
seguito. Alle finestre del municipio sono state subito issate le
bandiere inglese ed americana… più tardi la
polacca; …l’italiana? In soffitta! Per mio
conto, riguardo al volume Letture del Risorgimento
compilato da Giosuè Carducci, ai Martiri di
Belfiore dovuto al Canci-Martini nella edizione di Guido
Mazzoni, rivedo l’Ode Sicilia e la Rivoluzione,
che è del 1860, pure di Carducci, soffermandomi
sull’ultima quartina: E
tu, fine degli odii e dei lutti, / Ardi, o face di guerra, ogni lido? /
Uno il cuore, uno il patto, uno il grido: / Né stranier
né oppressori mai più! Dio
volesse!”). I corpi
furono ritrovati a distanza di una decina di giorni;
l’autopsia evidenziò colpi di arma da fuoco, ma
anche fratture multiple. Quanto
riportato è sufficiente a far capire la posizione ideologica
indipendente del musicista che, come intellettuale al di sopra delle
parti, condannava la guerra senza riserva alcuna e teneva a che
l’identità e la libertà della nazione
fossero salvaguardate. Tebaldini,
soprattutto in due lettere, parla della condizione in cui
vivevano i loretani e i sambenedettesi. In quella scritta da Loreto il
18. VI. ‘944 alla figlia Emilia che risiedeva a Milano, dice:
“[…] In questi giorni viviamo noi pure, al di
sopra e al
di sotto degli avvenimenti bellici, ore istoriche di trepidanza e di
incertezze grandissime. I tedeschi – evidentemente
– si
dispongono a ritirarsi verso il nord, ma lo fanno disordinatamente
rubando e facendo danni dappertutto. Cavalli, buoi, asini in campagna;
biciclette, carrozzelle, carri, birocci…, tutto quello che
capita loro sottomano, anche in città; derrate, abiti,
indumenti
in genere, tutto che loro si offra di trasportabile, caricano sui loro
carri, comprese compiacenti giovinette… e via! Se poi
qualcuno
è colto isolatamente su le strade di campagna, è
obbligato ad adattarsi a qualsiasi basso mestiere loro imposto. Pena
qualche buona staffilata. [...] Intanto anche l’altra notte i
tedeschi hanno battuto in diverse case, compresa la nostra, pretendendo
di entrare… a far cosa? A rubare certamente! Ma
dall’altro
ieri qui si gode un altro spettacolo. Essendo stato deliberato di
assegnare ai poveri una quantità di grano gratuitamente (nei
magazzini ce ne erano 26mila quintali), la folla diede
l’assalto
ai depositi rubando a destra e a sinistra in modo barbaresco ed
impressionante. Chi più poteva carpiva anche al proprio
vicino:
se qualcuno non riusciva a trasportare la propria parte, altri
l’aiutava rubandogliela addirittura. Alla distribuzione della
carne, ieri, ci furono pur minacce di coltellate. Il fatto sta che
viviamo tutti in un’ora tragica assai. Vedere poi, ed
osservare
in questi momenti le metamorfosi dei versipelle, è cosa
pietosa
e divertente assai. Ma dunque l’umanità
è ancora
tanto primitiva e sempre allo stato dell’età della
pietra?
Mussolini e Hitler si sono messi in grado di dimostrarlo
[...]”. Nell’altra,
indirizzata a Pizzetti da San Benedetto del
Tronto il 9 ottobre 1944, si legge: “[...] intanto si
intensificava l’oppressione tedesca, degna del tempo di
Autari e di Rotari, mentre dall’alto provvedevano
gli anglo-americani a sanare le nostre ferite, come
già a Montecassino! A questo ci doveva condurre (converrai
tu pure) la lungimirante vista politica di quegli
che fu chiamato il Duce d’Italia! Vedessi a questo proposito
come è ridotta San Benedetto dal marzo scorso. In un comune
di 24mila abitanti ben settecentocinquanta case fra
distrutte e semidistrutte! [...]”. Ai
giovani che leggeranno tali pagine, può arrivare il monito
di schierarsi contro ogni soluzione violenta dei conflitti; che certi
fatti non possono essere dimenticati e che è necessario
battersi perché non si ripetano. Non a caso il libro (edito
senza scopi di lucro) è stato distribuito ai premiati del
“Concorso 25 aprile” indetto, come ogni anno, dalla
Provincia. Alla
sua concreta realizzazione (Grafiche D’Auria), hanno
partecipato l’Assessorato alla Pubblica Istruzione della
Provincia di Ascoli, i Comuni di San Benedetto, Castelfidardo e Loreto
e la Fondazione Cassa di Risparmio di Loreto. È
già stato espresso il proposito di organizzare per il
prossimo anno (in cui cadrà il cinquantenario dalla morte di
Tebaldini), nell’ambito della Rassegna Internazionale delle
Cappelle Musicali, un concerto con l’Epicedio
ed altre musiche del Maestro. Alle ricerche hanno contribuito con
impegno le insegnanti Renata Brancondi di Loreto (figlia del martire
Paolo) e Anna Maria Novelli di Ascoli (nipote di Tebaldini). Luciano
Marucci
Sono
trascorsi 57 anni da un eccidio, perpretato dai nazi-fascisti tra
Loreto e Castelfidardo ai danni di due giovani fratelli, Paolo e Bruno
Brancondi, che avevano come unica colpa quella di agire, come tanti in
quel periodo, in nome della libertà. Il primo, nel maggio del 1944, si
era messo a capo di un gruppo parallelo al locale Comitato di
Liberazione Nazionale; il secondo, di soli 23 anni, non aveva esitato a
seguirlo insieme ad altri amici. L’azione che
portò alle tragiche conseguenze avvenne il 20 giugno. I
partigiani catturarono un noto fascista, cameriere in un albergo di
Loreto, perché non nuocesse in quei giorni critici e lo
tenevano in isolamento sotto sorveglianza. Non si sa come, il
prigioniero riuscì a liberarsi e fece ai tedeschi i nomi dei
suoi sequestratori. Il 28 giugno si cominciò a temere per la
sorte dei Brancondi. Nella loro casa arrivò la perquisizione
tedesca. Furono trovate due pistole, una radio, delle coccarde
tricolori, una carta carbone da cui si potevano leggere i nomi degli
aderenti al gruppo. I tedeschi presero Bruno, la moglie di Paolo e
altri due e dissero che, se Paolo non si fosse costituito, li avrebbero
uccisi. Naturalmente Paolo si consegnò e, processato, la
sera del 29, mentre gli altri venivano liberati, fu fucilato unitamente
al fratello. I corpi, sepolti in campagna, furono ritrovati una decina
di giorni più tardi, quando già erano giunte le
truppe di liberazione e i tedeschi si erano ritirati
“disordinatamente rubando e facendo danni
dappertutto”. Il
luttuoso episodio è tornato di attualità in
questi giorni per merito di un libro intitolato Per un
Epicedio, a cura del musicologo Luigi Inzaghi di Milano e di
chi scrive. Esso ricostruisce il contesto storico e riporta il diario
del musicista Giovanni Tebaldini, all’epoca dimorante a
Loreto e a San Benedetto del Tronto, il quale aveva annotato giorno per
giorno gli accadimenti. In più egli, colpito profondamente
dal triste evento, aveva trovato l’ispirazione per comporre
un “Epicedio” (canto funebre) per orchestra, in
memoria dei fratelli trucidati. La
musica è l’oggetto-chiave che permette il
dipanarsi di una lunga corrispondenza tra il Maestro e la professoressa
Luisa Gribaudo, vedova di Paolo. Della partitura il compositore parla
ad altri musicisti, in primis al suo stimato e famoso allievo
Ildebrando Pizzetti. Dopo l’esecuzione, avvenuta a Napoli nel
1948 con l’orchestra dell’Associazione
“Scarlatti”, diversi sono i giudizi favorevoli
sull’opera a lui pervenuti da parte di
personalità. Insomma, il libro contiene materiali tutti
inediti, utili a rievocare la commozione che l’inesplicabile
episodio aveva destato. Inoltre, attraverso le pagine di un epistolario
faticosamente rintracciato, ricrea il clima dell’ambiente
intellettuale della metà del Novecento; fornisce
informazioni storiche, ma anche biografiche sui personaggi; fa emergere
la genesi e lo sviluppo del lavoro musicale. Nell’edizione
– appoggiata dall’Assessorato alla Pubblica
Istruzione dell’Amministrazione Provinciale di Ascoli Piceno,
dai Comuni di San Benedetto, Castelfidardo, Loreto e dalla Fondazione
Cassa di Risparmio di Loreto - è riportata anche
la partitura, nella riduzione per pianoforte, associata ad una dotta
analisi critica del Professor Inzaghi. Si tratta di una composizione
che via via alleggerisce la gravità degli accadimenti
terreni spaziando nella dimensione mistico-cosmica così da
far assurgere l’eroico sacrificio a simbolo di dolore
universale. Non a caso il Tebaldini in apertura cita alcuni versi
tratti dai “Sepolcri” di Ugo Foscolo. Pizzetti, mettendo
a confronto tre composizioni del suo maestro, gli
scrive: “Commossa e toccante la melodia del “Canto
di Penitenza”, suggestivo la “Cantata della
Pentecoste”; superiore a queste due opere, sì per
la copia e varietà delle invenzioni melodiche e armoniche e
ritmiche, e sì per la potenza di espressione drammatica e
lirica, l’Epicedio. Il
libro traccia anche un profilo dell’eclettico Tebaldini,
rimasto troppo a lungo nell’ombra, anche se stimato dagli
specialisti di musica sacra. Particolare attenzione è
rivolta alla sua attività del periodo lauretano. Nato a
Brescia nel 1864, a soli 16 anni collaborava come direttore di coro nel
Teatro di Macerata. Aveva poi studiato al Conservatorio di Milano sotto
la guida di Ponchielli e, primo fra gli italiani, alla
Kirchenmusikschule di Ratisbona (Germania). Era stato Secondo Maestro
di Cappella in San Marco a Venezia, direttore della Cappella Musicale
della Basilica di Sant’Antonio a Padova e poi del Regio
Conservatorio di Musica di Parma (1897-1902). Dal 1894 fu in
corrispondenza e in frequentazione con Giuseppe Verdi, insieme a
Toscanini ultimo dei musicisti a poter dire di essergli stato amico.
Come musicologo su di lui scrisse varî saggi,
pubblicò ricordi e tenne conferenze. Per il primo centenario
della morte del Grande di Busseto, la rivista “Aurea
Parma” ha divulgato un numero speciale comprendente anche uno
studio, a cura della Dott.ssa Raffaella Nardella, proprio sul rapporto
Verdi-Tebaldini. L’Editore D’Auria, che
già ha stampato l’originale libro di cui sopra, ha
in preparazione, in collaborazione con Anna Maria Novelli di Ascoli
(nipote del Tebaldini), un ampio volume che raccoglie tutti i materiali
riconducibili al sodalizio fra i due musicisti (scritti, lettere
autografe, immagini, ecc.). Tebaldini fu un tenace assertore della
musica sacra, amico di Papa Pio X (in seguito santificato) che lo aveva
delegato, insieme a pochi altri, ad attuarla in Italia in periodo di
piena decadenza musicale. Diresse per 25 anni la Cappella Musicale di
Loreto facendola assurgere a livelli altissimi. Insegnò al
Conservatorio di Napoli, dove, su chiamata del direttore Francesco
Cilèa, aveva istituito una cattedra di “Esegesi
palestriniana e canto gregoriano”. Lì
nel 1919 aveva fondato l’Associazione “Alessandro
Scarlatti”. Fu musicologo di chiara fama, fra i
più competenti, rigorosi e battaglieri nel riscoprire
talenti del glorioso passato e affermare gli ideali artistici
riconducibili all’italianità musicale. Ha composto 146 opere di musica
sacra, tra cui due messe funebri eseguite al Pantheon di Roma per le
annuali esequie dei Re Vittorio Emanuele II e Umberto I. Sono 46 le sue
musiche profane (alcune su testo di Fogazzaro, altre di Petrarca,
Leopardi, D’Annunzio…). Ammontano a più
di 80 le trascrizioni e riduzioni in partitura moderna di composizioni,
italiane e straniere antiche di autori come Monteverdi, Carissimi,
De’ Cavalieri, Peri, Caccini, Palestrina, Legrenzi,
Frescobaldi. Da ricercatore paleografico ha pubblicato i volumi L’Archivio
Musicale della Cappella Antoniana in Padova e L’Archivio
Musicale della Cappella Lauretana. Con Marco Enrico Bossi ha
redatto un Metodo di studio per l’organo moderno
ancora oggi punto di riferimento per gli studiosi di questo strumento,
peraltro tornato in auge. “Per un
Epicedio” è un libro per non dimenticare e per
alimentare la speranza verso un uso più umano della ragione.
La tematica della resistenza, pur presentando un avvenimento reale, che
va ad integrare la non ricca letteratura delle storie di quel periodo
nelle Marche, è affrontata soprattutto dal punto di vista
culturale, rifuggendo, quindi, da retorica e da strumentalizzazioni di
sorta. Serve a far meditare sulle assurde devastazioni, materiali e
morali, conseguenti alle azioni di guerra; “a porsi contro
l’ignoranza, l’insensibilità,
l’arroganza e la violenza per riaffermare il ruolo positivo
dell’uomo nella realtà in divenire”. Tebaldini, animato da
profonda fede cattolica, assume nei confronti delle parti in conflitto
una posizione ideologica indipendente, tipica
dell’intellettuale: teneva unicamente alla salvaguardia della
identità e della libertà dell’individuo
e della nazione. Ecco allora che ai giovani può giungere
anche da queste pagine il monito a schierarsi contro ogni forma di
violenza e a battersi perché certi fatti non si ripetano.
È
noto come nella Seconda Guerra Mondiale le Marche abbiano dato il loro
contributo di sangue, ma poco si conosce dei singoli episodi nella loro
specifica narrazione. Un
libro, edito di recente (Grafiche D’Auria di Ascoli Piceno),
a cura di Luigi Inzaghi e Luciano Marucci – con
l’appoggio dei Comuni di San Benedetto del Tronto, Loreto,
Castelfidardo e della Fondazione Carilo – ha riportato in
luce un evento tanto eroico, quanto doloroso, che ha visto la fine di
due giovani vite: quelle dei fratelli Paolo e Bruno Brancondi di Loreto. La
cittadina mariana, che fino a un certo momento era stata risparmiata
dalle azioni belliche grazie alla presenza del Santuario, una volta
occupata dai tedeschi, nell’aprile del 1944 fu ripetutamente
bombardata. Nel contempo iniziò la resistenza nei confronti
dei nazi-fascisti. Paolo Brancondi, stimato ingegnere della
“Piaggio” a Pontedera, tornato nel luogo
d’origine, aveva costituito un gruppo (che tra
l’altro doveva controllare le spie tedesche) nel quale
entrò anche il più giovane fratello Bruno. Fu
così che il 20 giugno sequestrarono un cameriere
d’albergo, il quale, conoscendo la lingua tedesca, faceva da
interprete alle truppe germaniche. Inspiegabilmente il prigioniero
riuscì a fuggire e fece il nome dei Brancondi. Il 28 giugno
i tedeschi perquisirono la loro casa, catturarono Bruno, Luisa Gribaudo
(moglie di Paolo) ed altri; trovarono due pistole (una fuori uso),
delle coccarde tricolori e una carta carbone su cui lessero i nomi
degli affiliati al gruppo. Paolo, non potendo temere il peggio per la
chiarezza delle sue azioni, si presentò spontaneamente e,
giudicato per direttissima, unitamente al fratello, venne condannato a
morte; mentre gli altri furono liberati. Il
30 giugno, sul portone di casa Brancondi fu affisso un bando
diffamatorio con i nomi di dieci persone ricercate che dovevano
presentarsi, pena l’uccisione dei prigionieri. In
realtà, i fratelli erano già stati fucilati la
notte prima, ma, per una decina di giorni, di essi non si
trovò traccia. Furono alcuni contadini a segnalare di aver
visto dei tedeschi “trafficare” in una certa zona
della campagna di Castelfidardo. Ritrovati i corpi barbaramente
fucilati, il 14 luglio, anniversario della scomparsa del loro padre, si
tenne il funerale. A
Paolo è stata concessa la medaglia d’argento alla
memoria per il valor militare. Loreto, Castelfidardo e Porto Recanati
ricordano il triste fatto con l’intitolazione di due vie e
una piazza. Fin
qui i fatti storici. La
crudezza degli accadimenti colpì profondamente anche il
compositore Giovanni Tebaldini, già direttore della Cappella
Musicale di Loreto, che scrisse, di getto, un brano per orchestra
intitolato “Epicedio” (canto funebre),
successivamente eseguito a Napoli dalla Società
“Scarlatti” (1948) e annualmente ripetuto con
l’organo, nella Basilica lauretana, fino al 1952 (anno della
morte dell’autore). La
pubblicazione, che riporta una fitta corrispondenza tra il Tebaldini e
la vedova di Paolo, (insegnante fiorentina colta e intellettualmente
perspicace), rivisita quel momento senza ombra di retorica e
strumentalizzazioni, traendone sincera ispirazione per una creazione
artistica. E, attraverso la musica, fortemente partecipata, il dramma
privato acquista una dimensione universale. Sono evidenti i rimandi ai
Sepolcri del Foscolo. Mentre
le lettere – legate al funesto episodio, hanno ormai un
valore documentario – quelle di musicisti come
Cilèa, Pizzetti e di altre personalità,
testimoniano l’autorevolezza della composizione musicale. Il
libro, che è di piacevole lettura, oltre a ricostruire un
contesto storico-culturale, ha contenuti di grande spessore umano e
offre una lezione di civiltà contro la barbarie; insegna ad
essere tolleranti e non violenti. Anna Maria Novelli
7
Presentato
il libro sul rapporto Verdi-Tebaldini Riuscita
serata Verdiana Questo 2001 che si sta per
chiudere, con il suo bagaglio di eventi più brutti che
belli, sarà ricordato anche come l’anno di
Giuseppe Verdi, quello del primo centenario della sua morte,
perché il 27 gennaio 1901 il Genio Italico, che tutto il
mondo ci invidia, chiudeva la sua splendida esistenza nella suite n.
105 dell’Hotel Milan di Milano. La nazione restò
attonita, più che alla scomparsa di qualsiasi altro
personaggio, ma ha continuato nei decenni a pronunciare il suo nome,
ascoltando e apprezzando con gratitudine le sue eterne melodie. Sabato, presso
l’Auditorium Carisap (spazio ormai indispensabile per gli
appuntamenti culturali della nostra città), anche Ascoli
è entrata a pieno titolo nel novero di quelle che hanno
commemorato degnamente Verdi. È stato presentato un corposo
volume – Idealità convergenti
- voluto da Sergio D’Auria, sponsor dell’intera
operazione (e non poteva essere diversamente, vista la sua
sensibilità musicale), e patrocinato da diverse istituzioni.
Il libro è incentrato sul rapporto di amicizia e
di stima tra il Grande di Busseto e Giovanni Tebaldini (lombardo di
nascita, ma marchigiano di adozione), allora giovane compositore e
musicologo, paleografo, direttore d’orchestra, organista e
conferenziere. Una relazione iniziata tramite il celebre editore
musicale Giulio Ricordi e continuata, sul filo di comuni principi, fino
alla morte di Verdi. A fare da interpreti ai contenuti
del libro, la curatrice Anna Maria Novelli di Ascoli (nipote di
Tebaldini) e la nota musicologa Paola Ciarlantini di Recanati. La
prima, lungo un percorso di tipo narrativo, si è soffermata
sulla genesi dell’edizione e sulle ricerche che
l’hanno sostanziata, poi ha analizzato i motivi che
inducevano Verdi a cercare la collaborazione di Tebaldini e viceversa.
Dopo il suo intervento ha proposto l’ascolto del
“Te Deum” che i numerosi presenti hanno seguito con
vero trasporto. Composto dal Maestro a 83 anni, fu eseguito per la
prima volta all’Opèra di Parigi nella Pasqua del
1898 e resta, insieme alla “Messa da Requiem”, la
sua composizione sacra più apprezzata. La musicologa ha esposto le fasi
più significative della carriera di Tebaldini, a
Venezia, Padova, Parma, Loreto, Napoli, Genova - città nelle
quali ricoprì incarichi di prestigio - e ne ha messo in
rilievo l’autorevolezza, al di là della relazione
con Verdi, per il posto che si era conquistato grazie alla sua vasta
cultura musicale e al suo talento artistico, manifestati principalmente
nell’ambito della musica sacra. Non a caso fu tra i pochi
prescelti dal Papa Pio X a far attuare in Italia la riforma prevista
dal “Motu proprio”. Tebaldini è stato
tra i primi a trascrivere in partitura moderna le opere dei grandi
compositori del ‘500-’600 e a farle eseguire; a
praticare l’insegnamento del canto gregoriano,
della polifonia e dell’esegesi palestriniana; ha
fondato l’Associazione Musicale
“Scarlatti” di Napoli e, insieme con Marco Enrico
Bossi, ha scritto un Metodo per organo moderno,
adottato per decenni nei conservatori italiani. La dottoressa
Ciarlantini, da esperta, ne ha inquadrato la figura e gli ha
riconosciuto la capacità di leggere, con grande competenza,
l’opera di Verdi la cui superiorità derivava dal
dinamismo creativo che gli consentiva di rinnovarsi ogni volta,
giungendo così al capolavoro del Falstaff
(composto a ottant’anni), che ne ha dimostrato le
qualità ironiche e comiche, dopo che si era conquistato il
primo posto nel campo del melodramma come autore drammatico. Ha infine
lodato il rigore scientifico delle ricerche dei curatori che hanno
riportato diversi materiali, di grande interesse sia per gli
appassionati che per gli studiosi. La
pubblicazione è attraente già dalla doppia
copertina, naturalmente dai toni “verdi”, su cui
spiccano i ritratti a medaglione dei due protagonisti, come quadri
sulla carta da parati (animata da note musicali) di un poetico salotto
stile Ottocento. Il progetto si deve al noto artista di Roma Luca
Patella; mentre l’elaborazione grafica dell’intero
libro è di Letizia Paci, per conto delle Industrie Grafiche
D’Auria. L’edizione
è dedicata “alla memoria
degli artisti che hanno contribuito a costruire il nostro
presente”. Ciò per “ricordare”
il ruolo che i creativi hanno avuto (e hanno), anche
nell’evoluzione del mondo reale. Nelle
sue 410 pagine, oltre alla prefazione del Professor Petrobelli
(Direttore dell’Istituto Nazionale di Studi Verdiani di
Parma) e all’introduzione dei curatori, contiene un
partecipato scritto di Renato Novelli (altro nipote di Tebaldini) sul
mito di Verdi (riportiamo su questa pagina alcuni stralci), le
biografie dei due personaggi, la cronologia dal 1875 al 1952 (anno
della scomparsa di Tebaldini a San Benedetto del Tronto dove era
vissuto negli ultimi dieci anni). Nei “Ricordi
Verdiani” egli racconta degli incontri, delle lettere, dei
discorsi con Verdi. Un capitolo rievoca il giudizio del Grande su
Cavalleria Rusticana di Mascagni, testimone attendibile
sempre il Tebaldini, il quale, in circa cinquant’anni,
scrisse importanti saggi dissertando sui Pezzi sacri,
“Su la melodia”, sulle opere “Fuori del
Teatro”, su “I suoi imitatori e i suoi
critici”, sulla sua arte in rapporto ai più grandi
musicisti della storia: da Rossini a Bellini, da Donizetti a Wagner. Verdi e Tebaldini si
conobbero personalmente, dopo due anni di corrispondenza,
nell’ottobre del 1897. Quell’incontro probabilmente
convinse Tebaldini a partecipare al concorso per Direttore del glorioso
Conservatorio di Parma. Due mesi dopo ricopriva quella carica e da
allora il rapporto con il Maestro fu più ravvicinato e
intenso. Nel novembre del 1899 organizzò una serata verdiana
per il sessantesimo della sua prima opera (“Oberto Conte di
San Bonifacio”) e il 28 ottobre dell’anno dopo
condusse gli studenti nei luoghi verdiani e nella Villa di
Sant’Agata. Solo tre mesi Verdi moriva. Tebaldini
partecipò ai solenni funerali con quattro studenti fra i
quali Ildebrando Pizzetti (suo allievo prediletto), divenuto il
più importante compositore del Novecento italiano. Da leggere ancora
numerosi stralci di lettere a personaggi del mondo musicale; lo studio
sulla non accettazione di Verdi al Conservatorio di Milano; il rapporto
del Maestro con la cantante Teresa Stolz; le pagine su due inediti (una
lettera di Verdi a Tebaldini conservata nella Biblioteca Comunale di
Macerata e la bozza di uno scritto verdiano sull’inno
“A Satana” di Carducci che rimanda a Manzoni e al
problema della religiosità del Bussetano); le commemorazioni
che Tebaldini tenne per il 25° e il 40° della scomparsa
di Verdi, fino all’ultima del 10 ottobre 1951, presso il
Circolo Cittadino di San Benedetto (quando aveva quasi 88 anni),
organizzata dai medici Giovanni Bozzoni e Ludovico Giovannetti, in cui
tennero un concerto di romanze verdiane, il compianto tenore ascolano
Antonio Galiè (all’Auditorium c’era la
moglie Lucia) e la soprano Lari Scipioni, anch’ella presente
alla serata, che si è commossa quando è stata
chiamata quale testimone di quella manifestazione. Il libro, inoltre,
contiene una ricca bibliografia con tutti gli scritti di Tebaldini su
Verdi e di altri autori sul loro sodalizio. È illustrato da
una serie di immagini dell’epoca e riproduce lettere e
documenti. I diversi materiali,
ormai quasi introvabili, riuniti organicamente e integrati da commenti,
note esplicative e citazioni delle fonti, contribuiscono ad
approfondire aspetti non del tutto definiti della poetica e della vita
del più grande compositore di melodramma di tutti i tempi.
Contemporaneamente è stata evidenziata l’esemplare
personalità artistica di Tebaldini, entrato troppo
nell’ombra. La ricerca, lunga e
scrupolosa, ha visto coinvolte strutture culturali di varie
città italiane, in primo luogo quelle di Parma, Padova e
Brescia. Raramente si era
vista tanta partecipazione di pubblico così qualificato, con
appassionati e specialisti venuti anche da fuori provincia, per questo
evento di rilievo nazionale. Larga anche la rappresentanza di San
Benedetto, con alcune persone che avevano conosciuto personalmente
Tebaldini. C’era pure l’Assessore alla Cultura di
Ripatransone dove Tebaldini passava periodi di vacanza. L’Amministrazione
Provinciale era rappresentata dal Presidente del Consiglio Dottor
Maroni; il Comune di Ascoli dall’Assessore alla Cultura
Antonini. Entrambi hanno mostrato vivo interesse per la pubblicazione e
per gli argomenti trattati. 8
Un volume sui rapporti tra il Maestro e il musicologo
che fu direttore del Conservatorio dal 1897 al 1901 Nella
lunga e ricca serie di manifestazioni celebrative che l’anno
verdiano ci ha elargito, si inserisce a pieno titolo la pubblicazione
di un corposo e interessante volume incentrato sui rapporti fra
Giuseppe Verdi e il musicista-musicologo Giovanni Tebaldini, intercorsi
fra il 1894 e il 1901 e basati sulla comunanza di alti ideali
artistici. Il libro, edito dalla D’Auria Editrice di Ascoli
Piceno, curato da Anna Maria Novelli, nipote di Tebaldini, e da Luciano
Marucci e con la prefazione di Luigi Petrobelli, rievoca con
puntualità storica e passione filologica alcuni episodi
degli ultimi anni della vita del grande Maestro e analizza con
profondità un aspetto finora non sufficientemente esplorato,
quello della religiosità della sua arte e il problema a lui
molto caro dell’italianità della nostra musica e
dell’identità nazionale. Giovanni Tebaldini
(Brescia, 1864 - San Benedetto del Tronto, 1952),
compositore, musicologo e storico, didatta e conferenziere, direttore
del Conservatorio di Parma dal 1897 al 1901, uno degli ultimi verdiani
che conobbero Verdi (l’ultimo fu Toscanini), è
un’alta figura di intellettuale che merita grande stima
perché seppe lottare con coraggio ed instancabile forza di
volontà per il rinnovamento del costume musicale italiano e
per la riforma della musica sacra, promuovendo la rivalutazione del
canto gregoriano ed il recupero della polifonia classica, soprattutto
di Palestrina, attraverso trascrizioni musicali e memorabili esecuzioni
di capolavori del nostro glorioso passato. Incitamento e sostegno a
questo suo profondo impegno furono la moralità della vita e
dell’arte e l’insegnamento del Grande di Busseto,
che Tebaldini celebrò più volte nel corso della
sua lunga vita in saggi, conferenze, scritti commemorativi quasi per
celebrare un rito e confermare la sua integerrima fede verdiana. Nel
volume largo spazio è dedicato al Conservatorio di Parma
verso il quale Verdi provò grande interessamento e al
direttorato di Tebaldini che anche nella sua
attività didattica dimostrò la stima e
l’ammirazione per il grande Maestro, organizzando conferenze
commemorative e concerti di musica italiana che mettevano in pratica il
celebre motto verdiano “Torniamo
all’antico” e che meritarono perciò
l’elogio di Verdi. Questa
iniziativa editoriale patrocinata da diversi enti ed istituti, fra cui
l’Istituto Nazionale di Studi Verdiani, il Conservatorio di
Musica “Arrigo Boito” e la Biblioteca Palatina con
la sua Sezione musicale che conservano documenti, fotografie e la
raccolta di musica donata da Tebaldini, alla vigilia del cinquantenario
della morte del musicologo bresciano, che facendo riferimento
all’autorità di Verdi e alla sua parola poetica,
tanto si adoperò per la difesa delle tradizioni italiane e
per l’innalzamento degli studi musicali, rappresenta anche il
punto di partenza di una doverosa rivalutazione della sua figura
storica. 9
“IDEALITÀ CONVERGENTI - GIUSEPPE VERDI E GIOVANNI
TEBALDINI” Importante
iniziativa editoriale delle Marche per il centenario verdiano Nel
2001, anno del primo centenario della morte di Giuseppe Verdi, non si
sono contate le iniziative in memoria del Genio di Busseto. Le Marche
hanno fatto la loro parte con concerti ed esecuzioni teatrali, ma hanno
toccato l’apice con la pubblicazione di un bel volume (di 410
pagine), che, si può ben dire, le dà il primato
dell’originalità. “Idealità
convergenti – Giuseppe Verdi e
Giovanni Tebaldini” (D’Auria Editrice), a cura di
Anna Maria Novelli (nipote di Tebaldini) e Luciano Marucci, ha per filo
conduttore l’amicizia tra i due personaggi. Tebaldini era
allora un giovane di trent’anni, ma
già introdotto nel mondo dell’arte musicale, quale
organista, compositore, direttore d’orchestra, musicologo,
paleografo. Nato a Brescia nel 1864, ma dal 1902 marchigiano di
adozione, ha diretto fino al 1924 la Cappella Musicale della Basilica
di Loreto conferendole un ruolo di primo piano; insegnato al
Conservatorio di Pesaro; tenuto concerti e conferenze in numerose
città della regione, specialmente sulla musica sacra di cui
fu un fervente riformatore su incarico di Papa Pio X. Visse
l’ultimo decennio a San Benedetto del Tronto, presso la
figlia Brigida, lavorando fino allo scadere degli 88 anni. Verdi,
in una lettera del 1871 a Francesco Florimo aveva scritto
“Torniamo all’antico e sarà un
progresso”. Tebaldini, fin dal 1891, per propria convinzione,
andava mettendo in pratica questo monito, riscoprendo,
trascrivendo ed eseguendo partiture dei gloriosi maestri del passato
che avevano raggiunto un’alta qualità espressiva. Fu in
quella veste che Verdi, a mezzo del suo editore Giulio Ricordi, gli
chiese di cercargli a Venezia (dove era Secondo Maestro di Cappella
della Basilica di San Marco) una musica da cui trarre ispirazione per
certe danze che voleva aggiungere ad una rappresentazione parigina
dell’Otello. Da lì la
corrispondenza prosegue e si intreccia, perché Verdi, che
voleva comporre un Te Deum, scopre, in una
pubblicazione - sempre di Tebaldini andato a dirigere la Cappella
Antoniana di Padova - una cantica religiosa dovuta a Padre Antonio
Vallotti. Verdi e
il Nostro si conoscono personalmente nell’ottobre del 1897.
Tebaldini partecipa al concorso per Direttore del Conservatorio di
Parma e lo vince. Da quel momento le lettere si fanno più
rade perché i due s’incontrano spesso nella villa
di Sant’Agata, a Genova e a Milano. Nel novembre del 1899
Tebaldini organizza a Parma una manifestazione verdiana per celebrare i
sessanta anni dalla prima rappresentazione dell’Oberto
Conte di San Bonifacio. Un anno dopo organizza una
“Giornata Verdiana” con visita degli allievi del
Conservatorio alla casa natale del Musicista, alla chiesa dove egli
aveva suonato l’organo da giovane, alla villa dove il Maestro
li riceve. Alla sera Concerto di musiche di Verdi con
l’orchestra degli studenti che ottiene un meritato successo. Il 12
novembre Tebaldini incontra per l’ultima volta il Cigno di
Busseto, il quale pochi giorni dopo parte per Milano dove muore il 27
gennaio. Il
legame, però, non si spezza. Tebaldini continuerà
fino alla fine dei suoi giorni a scrivere e a raccontare di Lui.
Già nel 1898 aveva assistito a Parigi alla prima esecuzione
dei Pezzi sacri (in compagnia di Boito, Gallignani,
Bordes, Bellaigue, Debussy) e li aveva recensiti per la
“Rivista Musicale Italiana” dei Fratelli Bocca.
Scrive ancora di Lui nel 1901 (“Da Rossini a
Verdi”). Nel 1913 (centenario della nascita), oltre a un
lungo studio sulla sua musica sacra, lo commemora in alcuni centri
delle Marche (Osimo, Loreto, San Severino Marche,
Sant’Elpidio a Mare, Macerata, Recanati) e dirige (1914) due
concerti con pezzi di Verdi: uno a Roma, in cui debuttò
Beniamino Gigli, e l’altro nella Chiesa del Gesù
di Ancona. Nel ‘26 tiene un’applaudita conferenza
al Conservatorio di Napoli per il venticinquesimo della morte. Seguono
i suoi famosi “Ricordi Verdiani” (1940) e
l’anno dopo “Verdi, i suoi imitatori e i suoi
critici”, “De la melodia verdiana”,
“Verdi e Wagner”. Nel 1951 è la volta di
“Fuori del Teatro”, poi della sua ultima
commemorazione a San Benedetto del Tronto nel giorno natale di
Verdi (10 ottobre) con concerto di romanze (tenore il
compianto Antonio Galiè; soprano Lari Giovannetti Scipioni). Il
libro - patrocinato dal Ministero per i Beni e le Attività
Culturali, Regione Marche, Provincia di Ascoli Piceno, Comuni di
Brescia e San Benedetto, Biblioteca Apostolica Vaticana, Biblioteca
Palatina e Conservatorio di Parma, Ateneo di Brescia-Accademia di
Scienze, Lettere e Arti – reca la prefazione del Professor
Pierluigi Petrobelli (Direttore del Centro Nazionale Studi Verdiani di
Parma), l’introduzione dei curatori e un partecipato testo
del socio-antropologo Renato Novelli (altro nipote di Tebaldini), dal
titolo “Il fanciullo in un’anima grande: Verdi e i
suoi ammiratori”. Contiene i predetti
“ricordi” e saggi, sostanziati da dotte e acute
analisi, nonché da originali intuizioni. Inoltre, riporta
importanti inediti scoperti nel corso delle ricerche: una lettera di
Verdi, regalata da Tebaldini all’amico Reginaldo Galeazzi e
dal figlio di questi passata alla Biblioteca “Mozzi
Borgetti” di Macerata; le vicende di una “Messa
mancata” di Verdi per il VII centenario della nascita di
Sant’Antonio da Padova; una pagina verdiana contro
l’inno “A Satana” di Carducci, in favore
della religiosità manzoniana; corrispondenza con
personalità della cultura musicale, in primo luogo
Ildebrando Pizzetti (allievo prediletto di Tebaldini, divenuto il
maggiore compositore del Novecento), e altro ancora. Per esempio, i
giudizi che Verdi dava a Tebaldini su “Cavalleria”
di Pietro Mascagni e su “Colombo” di Alberto
Franchetti; sui grandi musicisti della storia come Pierluigi da
Palestrina, Benedetto Marcello o Bach. I
diversi materiali, supportati da molte appendici, raccordati e
integrati con commenti e note esplicative, rivelano, tra
l’altro, aspetti finora inesplorati e contribuiscono a
chiarire alcune problematiche rimaste aperte. A conti
fatti, risulta una sorta di “testo unico”,
divulgativo e a un tempo specialistico – basato
sull’assoluta attendibilità delle fonti
– capace di rievocare con puntualità, e perfino
emotivamente, la relazione fra i due protagonisti, accomunati
soprattutto dagli alti ideali artistici e dalla volontà di
ridestare l’interesse per la nostra identità
musicale. L’edizione
è stata presentata, in anteprima, ad
Ascoli – presso il suggestivo Auditorium della Fondazione
Carisap - in una coinvolgente serata in cui hanno parlato la curatrice
e la musicologa recanatese Paola Ciarlantini che ha analizzato la
struttura “rigorosamente scientifica” della
pubblicazione e ha messo in evidenza l’autorevolezza di
Tebaldini, al di là del sodalizio con Verdi, che si era
conquistato il suo posto nel panorama musicale del Novecento, grazie
alla vasta cultura, al talento artistico e alla multiforme produzione. Tra un intervento e
l’altro è stato proposto l’ascolto del Te
Deum: con la Messa da Requiem il
più riuscito dei “Pezzi sacri” che Verdi
ha composto a 83 anni e avrebbe voluto sotto il suo cuscino al momento
del trapasso… Il libro,
prossimamente, verrà presentato in altre città.
10
Un libro di Marucci-Novelli
CELEBRAZIONI
DI GIOVANNI TEBALDINI Dopo la
presentazione del libro Idealità
convergenti – Giuseppe Verdi e Giovanni Tebaldini,
a cura di Anna Maria Novelli e Luciano Marucci, che tanto plauso sta
riscuotendo in ambito nazionale, si va ridestando l’interesse
per la figura del musicista e musicologo Giovanni Tebaldini i cui
nipoti risiedono ad Ascoli, San Benedetto del Tronto e
Milano. Egli era nato a Brescia, ma aveva lavorato a Venezia, Padova e
Parma e dal 1902 si era stabilito a Loreto dove aveva diretto per 22
anni la Cappella Musicale della Basilica. Grazie al suo talento
musicale e alla sua cultura, era stato compositore di musica sacra e
profana. Inoltre, era stato tra i primi in Italia a trascrivere e
ridurre importanti partiture di maestri del passato che aveva fatto
conoscere anche attraverso memorabili concerti. Fu lui a riscoprire le
bellezze del canto gregoriano e della polifonia. Per la sua competenza
in materia, era stato prescelto, con pochi altri, dal Papa Pio X
(proclamato Santo) ad applicare la riforma della musica sacra in
Italia, secondo i dettami del Motu proprio. In qualità di
critico musicale e giornalista, aveva collaborato alle più
prestigiose testate con articoli e saggi ancora oggi sorprendenti per
le acute e sensibili intuizioni. Era stato anche direttore
d’orchestra il oltre 70 concerti e applaudito conferenziere
in 172 occasioni. Tra l’altro, nel 1905 era stato chiamato
dal direttore della Cappella Musicale del Duomo di Ascoli (Colamosca) a
comporre un inno per la festa di Sant’Emidio.
Nell’ultimo periodo della sua esistenza dimorava spesso a San
Benedetto del Tronto, presso l’abitazione di una figlia e
lì si era trasferito definitivamente, in pieno conflitto
mondiale, agli inizi del 1943. Dopo altri dieci anni di
attività, soprattutto giornalistica, si era spento
l’11 maggio 1952 alla veneranda età di 88 anni,
proprio come i suoi amici Verdi e Toscanini. Ricorrendo ora il
cinquantenario della scomparsa, sono state programmate manifestazioni
per ricordarne la figura e l’opera. Ha iniziato Loreto; proseguiranno
San Benedetto e Brescia e sarà di nuovo Loreto a chiudere
l’anno tebaldiniano, in ottobre, con un convegno sulla sua
poliedrica personalità. Nella
città mariana, lunedì 1° aprile (ore 21),
presso la Sala del Tinello del Palazzo Apostolico, i Comuni di Loreto,
di Castelfidardo e la Fondazione Cassa di Risparmio di Loreto, hanno
organizzato una riuscita serata per la presentazione del libro Per
un Epicedio (a cura di L. Marucci e L. Inzaghi / Edito da
Grafiche D’Auria), incentrato su una composizione di
Tebaldini ispirata dall’eccidio dei Fratelli Brancondi ad
opera dei tedeschi durante la Resistenza. Relazionerà la
musicologa Paola Ciarlantini. Durante l’incontro sono state
eseguite cinque liriche del Maestro, interpretate dalla soprano
Cristina Piangerelli e dal pianista Carlo Morganti. Nell’ambito
della seconda “Rassegna Internazionale di Musica
Sacra” di Loreto (di cui è direttore artistico il
Maestro Arturo Sacchetti), è stato reso un particolare
omaggio a Giovanni Tebaldini. Il 3 aprile (ore 18), nella Basilica
della Santa Casa si è tenuto un applaudito concerto con sei
composizioni. Il giorno dopo al Palacongressi (ore 21), insieme a
musiche di Mascagni, Perosi, Pratella e Bossi, è stato
eseguito il suo “Quintetto pel Natale”; il 5 aprile
(stessa sede), l’Epicedio.
L’Associazione Lauretana “A. Volpi”, per
l’occasione, ha fatto coniare una medaglia celebrativa con la
sua effigie e incaricato l’Editrice Bongiovanni di Bologna di
effettuare le registrazioni discografiche “live”
che daranno la possibilità di conoscere meglio la sua
produzione musicale. Anche
l’Assessorato alla Cultura di San Benedetto del Tronto sta
organizzando per il 3 maggio una giornata in memoria di Tebaldini che
prevede una conferenza del Prof. Pierpaolo Salvucci sulla sua
multiforme opera, la presentazione del recente libro
“Idealità convergenti – Giuseppe Verdi e
Giovanni Tebaldini” (D’Auria Editrice) e un
concerto con musiche profane del Maestro, interpretate dalla
soprano Stefania Camaioni e dal pianista Giuseppe Sabatini; voce
recitante Maria Grazia Giocondi. Tra l’altro saranno eseguite Voci
del cuore su versi di Giuseppe Lesca
(amico di Tebaldini), anch’egli illustre cittadino di San
Benedetto, a cui è intitolata la Civica Biblioteca. Per
il 10 maggio l’Ateneo di Scienze, Lettere e Arti di Brescia
(città natale di Tebaldini) ha programmato una
commemorazione, che sarà tenuta dal Maestro Mario Conter,
accompagnata dall’ascolto di brani musicali. 11
TEBALDINI RICORDATO COME SAMBENEDETTESE
La commemorazione del musicista e
musicologo Giovanni Tebaldini a cinquant’anni dalla morte si
è configurata come un evento emotivamente coinvolgente per i
più anziani che lo avevano conosciuto e sorprendente per i
giovani che hanno scoperto in lui un artista di grande levatura
affermatosi tra la fine dell’Ottocento e la prima
metà del Novecento, capace di dare lustro
all’Italia, alle Marche e a San Benedetto del Tronto. Il
relatore prof. Pierpaolo Salvucci, dopo aver studiato a fondo la sua
attività anche su materiali di prima mano forniti dal
“Centro Studi e Ricerche” costituito ad Ascoli, ha
saputo focalizzare, con acutezza e convinzione, la figura poliedrica e
la produzione composita di questo personaggio che aveva dedicato la sua
lunga esistenza all’affermazione di profondi ideali artistici
ed umani. Ha ripercorso così i momenti più
significativi della sua prestigiosa carriera in cui era riuscito a
raggiungere alti gradi di conoscenza e di espressività
creativa. Positiva la scelta di intervallare la prolusione con le
audizioni. Veramente toccante l’ascolto dell’
”Epicedio”, canto funebre in memoria dei martiri
Paolo e Bruno Brancondi, la cui tragica fine per mano dei tedeschi
aveva indotto il Tebaldini a comporre di getto questo mirabile pezzo
per orchestra. L’Assessore alla Cultura del Comune, dottor
Bruno Gabrielli, è rimasto meravigliato per
l’importanza di un autore, purtroppo poco conosciuto dagli
stessi sambenedettesi e si è detto disposto ad impegnarsi
per la sua piena rivalutazione. Come primo atto d’impegno
sosterrà l’intitolazione al Maestro Tebaldini
dell’Auditorium del nuovo Palazzo Comunale, che ha ospitato
la manifestazione e si è augurato di far eseguire
annualmente sue opere in prima audizione moderna o rimaste inedite.
Pure l’Assessore alla Pubblica Istruzione prof.ssa Maria Pia
Silla, intervenuta in rappresentanza dell’Amministrazione
Provinciale, si è dichiarata soddisfatta della doverosa
riscoperta e ha promesso di appoggiare programmi tendenti a riportare
in luce il suo talento. La
serata, documentata anche da un servizio di RaiTre, ha fatto
registrare la presenza di numeroso pubblico sinceramente interessato,
venuto anche da fuori. Non è risultata formalmente
celebrativa, ma culturalmente elevata e propositiva, anche nel poetico
concerto che ha presentato musiche da camera. Molto applauditi gli
esecutori. Il pianista Giuseppe Sabatini, da esperto accompagnatore, ha
saputo entrare con maestria nella lirica tebaldiniana. La soprano
Stefania Camaioni si è confermata interprete dalla notevole
estensione vocale, riuscendo a passare con naturalezza dai toni bassi e
intimi a quelli alti e drammatici; mentre la voce recitante di Maria
Grazia Giocondi è parsa equilibrata, espressiva, sensibile e
suadente. 12
Una straordinaria rassegna di musica sacra che onora le nostre Marche Virgo Lauretana La
Rassegna Internazionale di Musica Sacra “Virgo
Lauretana” trae origine da una manifestazione attuata a
Loreto per ben quattro decenni, che aveva proposto annualmente un
repertorio vocale-sacro con gruppi corali e un appuntamento organistico
nella Basilica della Santa Casa. Da due anni la nuova gestione
è affidata all’Associazione “Adamo
Volpi” di Loreto: presidente e vice le dinamiche Maria
Antonietta Volpi Ragaglia e Ancilla Breccia Tombolini (ex sindaco della
città); direttore artistico il Maestro Arturo Sacchetti, un
attendibile punto di riferimento nella vita musicale non soltanto
nazionale, con titoli, specializzazioni ed esperienze. L’impostazione
attuale ha mantenuto la presentazione di cori
di varia provenienza con programmi polifonici di solida tradizione, ma
ha visto innestarsi ad essa un ‘percorso’
più ricco, per quantità e qualità, con
iniziative che prevedono un aspetto formativo attraverso seminari di
studio per cantanti, direttori e organisti sul tema della
Creatività del Movimento Ceciliano. Le
linee programmatiche non si precludono alcuna strada e spaziano dal
patrimonio della polifonia rinascimentale a quello del Barocco, del
Classicismo, del Romanticismo e del Novecento, senza trascurare brani
che si avvalgono di apporti strumentali in appoggio al coro o con
consistenti interventi solistici di cantanti che di solito operano
all’interno dei cori stessi. In
merito il M° Sacchetti ci ha dichiarato: “Con la
fisionomia che la Rassegna va assumendo, si connota come
un’iniziativa piuttosto provocatoria, una voce fuori dal
coro, che canta in maniera diversa. Sarebbe auspicabile che altre
istituzioni, sia pure a loro modo, aprissero ulteriori varchi alla
musica sacra. Il campo è rigogliosissimo.
Nell’arco dei secoli e delle varie scuole nessun genere ha
avuto tanta attenzione, ora, però, sta vivendo una
contraddizione: tanta ricchezza, ma poco spazio per godere di essa. Mi
auguro che ci sia la fede in questa nostra scelta coraggiosa, che tende
a coinvolgere con proposte non scontate. È una linea
d’impegno che deve essere apprezzata per la
profondità, lo spirito, il tentativo di portare avanti
costruttivamente un discorso conoscitivo che può
realizzarsi, facendo divenire la musica sacra testimonianza viva e bene
comune”. Per il
2002 si è puntato con decisione alla valorizzazione di
autori e opere “da riscoprire”, tesori quasi
dimenticati che andavano restituiti alla conoscenza del grande
pubblico. Primo passo in questa direzione, l’insolita mostra
documentaria in due sezioni: “Cappelle Musicali nelle Marche
dal XVI al XIX secolo” e “Antiche pergamene e
scrittura beneventana”, curate rispettivamente dal Prof.
Paolo Peretti e dalla Dott.ssa Lilia Flavia Ficcadenti, con il
coordinamento del Sovrintendente Archivistico per le Marche Prof. M.
Vinicio Biondi. La prima ha proposto rari materiali provenienti da
Apiro, San Severino, Recanati, Macerata e Civitanova Marche, a
testimonianza di istituzioni musicali ricche e vitali anche in piccoli
centri marchigiani. La seconda, frammenti pergamenacei riutilizzati su
rilegature di protocolli notarili e notazioni beneventane nel Tabulario
Diplomatico dell’Archivio di Stato di Macerata, sui quali
è stato presentato anche il volume “Colligere
fragmenta ne pereant”. Per
quanto riguarda le esecuzioni, mentre nel 2001 sono stati privilegiati
gli inediti giovanili sacri di Giuseppe Verdi e sulla produzione
organistica dei maestri della Cappella Lauretana, in questa edizione si
è fatto leva su elementi di interesse ancora maggiore.
Intanto l’obiettivo primario è stato quello di
rivalutare un musicista lombardo di nascita, ma marchigiano di
adozione: Giovanni Tebaldini, al quale si è voluto rendere
omaggio nel cinquantenario della morte, avvenuta a San Benedetto del
Tronto l’11 maggio 1952. A lui e al suo amico e collega
Ulisse Matthey era dedicato il tradizionale concerto organistico in
Basilica in cui hanno suonato sette validi interpreti, dopo la
frequenza di un seminario di perfezionamento: Mario Ciferri, Alessandro
La Ciacera, Marco Mantovani, Fabio Re, Damiano Rota, Stefan Zikoudis,
Sergio Orabona. Tre le voci soliste: il soprano polacco Iolanta
Omilian, il tenore Dino Di Domenico e il baritono Marco Camastra,
apprezzati per l’alto livello delle loro
prestazioni. Tebaldini e Matthey, che operarono
presso la Basilica di Loreto per 22 anni, furono
“protagonisti di uno dei periodi musicalmente più
felici” per la città mariana. Del primo sono stati
eseguiti Trois Pièces d’Orgue; Litanie
Lauretane, a tre voci miste e organo; Canto
di penitenza, mottetto per baritono e organo; In
Festa Sancta Caecilia, mottetto per soprano ed organo; Padre,
se mai questa preghiera giunga al tuo silenzio, lirica
drammatica per una voce, su testo di Ada Negri; Ad regias
Agni dapes, inno per la Domenica in Albis. Del secondo otto
pezzi, che riflettevano il suo indubbio virtuosismo, più la Ciaccona,
adattamento da J. S. Bach. Il concerto cameristico ha
presentato inediti, o in prima esecuzione moderna: Minuetto
in do di Mascagni, Giallo pallido e Sonata
terza del futurista F.B. Pratella, Quintetto n. 4
di Perosi e Quintetto gregoriano pel Natale di
Tebaldini. Il “Nuovo Quartetto Italiano”
– formato da Alessandro Simoncini e Luigi Mazza violini;
Demetrio Comuzzi viola; Luca Simoncini violoncello - ha dato una
prestazione di altissimo livello e, accompagnato al pianoforte dalla
versatile Elisabetta Sironi, ha permesso agli intervenuti di godere una
serata di vera classe. Sul
fronte sinfonico è stato eseguito un mai ascoltato Oratorio
di Pietro Raimondi, Il Giudizio Universale,
monumentale opera del 1843, caratterizzata da un forte slancio creativo
che ha visto coinvolto un grande organico della Columbus Orchestra di
Genova (magistralmente diretta dal M° Sacchetti), un doppio
coro e i tre solisti, “per disegnare un’immagine
assolutamente affascinata ed affascinante
dell’Apocalisse”. Nel concerto era inserito Epicedio
di Tebaldini, che si è rivelato un piccolo capolavoro; canto
mesto molto partecipato, toccante e pienamente in linea con i versi Dei
Sepolcri adattati da Ugo Foscolo: “Ed onore di
pianti ognor avrete / Ove fia santo e lagrimato il sangue / Per la
patria versato, e finché il Sole / Risplenderà su
le sciagure umane!”. La composizione, infatti, era stata
ispirata dall’eccidio dei Martiri Fratelli Paolo e Bruno
Brancondi, avvenuto a Castelfidardo il 29 giugno 1944 per mano dei
tedeschi. Tebaldini fino ad ora
era ricordato più spesso come eminente musicologo. La
Rassegna, quindi, ha avuto il merito di averlo focalizzato nella sua
dimensione di compositore di opere strumentali e vocali. Non a caso,
egli ha realizzato ben 146 pezzi di musica sacra, tra cui il poema
sinfonico Rapsodia di Pasqua eseguito nel 1938 e
‘39 al Teatro dell’EIAR di Torino, sotto la
direzione del suo illustre allievo Ildebrando Pizzetti. Alcune sue
messe furono date più volte e con successo, da quella di
Sant’Antonio a quella per le annuali esequie al Pantheon per
i re Vittorio Emanuele II e Umberto I. È stato autore di 45
opere di musica profana, su testi tratti dai
“Canti” di Leopardi, da Petrarca, Poliziano,
D’Annunzio, Fogazzaro. Certe liriche meritarono le lodi di
Verdi e Boito. Cinque di esse, cantate dalla brava soprano Cristina
Piangerelli, esperto pianista il M° Carlo Morganti di Jesi,
facevano da corollario alla presentazione del libro Per un
Epicedio, tenutasi a Loreto il 1° aprile, per volere
della locale Fondazione Cassa di Risparmio e dei Comuni di Loreto e
Castelfidardo. Tebaldini fu pure
uno dei ricercatori di partiture di autori del
passato, che ha trascritto, fatto eseguire e diretto, a partire dal
1891, in memorabili concerti a Venezia, all’Augusteo di Roma
e in altre prestigiose sedi in Italia e all’estero. Insomma,
gran parte della sua complessa e sensibile produzione è
ancora da riesumare. L’Associazione “Adamo
Volpi” lo ha onorato anche con una medaglia che riproduce la
sua effigie (opera dello scultore Sandro Cecchini), distribuita a
quanti hanno partecipato da protagonisti alla Rassegna. Inoltre, due
concerti (quello cameristico e quello sinfonico) avranno
l’etichetta discografica della nota Editrice Bongiovanni di
Bologna, che ha effettuato le registrazioni “live”,
per diffondere le più nobili e sconosciute esecuzioni di
“Virgo Lauretana” 2002. La Banda
dell’Esercito Italiano, diretta da Fulvio Creux, si
è esibita con un brano di Perosi per ottoni e coro; una
“grande sinfonia funebre e trionfale” di Berlioz;
la Preghiera alla Vergine di Feliciangeli,
compositore di Camerino che, presente in sala, ha ricevuto i
complimenti degli estimatori; due pezzi dal Nabucco
di Verdi, cantati dal basso ascolano Emidio Guidotti, applauditissimo. I cori, individuati
nell’ambito di concorsi internazionali di alto livello, sono
stati otto: la Cappella vocale “Maria Himmelfahrt”
di Prien in Germania, diretta da Rainer Schütz; il coro
“King’s College” di Londra, direttore
David Trendell; “I Piccoli Cantori delle Colline di
Brianza” di Rovagnate (Lecco), direttrice Flora Anna
Spreafico; l’Associazione “Roberto
Goitre” di Messina, direttore Eugenio Arena; il coro polacco
“Ludwik’s Rydyger Medical Accademy”,
diretto da Janusz Stanecki; il The Chamber Choir
“Osaregne” di Tula in Russia, direttrice Olga
Bourova; la Scuola della Cattedrale di San Lorenzo in Svizzera, diretta
da Robert Michaels; il “Kölcsey Choir of
Debrecen” (Ungheria), direttori Làszlò
Tamási e Ágnes Lak. Tutti con programmi
qualificati di autori importanti che hanno avuto un suggestivo impatto
presso il grande pubblico, soprattutto nell’ultimo concerto
di gala e nella Messa Gregoriana della domenica, officiata da S.E.
l’Arcivescovo Angelo Comastri, trasmessa in diretta da
RaiUno. La
Rassegna, che si è tenuta tra la Basilica e il
Palacongressi, ha organizzato concerti anche al mattino per permettere
agli studenti di assistere agli spettacoli. Aveva avuto un prologo il
21 marzo con il “Baptisma” e il
“Miserere” di Monsignor Domenico Bartolucci (un
veterano della manifestazione), soprano Antonella Benucci, baritono
Andrea Sari, coro polifonico “Minatori di Santa
Barbara” di Massa Marittima (diretto dal M°
Morgantini), coro dell’Istituto “Franci”
di Siena (diretto dal M° Manganelli), orchestra
“Città di Grosseto”, diretta
dall’autore, che è stato insignito di una speciale
onorificenza per la musica sacra “per i suoi meriti di
prosecutore del cammino secolare tessuto dai grandi testimoni del
connubio tra arte e credo, tra civiltà artistica e
spiritualità”. La
gentile Roberta Sturani ha fatto da puntuale presentatrice, mentre, per
due serate è stata chiamata l’ex
“Signorina Buonasera” Rosanna Vaudetti, conosciuta
personalità del mondo dello spettacolo, che ha condotto con
la consueta spigliatezza. L’originale
scenografia al Palacongressi, ancora una volta
realizzata da Mario Ragaini, ha fatto da degna cornice alle esibizioni.
Il successo della seconda edizione della Rassegna - fiore
all’occhiello della città di Loreto e delle Marche
- è stato pieno. L’Arcivescovo, nella elegante
brochure (che resta a documento di quanto organizzato con passione e
competenza dall’Associazione “A.Volpi”),
ha diffuso l’augurio che “la melodia delle belle
musiche entri nel cuore di tanta gente e la renda capace di cantare la
vita in mezzo alla nostra società povera di canto e piena di
rumori”. Anche
il Sindaco di Loreto, Moreno Pieroni, ha lodato l’evento per
il quale “la città si trasforma in un laboratorio
di polifonia musicale dove trovano ospitalità la
genialità e la professionalità di appassionati
cantori, strumentisti e direttori provenienti da tutto il
mondo”. C’è
da augurarsi che la Rassegna - unica nel suo genere - trovi sempre
più convinti sponsor che ne consolidino
l’autorevolezza e l’esemplarità. La
Regione e l’Italia tutta hanno bisogno di far rivivere,
almeno attraverso appuntamenti annuali, quella musica che un tempo era
vanto della nostra arte al servizio delle chiese, al fine di promuovere
l’elevazione spirituale in un quotidiano troppo distratto da
effimeri interessi materiali. 13
Il Maestro Mario Conter ha rievocato all’Ateneo il versatile
e battagliero compositore-musicologo
bresciano scomparso 50 anni fa
Infaticabile, coscienzioso,
intelligentissimo. Sono gli aggettivi di più largo impiego
nei profili biografici dedicati a Giovanni Tebaldini, singolare
protagonista della vita musicale italiana nei decenni a cavallo tra
Otto e Novecento, amico personale di Verdi e maestro di Ildebrando
Pizzetti. L’illustre compositore, musicologo e didatta, che
tanto prese a cuore la riforma della musica sacra sotto il pontificato
di Pio X, era nato a Brescia in pieno XIX secolo, nel 1864.
Morì a San Benedetto del Tronto in età avanzata,
l’11 maggio 1952, esattamente mezzo secolo fa. La sua
versatile personalità è stata ricordata dal
maestro Mario Conter in un incontro all’Ateneo, seguito da un
pubblico particolarmente attento. “Tebaldini
– ha esordito Conter – visse nel periodo
più tormentato dell’evoluzione musicale. Uomo
eccezionalmente poliedrico, vorace di ogni novità,
cercò di realizzare il celebre monito di Verdi: torniamo
all’antico e sarà un progresso”. La passione per la storia musicale
del nostro Paese lo portò a riesumare capolavori
dimenticati, tra cui La rappresentazione di Anima e di Corpo
di Emilio de’ Cavalieri, precocissimo esempio di recitar
cantando. Tebaldini amava anche le composizioni di Marenzio,
di Monteverdi, di innumerevoli maestri del periodo rinascimentale e
barocco. Con Verdi, di cui fu grande ammiratore ed amico,
osservò che il soggetto d’apertura del primo Salmo
di Benedetto Marcello, Beato l’uom,
coincideva esattamente con quello della prima fuga dal
Clavicembalo ben temperato di Bach. La sua erudizione era
impressionante, paragonabile soltanto
all’inflessibilità del carattere. A questo
proposito il maestro Conter ha ricordato un episodio significativo: il
giovane Tebaldini, a 19 anni, ebbe l’ardire di stroncare su
un periodico una messa composta da Polibio Fumagalli, suo docente al
Conservatorio di Milano. In seguito a questo episodio, Antonio Bazzini,
bresciano come lui, fu costretto a espellerlo dall’Istituto.
Non sarà questo l’unico contrasto della sua vita. Tebaldini, in realtà, si
preoccupava della purezza della musica sacra: non poteva sopportare le
continue, abusate contaminazioni con il mondo espressivo del
melodramma. Bisognava ancora una volta tornare
all’antico; più precisamente bisognava
tornare alle radici del canto gregoriano e della polifonia
rinascimentale, alla Palestrina. Idee, queste, che
il giovane organista, compositore e musicologo poté
ulteriormente sviluppare e maturare a Regensburg, in Germania, alla
scuola di Franz Xavier Haberl. Ma un apporto decisivo per il suo
interesse alla musica sacra era stato dato in precedenza anche dal
Padre Giovanni Piamarta (di cui Tebaldini era cugino). Nel 1912
Piamarta lo esortava ad andare avanti per la sua strada, pur essendo “condannato
a soffrire come tutti i grandi Apostoli dei più arditi
ideali”. Gravi incomprensioni nei confronti
del suo operato si verificarono, per esempio, negli anni in cui fu
direttore del Conservatorio di Parma. Lo rimproverarono di eccessivo
clericalismo e perfino di spendere troppo denaro per arricchire la
biblioteca. In quell’occasione – come ha spiegato
Luigi Inzaghi, studioso del musicista – Tebaldini si
sentì vittima della massoneria. Soltanto
oggi si comincia a far luce su alcuni aspetti biografici. È
recente la pubblicazione di due interessanti volumi, più
volte citati nell’incontro all’Ateneo: Idealità
convergenti. Giuseppe Verdi e Giovanni Tebaldini, a cura di
Anna Maria Novelli e Luciano Marucci, e Per un Epicedio,
a cura di Marucci e del già citato Inzaghi. Forse oggi
l’aspetto meno conosciuto di Tebaldini è quello
che riguarda la sua attività di compositore. Il maestro
Conter ha fatto ascoltare la registrazione di tre brani: un pezzo
organistico giovanile, il pregevolissimo Epicedio
per orchestra ed una nobile lirica per canto e pianoforte su testo
leopardiano. “Una produzione - ha
concluso Conter – che andrebbe rivalutata, per
quanto in essa non avi sia alcuna traccia di quella grande esplosione
musicale rappresentata dalla seconda Scuola di Vienna e da
Stravinskij”. Tebaldini lasciò Brescia
a soli 16 anni, ma il suo carattere forte e la sua leggendaria
caparbietà fanno trasparire l’origine lombarda e
l’appartenenza culturale alla Leonessa d’Italia. Anche l’erudito e
battagliero riformatore della musica sacra – secondo Conter
– appartiene alla schiera di talenti eccezionali,
benché umanamente schivi e tutti d’un pezzo, che
annovera i concittadini Capitanio, Margola, Manenti ed Arturo Benedetti
Michelangeli.
Marco Bizzarrini […]
L’innovazione musicologicamente più significativa
introdotta da Sacchetti è la riscoperta di alcuni autori
che, nelle intenzioni del direttore artistico, dovrebbero aiutare a
cancellare, o quanto meno a contenere entro certi limiti, il luogo
comune secondo cui l’Italia è stata soltanto il
paese del melodramma, una nazione musicale tutta dedita ai do di petto
e ai sipari che si alzano e calano e poco incline
all’intimismo cameristico, all’ampio respiro
sinfonico, all’affresco sacro imponente. Il
programma estremamente vario e articolato della rassegna, tra pagine di
notevole valore e altre che costituiscono un documento indubbiamente
interessante sulla vitalità extra-operistica della musica
italiana, spingerebbe in effetti a ripensare almeno in parte le cose;
ma, se è vero che è rintracciabile in Italia una
cospicua produzione che poco ha a che vedere con il teatro in senso
stretto (dato che anche la musica sacra ha, come è noto, una
sua fortissima “teatralità”), a questo
punto la riflessione dovrebbe concentrarsi sui motivi storici, sociali,
estetici e culturali per cui questo patrimonio, a differenza di quello
teatrale, non è riuscito a imporsi definitivamente
né in patria né all’estero. E sul
perché il diciassettenne Mascagni, autore di un Minuetto
in Do per quartetto d’archi (una prima esecuzione
assoluta affrontata con verve ed eleganza dal Nuovo Quartetto Italiano)
che non è affatto un semplice giochetto scolastico, ma una
pagina piena di coscienza della forma classica e dello
“specifico” quartettistico, dieci anni dopo non
viene alla ribalta con una sinfonia o un concerto per pianoforte e
orchestra, ma con Cavalleria… In
ogni caso, alcuni nomi che “Virgo Lauretana” ha
recuperato dall’oblio meriterebbero davvero più
attenzione. Su tutti, Giovanni Tebaldini. Nato a Brescia nel 1864 e
morto a S. Benedetto del Tronto esattamente cinquant’anni fa,
Tebaldini aveva avuto una formazione doc: allievo di Ponchielli a
Milano, perfezionamento in Germania, tra Bayreuth e Monaco. Per Loreto,
una gloria locale: fu maestro di Cappella della Basilica della S. Casa
dal 1902 al 1924. Di questo autore ammirato da Verdi, Puccini e Perosi,
noto soprattutto per i suoi scritti teorici e il suo impegno nella
rivalutazione del gregoriano e dell’antica polifonia italiana
(come i suoi coetanei della “generazione
dell’Ottanta”), la rassegna ha offerto un ritratto
approfondito e particolareggiato, dalla produzione organistica e per
voce e organo a quella cameristica e orchestrale. E ascoltando
“Il Natale”, poemetto gregoriano
per quartetto d’archi e pianoforte (ancora con
l’ottimo Nuovo Quartetto Italiano integrato dal pianoforte di
Elisabetta Sironi) e soprattutto l’Epicedio
per orchestra, si ha davvero la sensazione di scoprire un possibile
ambasciatore della musica strumentale italiana
“nascosta”. Il quartetto-quintetto, con le sue
armonie modaleggianti di derivazione gregoriana, non è
lontano da certe morbide e sensuali atmosfere raveliane, e la
libertà formale propria di un andamento da
“poemetto” fa pensare alle divagazioni poematiche
che già qualche decennio prima avevano affascinato Respighi
(autore, non a caso, di un Concerto gregoriano per violino e
orchestra). L’Epicedio, invece, è una pagina
orchestrale di intensità tardo-romantica, sinceramente
drammatica, dominata da un’ossessione funebre e un desiderio
di resurrezione che per molti aspetti fa pensare a Mahler (con
però una compattezza sinfonico-strumentale brahmsiana alle
spalle). [...]
15
Il Maestro Giovanni Tebaldini a cinquant’anni dalla morte Cinquant’anni
fa moriva a San Benedetto del Tronto il
compositore e musicologo Giovanni Tebaldini. Nato a Brescia nel 1864,
aveva studiato al Conservatorio di Milano con Ponchielli e, in
Germania, alla famosa Kirchenmusikschule di Ratisbona. Fu valente
organista e direttore di cori fin da giovanissimo. Nel 1889 fu chiamato
a Venezia come secondo Maestro di Cappella in San Marco e, nel 1894, a
Padova a dirigere la Cappella della Basilica di Sant’Antonio.
Tenne la direzione del Conservatorio di Parma dal 1897 al 1902,
consolidando la sua amicizia con Verdi. Trasferitosi nelle Marche in
qualità di direttore della Cappella Musicale di Loreto, vi
restò fino al 1924, ma frequenti erano le sue uscite per gli
impegni di riformatore della musica sacra (su incarico di Pio X),
organista e collaudatore di organi, direttore d’orchestra,
conferenziere. Dal 1925 fu al Conservatorio di Napoli dove
l’amico Cilèa lo aveva chiamato ad insegnare
“Esegesi del canto gregoriano e della polifonia
palestriniana”. E, sempre nella città partenopea,
era stato tra i fondatori dell’Associazione
“Scarlatti” e direttore artistico delle sue
stagioni sinfoniche. Fin dal periodo veneziano, mettendo in pratica il
monito verdiano “Torniamo all’antico e
sarà un progresso”, si era dedicato alla
riscoperta di antiche partiture che aveva trascritto e fatto eseguire
dal 1891 in memorabili concerti. Fertile pure
l’attività di compositore di musica sacra e
profana. A San Benedetto si era trasferito durante l’ultima
guerra. Lì aveva continuato soprattutto l’opera di
saggista che lo aveva visto protagonista, spesso anche polemico, sulle
principali testate dell’epoca. Data l’autorevolezza
del personaggio, Loreto gli ha reso omaggio in aprile con un concerto
di musiche profane e nell’ambito della Rassegna
Internazionale di Musica Sacra, diretta dal M° Arturo
Sacchetti. San Benedetto, a cura dell’Assessorato alla
Cultura del Comune, lo ha commemorato degnamente con una relazione del
musicologo Pierpaolo Salvucci il quale ha presentato anche il libro
“Idealità convergenti” sul rapporto
Verdi-Tebaldini (D’Auria Editrice). È seguito un
riuscito concerto di musiche profane con il pianista Giuseppe Sabatini
e il soprano Stefania Camaioni; voce recitante M. Grazia Giocondi.
Anche Brescia (città natale del Maestro) lo ha ricordato
solennemente presso l’Ateneo di Scienze, Lettere e Arti con
una prolusione del M° Mario Conter, un intervento del Prof.
Luigi Inzaghi e tre audizioni musicali. di
VERA PATTINI
Nel
cinquantenario della scomparsa di Giovanni Tebaldini BresciaMusica
ha ospitato, nel precedente numero, un intervento di Anna Maria
Novelli, che ripercorreva vita, attività e contatti con
Brescia ed i bresciani avuti dal maestro. Seguivano altri due
contributi, sul centro studi e ricerche di Ascoli Piceno intitolato a
Tebaldini e sull’Epicedio da egli composto. In
questa sede si vuole ora illustrare l’importante lavoro che
Anna Maria Novelli, nipote di Tebaldini (in quanto figlia della
figlia), ha approntato insieme al giornalista Luciano Marucci. L’attendibilità
e il numero cospicuo delle fonti pongono su un piano di riguardo questo
lavoro, corposo, approfondito, e dai molti pregi. Primo fra tutti
l’aver raccolto ed organizzato ogni tipo di materiale che
contribuisca a ricostruire la vita e l’opera del maestro,
impresa non da poco se si pensa che fu studioso, didatta, compositore,
trascrittore, divulgatore, giornalista, musicologo, conferenziere,
esecutore (organista, direttore d’orchestra e di coro),
riformatore della musica sacra su incarico di Pio X (a seguito
dell’enciclica Motu Proprio),
rinnovatore della cultura musicale italiana e appassionato studioso e
sostenitore di Verdi. Dunque non poca sostanza. La
ricostruzione della vita e dell’opera di Tebaldini va
dipanandosi in parallelo a molte altre notizie sulla temperie
culturale, sui fatti italiani, sulle opere dei musicisti coevi, sul
clima che all’epoca si respirava nel mondo musicale italiano:
ne emergono i ritratti di un musicista esemplare ma anche di
un’epoca intera. Il saggio
propone inoltre una serie
di notizie e di riflessioni su Giuseppe Verdi, che fu figura di enorme
importanza nella vita di Tebaldini. Questi, infatti, ebbe sempre una
sconfinata ammirazione per il compositore bussetano e si
adoperò per diffonderne la stima e tramandarne la memoria.
Ciò che Tebaldini esaltava era un certo carattere di
‘maschia italianità’ quale cifra
distintiva della scrittura verdiana, comunque unica ed inconfondibile,
nonché la necessità di recuperare il passato
musicale italiano, non solo perché illustre, ma anche
perché ancora significativo e da tramandare integro. Questa
fu la posizione di Verdi nei suoi ultimi anni, come era palese a
Tebaldini che lo frequentò e come è palese oggi a
Pierluigi Petrobelli, direttore dell’Istituto Nazionale di
Studi Verdiani, che ha curato la prefazione del libro. *** Si ha modo dunque di
soffermarsi su alcune caratteristiche del grande operista: la modestia,
l’essere schivo; il forte impatto che su di lui ebbe la
musica di Wagner; l’aver reso il melodramma più
vigoroso e coinvolgente, tanto che fu l’opera verdiana stessa
a crearsi il suo pubblico; la contestazione subita dal Gruppo dei
Cinque in Russia; i sentimenti antiaustriaci e antidispotici che sempre
lo animarono e che – insieme ai contenuti di Nabucco
– contribuirono a dare un’immagine patriottica e
liberale dell’operista; l’azione di promozione
della cultura liberale nazionale. Da
queste numerose pagine di testimonianze dirette ed indirette, frasi
riportate e lettere emerge tutta la statura di Verdi e in particolare
dal contributo di Renato Novelli, fratello dell’autrice, e
dunque anch’egli nipote di Tebaldini, ci viene suggerita una
chiave di lettura riassuntiva di Verdi quale artista romantico. Tebaldini
stesso nel corso della sua vita ebbe modo di tessere molte volte gli
elogi di Verdi (dalle pagine dei giornali e delle riviste musicali, di
persona, in convegni, conferenze e commemorazioni), non solo come il
più grande operista italiano, ma anche per le sue doti umane
in generale e ancora compositive in altri generi musicali. Tuttavia
egli non fu mai accecato
dall’ammirazione così da perdere
l’obiettività di giudizio. Per esempio riguardo ai
tre pezzi religiosi verdiani presentati a Parigi, Tebaldini ebbe a dire
che con essi Verdi non volle scrivere musica sacra, ma piuttosto
‘cantate’ di carattere religioso. In seguito, nel
1913, nel primo centenario della nascita di Verdi, Tebaldini
parlò della Messa da Requiem come di un
lavoro non conciliabile con le esigenze della liturgia proprio in
quegli anni richiamate in osservanza. *** Dunque
Tebaldini fu sì
verdiano convinto, ma rimase studioso e musicologo equilibrato. Di
queste riflessioni circa la musica da chiesa di Verdi e la sua
religiosità ci dà conferma anche Boito, che
sostenne che il bussetano era cristiano, ma non era un cattolico in
senso politico e teologico. Tanto
Milano, nella struttura del Conservatorio, deprezzò Verdi
allorché diciottenne vi si presentò per
l’ammissione quale studente pagante, quanto poi ne riconobbe
la grandezza in seguito, intitolandosi a Verdi il giorno stesso della
sua morte, quasi facendo ammenda per il torto inflittogli in
gioventù. All’opposto Parma ebbe sempre posizioni
di enorme stima e tributò onori in varie circostanze al
proprio concittadino, artefice di ciò soprattutto Tebaldini,
che era in quegli anni direttore del Conservatorio. Egli volle portare
anche qui le sue istanze di rinnovamento e lo fece con
l’appoggio di Verdi. Purtroppo, alla morte
dell’operista, la locale e potente Loggia Massonica
preferì in quel ruolo una persona che maggiormente puntasse
all’esaltazione del melodramma, forse per cavalcare il
successo delle opere verdiane che allora continuava a crescere, e fu
così che Tebaldini perse l’incarico di direttore
del Conservatorio. Scrive Roberto Cognazzo – nella voce
dedicata a Tebaldini per il Dizionario Enciclopedico Universale della
Musica e dei Musicisti (DEUMM) – che Tebaldini
“volle assumersi il ruolo di coscienza artistica nazionale,
cosa che, malgrado la stima di Verdi, Puccini e Perosi, gli valse
incredibili difficoltà e feroci esposizioni, in particolare
durante la permanenza a Parma”. Anna
Maria Novelli e Luciano Marucci commentano così i contributi
scritti dal nostro su Verdi e Wagner: “Tebaldini…
non tralasciava occasione per esaltare la continua evoluzione creativa
di Verdi e la sua radicata italianità, fino a dimostrarne la
supremazia” (rispetto a Wagner e alla suola tedesca). Questo
perché “Verdi fu una pietra miliare nella carriera
artistica di Tebaldini, un punto di riferimento costante, un autorevole
sostegno ideologico alle sue convinzioni sul valore della tradizione
musicale”. Infatti,
Tebaldini aprirà la sua commemorazione per il XXV
anniversario della scomparsa di Verdi, nel 1926, nella Grande Sala dei
Concerti del R. Conservatorio di Musica S. Pietro a Majella a Napoli,
parlando del “Nume tutelare dell’Arte italiana
nella sua più sana tradizione”. Di colui ebbe
talento ed inventiva per produrre opere di assoluto valore, senza mai
rifarsi ad alcun altro compositore, trovando il modo anche di evolvere
senza abbandonare la propria cifra distintiva. Il genio, insomma. Dicevamo
dunque della complessità di questo lavoro a quattro mani,
esauriente in ogni aspetto trattato, corredato da testimonianze,
interessante, stimolante, sempre entusiasta. Mi unisco al giudizio
espresso dalla musicologo dott.ssa Paola Ciarlantini che, nel
presentare il volume ad Ascoli Piceno, il primo dicembre dello scorso
anno, ha concluso il proprio intervento consigliando la lettura di
quest’opera “culturalmente generosa e
scientificamente ineccepibile”. L’interesse
per Giovanni Tebaldini, musicista e musicologo vissuto per un decennio
a San Benedetto del Tronto (dove si è spento nel 1952
all’età di 88 anni), ha preso avvio dopo la
costituzione ad Ascoli di un “Centro Studi e
Ricerche” a lui intitolato, che sta sviluppando
un’intensa attività per riordinare
l’archivio e promuovere la rivalutazione del personaggio che
ebbe un ruolo di prim’ordine nel rinnovamento del linguaggio
musicale in ambito europeo, specialmente nella restaurazione della vera
musica sacra di cui era uno dei maggiori competenti. Tra
l’altro, sono state realizzate due pubblicazioni: Per
un Epicedio e Idealità convergenti -
Giuseppe Verdi e Giovanni Tebaldini. L’uno
incentrato su una sua composizione per orchestra dedicata ai Martiri
Fratelli Brancondi di Loreto, trucidati dai tedeschi durante la
Resistenza; l’altro sul sodalizio con il Grande di Busseto. Il primo a
riconsiderare criticamente l’eclettica figura di Tebaldini
è stato certamente il prof. Luigi Inzaghi che nel volume Musicisti
Lombardi e oltre, curato dall’Università
Cattolica di Milano, ha scritto su di lui un ampio saggio e che ha
iniziato la catalogazione delle musiche. È seguito uno
studio per “Aurea Parma” (numero speciale per il
centenario verdiano), della dott.ssa Raffaella Nardella, ricercatrice
della Sezione Musicale della Biblioteca Palatina. Sul piano editoriale,
importante il contributo dell’Editrice D’Auria.
Andrebbero anche menzionate le istituzioni che hanno sostenuto le
iniziative promozionali. La riscoperta del repertorio musicale, invece,
è dovuta all’intuizione del M° Arturo
Sacchetti, direttore artistico della Rassegna Internazionale di Musica
Sacra di Loreto (coordinata dall’Associazione “A.
Volpi”), che ha improntato l’intera edizione di
quest’anno al “Memorial” nel
cinquantenario della morte di Tebaldini. In tre concerti sono state
eseguite ben otto sue composizioni, che hanno sorpreso non pochi. Di
lui, infatti, era nota l’attività di musicologo,
ma meno quella di compositore che è stata fertile e di
elevata qualità. Altre manifestazioni celebrative si sono
svolte ancora a Loreto, dove il Maestro è stato ricordato
con una relazione della dott.ssa Ciarlantini e un concerto di musiche
profane (interpreti: il soprano Cristina Piangerelli e il
pianista Carlo Morganti). Anche il Comune di San Benedetto del Tronto
gli ha reso omaggio con una conferenza del prof. Pierpaolo Salvucci,
sulla sua multiforme opera, e un concerto di musiche profane (soprano
Stefania Camaioni, pianista Giuseppe Sabatini, voce recitante M. Grazia
Giocondi). Il 10 maggio, quarto evento commemorativo
all’Ateneo di Scienze, Lettere e Arti di Brescia
(città natale di Tebaldini) con prolusione del M°
Mario Conter e audizione di brani musicali. Giovanni Tebaldini,
lombardo di nascita (1864), esordì come giovane prodigio ed
ebbe il primo contatto con le Marche a soli quindici anni, quando venne
a dirigere i cori per le rappresentazioni teatrali del
1880-’81 al “Lauro Rossi” di Macerata.
Dopodiché se ne distaccò per studiare al
Conservatorio di Milano e alla Kirchenmusikschule di Ratisbona (primo
degli italiani a frequentare la famosa scuola di musica sacra). Subito
dopo rivestì l’incarico di Secondo Maestro della
Cappella Musicale di San Marco a Venezia (1889-1894); quello di
Direttore della Cappella Antoniana a Padova (1894-1897) e del
Conservatorio di Parma (1897-1902). Vinto il concorso a Direttore della
Cappella Musicale della Santa Casa, si trasferì con la
famiglia a Loreto. Da allora le Marche divennero la sua seconda patria.
Abitò nella cittadina mariana fino al 1944, anche se da
lì partiva spesso per assolvere agli impegni di
conferenziere, direttore d’orchestra, organista, collaudatore
di grandi organi, commissario ministeriale e docente. Dopo il
collocamento a riposo, Francesco Cilèa (suo amico ed
estimatore), lo chiamò al Conservatorio “San
Pietro a Majella” di Napoli (di cui era direttore), a tenere
la cattedra speciale di “Esegesi del canto gregoriano e della
polifonia palestriniana”. Nel capoluogo partenopeo fu pure
tra i fondatori e primo direttore dell’Associazione
“Alessandro Scarlatti”. Successivamente diresse
l’Ateneo Musicale “Monteverdi” di Genova
e fu docente al Conservatorio “G. Rossini” di
Pesaro. Quando la figlia
Brigida andò ad insegnare al Trivio di Ripatransone, vi si
recava per periodi di riposo “tra la quiete del paesaggio
infinito” e, più tardi, con lei si
stabilì a San Benedetto, dove continuò a lavorare
fino alla morte, soprattutto pubblicando saggi su “La
Scala” di Milano e rimembranze sui quotidiani. Con
l’avanzare dell’età, viaggiando meno,
aveva intensificato il lavoro di critico musicale iniziato fin da
giovanissimo con la collaborazione alla “Gazzetta Musicale di
Milano” di Ricordi, alla “Rivista Musicale
Italiana” dei F.lli Bocca, a “Musica
Sacra”. Egli stesso fu fondatore e direttore de “La
Scuola Veneta di Musica Sacra”. Suoi testi - fondamentali per
la moderna musicologia - apparvero sulle migliori testate. E non ebbe
mai timore di assumere posizioni polemiche per provare
verità storiche, affermare valori atemporali e alti ideali.
Molti suoi approfonditi studi furono dedicati a Pierluigi da
Palestrina, Pergolesi, Spontini, Mozart, Beethoven, Rossini, Donizetti,
Bellini, Ponchielli, Wagner, Toscanini, Perosi, Pizzetti (suo illustre
discepolo) e a Verdi: dal 1898 (quando si recò a Parigi per
la prima dei Pezzi sacri), fino
all’ultima commemorazione del 10 ottobre 1951, tenuta al
Circolo Cittadino di San Benedetto. L’Amministrazione
Provinciale di Ascoli Piceno, a mezzo del proprio Servizio
Informatizzazione e Progetti Multimediali, allo scopo di partecipare al
processo di rivisitazione dell’opera di Tebaldini, che onora
le Marche (in particolare il Piceno) e l’arte musicale
italiana, recentemente ha attivato un sito web
(http://www.provincia.ap.it/tebaldini/index.htm), in cui è
stato allestito un singolare libro on-line che sta richiamando
l’attenzione di appassionati e studiosi di musica (sono
già pervenuti apprezzamenti di esperti), non soltanto in
ambito nazionale. Fin dall’apertura esso conta 550 pagine
suddivise in 29 ‘capitoli’, alcuni della
consistenza di monografie tematiche. Tra l’altro,
è possibile visionare inediti come la Bibliografia generale
e il Catalogo di tutte le opere musicali (300 tra sacre, profane,
trascrizioni e riduzioni) e altri materiali di difficile
reperibilità. Non potevano mancare significativi
“Saggi” dell’Autore,
l’”Antologia critica” e gli
“Studi recenti”, che permettono di conoscere la
circolarità e le peculiarità della sua
produzione. L’iniziativa, oltre a riproporre doverosamente
l’opera di Tebaldini, considerato tra i più
qualificati e attendibili intellettuali del suo tempo, consente di
penetrare nel panorama culturale tra fine Ottocento e primo Novecento
– periodo ricco di fermenti, ancora poco studiato - e di
stimolare il dibattito sulla definizione
dell’identità musicale e la giusta lettura critica
di quegli anni. Si tratta di un’operazione culturale a
più livelli, non allineata alle esteriorità
consumistiche, ma fondata su contenuti artistici, umani e spirituali, e
avvalorata dal ritrovamento di documenti originali, da verifiche
dirette sulle fonti e da rigorose elaborazioni da parte del suddetto
“Centro”. L’edizione non è
statica come un libro stampato, perché eterogenea e legata a
un lavoro in progress che prevede l’alternanza dei testi,
delle immagini e dei brani sonori. Prossimamente sarà
arricchita con un’esposizione virtuale, dal titolo
“Fisiognomica ideale”, riferita alla complessa
personalità del Maestro Tebaldini, con l’intento
di stabilire un rapporto dialettico tra arte visiva e musicale.
L’evento telematico (che poi verrà trasferito in
spazi reali) sarà affidato all’estro
interpretativo-creativo di artisti, affermati ed emergenti,
rappresentativi del panorama contemporaneo.
19
CON FISIOGNOMICA IDEALE UN OMAGGIO A TEBALDINI Ha suscitato vasti consensi a
livello nazionale, specialmente tra gli studiosi,
l’attivazione, da parte dell’Amministrazione
Provinciale di Ascoli Piceno, del sito web sul musicista e musicologo
Giovanni Tebaldini, ricco di materiali inediti e difficilmente
reperibili. Il lavoro è stato condotto in collaborazione con
il Centro Studi e Ricerche, costituito per far riscoprire la figura e
l’opera del Maestro, che era vissuto negli ultimi dieci anni
della sua esistenza a San Benedetto del Tronto, dove gli è
stata intitolata una via. In occasione del cinquantenario
della morte (2002) su varie testate sono usciti molti articoli sulla
sua multiforme attività e, di recente, “Arte
Organaria e Organistica” (ed. Carrara) gli ha dedicato due
servizi; mentre la “Rivista Internazionale di Musica
Sacra” gli ha riservato addirittura un saggio monografico. Dopo l’apertura del sito,
a Brescia (sua città natale) è stato bandito un
Concorso Pianistico Giovanile Internazionale, intitolato a Pia
Tebaldini (ultima figlia del musicista, pianista prodigio scomparsa a
soli 16 anni). Il 16 c.m., al Teatro S. Carlino di quella
città, si esibiranno in concerto i concorrenti selezionati e
verrà assegnato il premio assoluto. Nei giorni scorsi è
stato dato l’avvio all’evento telematico
“Fisiognomica ideale”, al quale partecipano artisti
affermati ed emergenti tra i più rappresentativi
dell’odierno panorama. L’operazione tende a
promuovere una dialettica tra arte visiva e musicale. Gli invitati sono
stati chiamati a delineare, in piena libertà espressiva,
l’ ‘immagine’ di Tebaldini, anche a
prescindere dalle sembianze fisiche, formalizzando ideazioni indotte da
qualità artistiche e umane, valori etici e spirituali,
idealità, passioni, eclettismo e azione culturale, carattere
e comportamento, memorie, aspetti poetici ed emozionali. In seguito la
mostra verrà allestita in spazi reali, per lo più
in città in cui Tebaldini ha operato. Quindi, anche a San
Benedetto. Oggi,
intorno alle ore 23,30, Radio3 suite manderà in onda un
servizio di 30 minuti sul Maestro in rapporto alle iniziative in corso.
Durante la trasmissione saranno intervistati un musicologo e alcuni
artisti che partecipano all’esposizione. Infine,
va ricordato che, alla prossima “Rassegna Internazionale di
Musica Sacra” di Loreto, in omaggio a Lorenzo Perosi,
verrà eseguita anche “Tria Motetta”,
un’importante composizione di Tebaldini dedicata al grande
musicista di Tortona, suo amico ed estimatore. 22
La personalità e l’arte di Giovanni Tebaldini in
un
interessante carteggio Il
nome del maestro Giovanni Tebaldini forse dice poco agli abitanti di
San Benedetto del Tronto anche se a lui è stata
intestata una via cittadina ed è onorevolmente ricordato
dall’Associazione polifonica “G.
Tebaldini” di recente istituzione. Eppure qui è
vissuto dal 1944 al 1952, anno della morte, in via F. Crispi,
nella casa della figlia Brigida Tebaldini Novelli, circondato
dall’amicizia di pochi e dall’affetto e dalla stima
di molti. La
pubblicazione dell’intero carteggio lauretano
Tebaldini-Barbieri (1910-1926), Pagine inedite di
un’ identità musicale (Fondazione Cassa
di Risparmio di Loreto, 2006), per opera indefessa della nipote Anna
Maria Novelli e del prof. Luciano Marucci, offre l’occasione
per ricordare la personalità e il percorso artistico del
maestro se pure in uno spazio molto limitato della sua lunga e feconda
attività di compositore e di direttore di Cappelle musicali
e nei ristretti limiti di un unico interlocutore epistolare: il suo
vice direttore della Cappella musicale della Santa Casa di Loreto,
Corrado Barbieri. Le lettere qui riprodotte sono di un interesse
notevole che supera di molto l’ambito di una profonda
amicizia, di una stima condivisa, di una porzione di storia della
musica sacra, in particolare, che in quel periodo aveva un ruolo, un
riconoscimento e una valutazione di altissimo livello; ruolo,
riconoscimento e valutazione che, purtroppo, sono stati estromessi
violentemente dalla tradizione artistica nazionale e mondiale con un
Decreto del Concilio Vaticano II : abolendo dalla liturgia la lingua
latina è stata messa una pietra tombale sul millenario uso
del Gregoriano e su tutta l’originale
produzione di musica polifonica dal 1500 al 1950. Chi potrà
più ascoltare, se non in qualche sporadica occasione o solo
in solenni e rarissime celebrazioni, una Missa di Palestrina,
di Perosi, di Tebaldini o il Requiem e l’Ave verum
di Mozart,
o il Requiem e il Te Deum di
Verdi ? Il maestro, per sua fortuna, è scomparso dieci anni
prima dello scempio e del seppellimento di tanta arte, che
d’ora in poi rimarrà solo nei libri della storia
musicale e, per fortuna, in qualche rievocazione
“laica”, come negli intervalli dei notiziari di
Radio radicale. Eppure quasi tutta la vita del maestro Tebaldini
è stata spesa nella composizione ed esecuzione di messe,
antifone, mottetti, salmi, inni e pezzi per organo. Non
si limita, è bene affermarlo, solo alla musica sacra la sua
poliedrica attività; egli ha collaborato, come critico
musicale, a riviste specializzate, ha diretto concerti, ha trascritto
antiche musiche ed è stato un apprezzato paleografo, docente
di canto gregoriano e di organo presso Conservatori e non ha disdegnato
il genere profano se di lui, secondo la testimonianza fedele di Anna
Maria Novelli, permangono ben 46 titoli. L’epistolario,
per quanto ridotto nel tempo, solo sedici anni, e per il destinatario,
quasi solo il collega Barbieri, ci permette di cogliere a pieno la
personalità dell’artista, il suo carattere di
assoluta moralità e di religiosità, i
pesanti ritmi del suo lavoro nonché le capacità
organizzative, pur nella difficoltà dei mezzi economici,
delle circostanze storiche e sociali della prima guerra mondiale, e
nella limitata comprensione (e, in alcuni casi, anche incomprensione)
dell’Amministrazione della Santa Casa. Si resta, a dir poco,
stupefatti nell’apprendere che il direttore della Cappella
è quasi sempre presente a Loreto e sono sporadiche le sue
assenze per motivi di lavoro fuori regione o per motivi di salute, sua
e dei suoi familiari; questa è stata sempre precaria e
incerta per quanto manifesta al suo amico e collaboratore, come
è stata precaria la salute della moglie e
delle tre figlie (Lina, Marie e Anna Pia) morte a Loreto ancora in
giovane età. Tebaldini conosce uno per uno tutti i nomi dei
suoi coristi, giovanissimi e maturi; di ognuno sa il carattere, i pregi
e i difetti, li sa dirigere, li sa educare, li sa rimproverare, se
occorre. Un vero direttore, responsabile e competente, rispettato e
temuto. Al Barbieri, che stima e consiglia, a cui confida i momenti di
angoscia più che quelli di successo, si rivolge sempre con
il “lei” come si addice a un diretto
“subalterno e collaboratore”. Quando questi parte
per il servizio militare effettivo in campo di guerra, aggiunge al
proprio lavoro quello del suo vice ed è ogni volta lieto di
conoscere buone notizie dal fronte anche perché è
intimamente convinto della necessità e
dell’utilità dell’intervento armato
dell’Italia contro l’Austria. Come è
profondamente addolorato quando apprende che la sua città
natale, Brescia, è stata bombardata e vi sono stati morti e
feriti, così manifesta la sua gioia per la
vittoria definitiva di Vittorio Veneto e sa essere anche sarcastico con
la casa regnante degli Asburgo e la politica del Primo Ministro
(“Che tremenda batosta! Ma chi l’avrebbe sognata un
mese fa. Italia espressione geografica…e
Austria oggi…espressione storica!”).Vero
e autentico patriota, come lo era il suo amatissimo Verdi, che ha
conosciuto e con cui è stato in ottimi rapporti. Che
il testo, di 245 pagine, ben curato e artisticamente stampato, non sia
solo la trascrizione fedele delle molte lettere di Tebaldini a
Barbieri, ma anche una testimonianza dell’epoca, da leggersi
per i risvolti di carattere regionale, nazionale, culturale e
religioso, è documentato dalle ricchissime ed esaurienti
notizie sui musicisti contemporanei del maestro, riportate in nota
tutte le volte che sono citati all’interno di ciascuna
missiva; è stata composta così dalla nipote Anna
Maria Novelli e da Luciano Marucci una piccola-grande storia
della musica classica e sacra, sinfonica e operistica, corale e
strumentale di un intero secolo. A volte i nomi degli artisti sono
noti, come Verdi, Mascagni, Toscanini e Pizzetti, a volte meno per i
modesti intenditori, ma chi volesse avere un quadro dell’arte
musicale dalla metà del secolo XIX alla metà del
XX, qui trova una gradevole enciclopedia. Se un giorno, ma questo
è solo un augurio, la liturgia cattolica
riscoprirà il tesoro nascosto della musica sacra delle
Cappelle musicali di Venezia, di Padova, di Loreto, dirette dal maestro
Tebaldini, e di altre composizioni coeve, anche questa ricerca
avrà più importanza e valore di quanto possa
averne oggi in un momento di barbara ignoranza. A
conclusione, è necessario dire che per capire la
personalità e l’arte del maestro Tebaldini non
è certo sufficiente la lettura di questo epistolario; per
tale ragione, a ben intendere l’una e l’altra
occorrerebbe leggere altre lettere, pubblicate da Anna Maria Novelli,
da Luciano Marucci e da altri con loro, come la corrispondenza tra
Tebaldini e Verdi e la corrispondenza tra Tebaldini e la
prof.ssa Luisa Brancondi, tra lo stesso ed altri destinatari,
edita, quest’ultima, nel 2001, sotto il titolo Per
un epicedio, un’opera musicale concepita per
onorare la tragica morte dei fratelli Brancondi a Loreto, durante la
Resistenza. Quasi tutte queste ultime lettere del maestro furono
scritte a S. Benedetto, da cui ormai non si muoveva più per
l’avanzata età e per la precarietà
della salute.
Tito Pasqualetti 23
LA FIGURA DI GIOVANNI TEBALDINI UN’INTENSA
ATTIVITÀ NELLE MARCHE Non
si può dire che tra Brescia e le Marche vi siano stati,
in generale, particolari collegamenti e scambi nel corso dei secoli;
sul fronte storico-musicale, poi, il più significativo
legame si attua solo molto tardi, nel primo ‘900, con il
musicista e musicologo Giovanni Tebaldini (Brescia, 1864 –
San Benedetto del Tronto, 1952). Non
potendo qui affrontare i vari aspetti della sua complessa
personalità artistica e scientifica, mi limiterò
a mettere a fuoco la sua opera di ‘riformatore’
ceciliano a Loreto, prendendo spunto dalla recentissima pubblicazione
del volume Pagine inedite di un’identità
musicale. Il carteggio lauretano Tebaldini-Barbieri (1910-1926),
a cura di A. M. Novelli e L. Marucci (Loreto, Fondazione Carilo, 2006).
Per capire la portata epocale dell’attività
tebaldiniana a Loreto, bisogna brevemente accennare
all’importanza primaria che – da sempre –
la cappella musicale della Basilica lauretana, fondata da Giulio II nel
1507, ha avuto nell’Italia centrale, seconda solo alle
cappelle pontificie romane, la Sistina e la Giulia,
quest’ultima istituzionalizzata dallo stesso papa, di cui
porta il nome, addirittura qualche anno dopo, nel 1513. Nella regione
marchigiana, la cappella musicale della Santa Casa è stata
sempre guardata come il faro che determinava gli orientamenti
stilistico-musicali delle varie epoche, costituendo un vero e proprio
vivaio di cantori, compositori e musicisti da cui attingere validi
elementi da impiegarsi non solo in altre cappelle ecclesiastiche, ma
anche nei teatri di tutta Italia e d’Europa, quando la
professione di cantore sacro era compatibile con una
pressoché parallela carriera operistica, vale a dire per
tutto il ‘700 e il primo ‘800. Rinunciando a far
nomi (ne risulterebbe solo un lungo e arido elenco), veniamo subito al
periodo che qui ci interessa, cioè l’inizio del
‘900, momento storico in cui avveniva una svolta decisiva per
gli orientamenti della musica sacra in Italia. In verità, il
processo di cambiamento era già stato avviato nella seconda
metà dell’‘800 nel più vasto
ambito europeo dal “Movimento ceciliano”, a partire
proprio dall’area tedesca in cui Tebaldini aveva completato
la sua specializzazione in musica sacra; anche nell’Italia
settentrionale vi erano state significative avvisaglie, anticipazioni e
applicazioni parziali di una auspicata e auspicabile riforma da questo
movimento ispirata. Ma fu il motu proprio,
“Tra le sollecitudini” emanato da papa Pio X
proprio nel giorno della festa di Santa Cecilia del 1903, a sancire
canonicamente l’ingresso ufficiale delle idee riformistiche
ceciliane nella musica della chiesa cattolica romana; e non solo
l’accoglimento di esse, ma anche e soprattutto la traduzione
pratica di queste idee in musica, con un drastico e decisivo
cambiamento del repertorio musicale sacro nelle chiese italiane e della
prassi esecutiva di esso. Ovviamente furono ancora una volta le
maggiori chiese (in primis le basiliche romane, ma
anche le cattedrali di importanti città come Milano, Torino,
Genova, ecc., ovvero basiliche prestigiose come quella di San Marco a
Venezia e santuari frequentatissimi come quello di
Sant’Antonio a Padova) a fare da
“apripista”: tra queste prestigiose istituzioni
ecclesiastiche, cariche di secoli di storia musicale sacra, non poteva
mancare, nell’Italia mediana vicina all’ambiente
romano, la basilica-santuario di Loreto. Le
idee fondamentali della riforma ceciliana, con qualche necessaria
semplificazione, possono riassumersi in due linee-guida principali: 1)
la “purificazione” del repertorio musicale sacro
corrente dalle contaminazioni stilistiche profane, soprattutto di
natura operistico-melodrammatica; 2) la restaurazione di repertori
storici come la polifonia di ascendenza palestriniana, da una parte, e
il canto gregoriano, secondo le indicazioni esegetico-esecutive allora
stabilite dai benedettini di Solesmes, dall’altra. Queste
furono anche le direttrici tebaldiniane a Loreto. Ma come fu accolto
questo rivoluzionario programma? Non certo senza ostilità,
almeno all’inizio, da parte dei fautori
dell’indirizzo stilistico fino ad allora osservato: non
mancarono momenti difficili sul piano umano, nei rapporti tra il nuovo
maestro e i componenti della cappella musicale, nonché con
alcuni dirigenti amministrativi della stessa. Nel
suo insediamento in qualità di maestro di cappella, il
primo atto ufficiale di Tebaldini – ma non poteva essere
altrimenti – fu quello di sconfessare la tradizione musicale
precedente, incarnata in loco dal compositore
marchigiano Luigi Vecchiotti e dalla sua musica sacra: infatti sia il
nome di questo musicista, allora ancora famoso, che aveva diretto la
cappella musicale della Santa Casa dal 1841 al 1863, sia la sua musica
– all’epoca occasionalmente eseguita dal suo
successore ed allievo Roberto Amadei – ancora risuonavano
sotto le volte del santuario mariano quando Tebaldini vi giunse.
Così il nuovo maestro stigmatizzò impietosamente
il Vecchiotti compositore sacro nel suo articolo Il “motu
proprio” di
Pio X (in “Rivista Musicale Italiana”,
1904); articolo che, a sua volta, suscitò
l’indignata risposta del figlio del compositore denigrato,
che diede alle stampe un opuscolo intitolato In difesa del
maestro Luigi Vecchiotti (Urbino, 1905), prontamente
ristampato in coda a un ulteriore libello antitebaldiniano intitolato Riforma
e decadimento della cappella musicale lauretana (Loreto
1906), dovuto alla penna dell’avvocato Tito Maria Dupont (ma
dietro c’erano anche l’ex sindaco della
città mariana Domenico Santori e don Orlando Borromei) e
indirizzato in forma di “Lettera aperta a SS. Pio
X”. Questi i turbolenti e polemici inizi del magistero
musicale del Tebaldini a Loreto. A
confermare il clima di quei primi anni lauretani, ma, stavolta, in
senso di apprezzamento dell’opera del Tebaldini, ecco uno
stralcio di una lettera inedita (cortesemente comunicatami da Anna
Maria Novelli) a lui indirizzata dal sopra citato don Guerrino Amelli,
già sacerdote regolare, poi monaco benedettino con il nome
di Ambrogio, che fu superiore della storica abbazia cassinese: Montecassino, 5
gennaio 1904 [...] Se io fui un
semplice agitatore per la musica sacra e una voce che gridava nel
deserto, ella ha già dato un nobile contributo alla
restaurazione della musica sacra in Italia, con parole e con opere che
altamente l’onorano. Godo quindi assai che
ella, posto sul candelabro musicale di Loreto, continui ora
più che mai a spandere la luce benefica in codesta insigne
Cappella ottenebrata purtroppo dal falso indirizzo e
dall’infausto esempio del Vecchiotti d’imperitura
memoria nella storia dell’estetica musicale per quel suo
geniale ritrovato di collocare i timpani sotto il catafalco!... [...] Per
capire il riferimento ai “timpani sotto il
catafalco” bisogna dire che Vecchiotti aveva composto una Grande
messa funebre per i morti della battaglia di Castelfidardo,
per soli, cori e orchestra, parte della quale nascosta entro un
catafalco (questo grandioso Requiem fu eseguito a
Loreto per le esequie dello stesso compositore, nel marzo 1863). Ma
anche nelle Marche ci fu chi si rese subito conto
dell’importanza della riforma tebaldiniana. Per esempio,
l’illustre musicologo Giuseppe Radiciotti (Jesi, 1858
– Tivoli, 1931) che, in un articolo comparso sulla
“Rivista Marchigiana Illustrata” del 1907, pur
riconoscendo le difficoltà contro cui Tebaldini ogni giorno
si scontrava, mise in rilievo gli innegabili progressi e il
rinnovamento del repertorio: “Tali risultati ottenuti in
sì breve tempo [quattro anni] danno diritto a sperare che
non sia lontano il giorno in cui da tutte le chiese marchigiane saranno
banditi i duetti, i terzetti, le arie e le cavatine, la musica frivola
e sensuale, per accogliere quella sola che è atta a disporre
l’animo del credente al raccoglimento ed alla
preghiera”. Cominciato
all’insegna dell’incomprensione,
l’ultraventennale periodo lauretano del Tebaldini si
rivelò infine ricco di soddisfazioni professionali,
benché non privo di ulteriori momenti difficili, come in
coincidenza della prima guerra mondiale, quando molti cantori vennero
chiamati alle armi, con grave compromissione
dell’attività della cappella. Allora, quasi a
compensare la ridotta attività sul fronte artistico,
Tebaldini decise, come già aveva fatto per la cappella
antoniana di Padova, di delineare la storia della musica sacra a
Loreto, attraverso il suo cospicuo e fino ad allora inesplorato
archivio: ne scaturì il volume L’archivio
musicale della cappella lauretana. Catalogo storico critico illustrato.
L’importanza del lavoro fu subito còlta da
illustri musicologi e critici dell’epoca. Ancora oggi, a
distanza di quasi novanta anni, quest’opera rimane
fondamentale ed esemplare per l’adesione
dell’autore al dato storico, archivistico e bibliografico,
che non gli impedì però di pronunciare anche
acuti giudizi estetici. Tutto ciò è tanto
più stupefacente se si pensa alle condizioni in cui
lavorò il Tebaldini-musicologo: negli anni difficili
dell’immediato primo dopoguerra, in ambiente di provincia,
lontano da qualsiasi biblioteca specializzata, stretto dalle incombenze
quotidiane del suo incarico. In
quest’ampio lasso di tempo, naturalmente, vi sono stati
progressi nello studio storico e musicologico delle tematiche
lauretane, ma molto resta ancora da fare. L’archivio musicale
di Loreto, con le sue centinaia di brani di diversi autori dal XVI al
XX secolo, resta infatti una vera e propria miniera ancora da
sfruttare. Dico ciò con la piena coscienza
dell’“addetto ai lavori”, per di
più in un momento in cui l’imminente quinto
centenario della fondazione della cappella musicale lauretana suscita
fermenti positivi (si sta organizzando un convegno musicologico
internazionale che sottolinei adeguatamente la storica ricorrenza,
nell’ottobre 2007). Sarà dunque
un’occasione speciale per ricordare anche Giovanni Tebaldini,
il musicista-musicologo bresciano, ma marchigiano d’adozione,
che resse le sorti della Cappella musicale di Loreto in
un’epoca di grandi cambiamenti e trasformazioni nella storia
e nei costumi della musica e della società italiana. Paolo
Peretti 24
Due testimonianze su Giovanni Tebaldini
RIVELÒ
A PIZZETTI CHE COSA È LA MUSICA L’ombra che
continua ad oscurare la figura di Pizzetti si prolunga ancor
più tenacemente attorno a quella di Giovanni Tebaldini la
cui influenza sulla formazione del nostro musicista fu senza dubbio
fondamentale, come testimonierà con riconoscenza lo stesso
Pizzetti dicendo di avergli “rivelato per primo quale sia lo
spirito della musica, cioè che cosa è la
musica”. Tebaldini, bresciano di nascita, aveva rivolto la
propria predilezione allo studio della musica antica, perfezionandosi
in Germania e giungendo ad occupare un ruolo di grande prestigio
culturale come direttore della Schola Cantorum della Basilica di San
Marco a Venezia. Si deve a Verdi, che nutriva per il giovane studioso
una stima non occasionale, se Tebaldini assunse, nel 1897, la direzione
del nostro Conservatorio, l’elemento giusto, pensava il
grande vecchio, affinché si potessero superare gli ostacoli
a quelle riforme di cui la scuola musicale aveva necessità.
Lo constatò subito Tebaldini nel rendersi conto di come
l’insegnamento della musica prescindesse da qualsiasi
riferimento storico e estetico. Si può capire come per il
giovane Pizzetti, entrato due anni prima nella scuola, carico di
fervore e di sogni, l’incontro con Tebaldini abbia
rappresentato uno stimolo di straordinaria tensione. Netto fu subito
l’indirizzo attuato dal nuovo direttore
nell’intendimento di aprire un consapevole sguardo
retrospettivo verso il nostro glorioso passato attraverso i corsi di
canto gregoriano e di polifonia vocale e strumentale, iniziative
destinate a scontrarsi con l’insensibilità e
l’insofferenza dei più. Nella nostra scuola di
composizione, dirà il giovane Pizzetti prendendo
pubblicamente le difese sul giornale, “parlare di Canto
gregoriano e di Polifonia, di Classici, di Palestrina, di Bach, di
Beethoven, era come parlare arabo, perché in tutti noi
c’era la inveterata credenza (acquisita in conservatorio) che
si potesse far della musica senza bisogno di studiare quelle
anticaglie, musica da conciliare il sonno.”. Si
può così capire come l’impresa di
Tebaldini sia stata una battaglia contro i mulini a vento, tanto che
dovrà lasciare il campo dopo pochi anni, nel 1902, tra i
fumi di una polemica in cui alla sordità
dell’ambiente si mescolavano più oscure trame
massoniche. Lasciata Parma, Tebaldini si stabilirà a Loreto
dove dirigerà la Cappella Musicale della Basilica della
Santa Casa fino al 1925. Una figura quella di Tebaldini che oggi
possiamo ritrovare più segretamente attraverso la conoscenza
della vastità del suo impegno, come studioso, organista,
insegnante, compositore, testimone soprattutto di quel travaglio che
nel Novecento ha investito la musica sacra nel difficile rapporto tra
la tradizione e il presente. Grazie all’iniziativa del Centro
Studi di Ascoli Piceno a lui dedicato, sta facendosi luce sul ruolo che
ha avuto Tebaldini nel processo di riforma della musica sacra e
più in generale sulle varie problematiche che andavano ad
aprirsi sul versante liturgico e che un punto d’osservazione
quale quello di Loreto rendeva particolarmente significative. In tale
prospettiva assume una non marginale importanza la pubblicazione del
Carteggio che Tebaldini ha intrattenuto con Corrado Barbieri
che dal 1911 al 1924 fu il vice direttore della stessa Cappella
lauretana; dal 1924 al 1926 sarà insegnante presso il nostro
Conservatorio prima di trasferirsi a Firenze. È uno spaccato
minuto di una realtà che attraverso la cornice
dell’istituzione va colorandosi di tante vicende, rese ancor
più turbate dalla situazione della guerra e del dopoguerra
che preme su quell’arco di anni con inquietudine e disagio.
Un capitolo di una storia che ci guida nella particolarità
di un tessuto sottilmente ramificato in cui si avverte il riflesso di
una più trascolorante condizione culturale quale quella che
l’Italia sta vivendo in quella stagione. Un
altro contributo alla conoscenza di Tebaldini viene da una piccola ma
preziosa pubblicazione, promossa dall’Associazione Corale
Culturale Filippo Marchetti di Camerino, dedicata ad una composizione
che per i suoi contenuti e le stesse vicende creative appare un
po’ come la sintesi della visione poetica di
Tebaldini. Si tratta dell’oratorio Caeciliae Nuptiae
che Tebaldini si accinse a comporre nell’estate del 1898,
destinandolo alla memoria della figlia Cecilia morta a soli quattro
anni e sepolta nel piccolo cimitero di Vizzola di Taro dove Tebaldini
spesso soggiornava. Le testimonianze del giovane Pizzetti che seguiva
la nascita del lavoro ci dicono quale fosse il fervore che guidava il
musicista e pure l’ansia di poterne ammirare gli esiti. Che
invece tardarono, in quanto Tebaldini per quasi trent’anni
accantonò il lavoro per riprenderlo solo nel 1930. Tebaldini
che ha mantenuto un rapporto sempre stretto con Pizzetti, ormai
divenuto una celebrità, lo tiene informato non
nascondendogli le perplessità che nascono proprio da quella
riscoperta del gregoriano intesa più come moda culturale che
non come più profonda appropriazione:
“…anche ai Malipiero, Respighi, e Casella i quali
di un simile genere d’arte - giurerei - non han mai capito
né capiscono ancora nulla”. Poi
c’è il confronto con Perosi, allora dominante e
portatore anch’egli di una visione lontana dal suo sentire.
Finalmente nel novembre del 1931 il “poemetto
gregoriano” è compiuto, dedicato dal maestro a
Pizzetti; il quale non potendo essere presente alla prima esecuzione
veneziana, il giorno della festa di Santa Cecilia di quello stesso
anno, si farà promotore di un’esecuzione a Milano
nell’aprile del 1932. Alcuni anni dopo, nel settembre del
1941, Tebaldini farà dono della partitura autografa della
prima versione a Pizzetti, oggi conservata presso la sezione musicale
della Biblioteca Palatina: sull’ultima pagina si legge
l’annotazione autografa: “Terminato di copiare a
Tavernola il 15 settembre 1901 | durante le mie battaglie parmensi |
col cuore in pena, ma saldo e fermo
…”. Gian
Paolo Minardi
25
Giovanni
Tebaldini. Un direttore da Verdi a Pizzetti L’ombra
che continua ad oscurare la figura di Pizzetti si prolunga ancor
più
tenacemente attorno a quella di Giovanni Tebaldini la cui influenza
sulla
formazione del nostro musicista fu senza dubbio fondamentale, come
testimonierà
con riconoscenza lo stesso Pizzetti dicendo di avergli
“rivelato per primo
quale sia lo spirito della musica, cioè che cosa
è la musica”. Tebaldini,
bresciano di nascita, aveva rivolto la propria predilezione allo studio
della
musica antica, perfezionandosi in Germania e giungendo ad occupare un
ruolo di
grande prestigio culturale come direttore della Schola Cantorum della
Basilica
di San Marco a Venezia. Si deve a Verdi, che nutriva per il giovane
studioso
una stima non occasionale, se Tebaldini assunse, nel 1897, la direzione
del
nostro Conservatorio, l’elemento giusto, pensava il grande
vecchio, affinché si
potessero superare gli ostacoli a quelle riforme di cui la scuola
musicale
aveva necessità. Lo constatò subito Tebaldini nel
rendersi conto di come
l’insegnamento della musica prescindesse da qualsiasi
riferimento storico e
estetico. Si può capire come per il giovane Pizzetti,
entrato due anni prima
nella scuola, carico di fervore e di sogni, l’incontro con
Tebaldini abbia
rappresentato uno stimolo di straordinaria tensione. Netto fu subito
l’indirizzo attuato dal nuovo direttore
nell’intendimento di aprire un
consapevole sguardo retrospettivo verso il nostro glorioso passato
attraverso i
corsi di canto gregoriano e di polifonia vocale e strumentale,
iniziative
destinate a scontrarsi con l’insensibilità e
l’insofferenza dei più. Nella
nostra scuola di composizione, dirà il giovane Pizzetti
prendendo pubblicamente
le difese sul giornale, “parlare di canto gregoriano, e di
Polifonia, di
Classici, di Palestrina, di Bach, di Beethoven, era come parlare arabo,
perché
in tutti noi c’era la inveterata credenza (acquisita in
conservatorio) che si
potesse far della musica senza bisogno di studiare quelle anticaglie,
musica da
conciliare il sonno.”. Si può così
capire come l’impresa di Tebaldini sia stata
una battaglia contro i mulini a vento, tanto che dovrà
lasciare il campo dopo
pochi anni, nel 1902, tra i fumi di una polemica in cui alla
sordità
dell’ambiente si mescolavano più oscure trame
massoniche. Lasciata Parma
Tebaldini si stabilirà a Loreto dove dirigerà Un
altro contributo alla
conoscenza di Tebaldini viene da una piccola ma preziosa pubblicazione,
promossa dall’Associazione Corale Culturale Filippo Marchetti
di Camerino,
dedicata ad una composizione che per i suoi contenuti e le stesse
vicende
creative appare un po’ come la
sintesi
della visione poetica di Tebaldini. Si tratta dell’oratorio Caeciliae Nuptiae che Tebaldini si
accinse a comporre nell’estate del 1898, destinandolo alla
memoria della figlia
Cecilia morta a soli quattro mesi e
sepolta nel piccolo cimitero di Vizzola dei Taro dove Tebaldini
risiedeva. Le
testimonianze del giovane Pizzetti che seguiva la nascita del lavoro ci
dicono
quale fosse il fervore che guidava il musicista e pure
l’ansia di poterne
ammirare gli esiti. Che invece tardarono, in quanto Tebaldini per quasi
trent’anni accantonò il lavoro per riprenderlo
solo nel 1930. Tebaldini che ha
mantenuto un rapporto sempre stretto con Pizzetti, ormai divenuto una
celebrità, lo tiene informato non nascondendogli le
perplessità che nascono
proprio da quella riscoperta del gregoriano intesa più come
moda culturale che
non come più profonda appropriazione:
“…anche ai Malipiero, Respighi, e Casella
i quali di un simile genere d’arte – giurerei - non
han mai capito né capiscono
ancora nulla”. Poi c’è il confronto con
Perosi, allora dominante e portatore anch’egli
di una visione lontana dal suo sentire. Finalmente nel novembre del
1931 il
“poemetto gregoriano” è compiuto,
dedicato dal maestro a Pizzetti; il quale non
potendo essere presente alla prima esecuzione veneziana, il giorno
della festa
di Santa Cecilia di quello stesso anno, si farà promotore di
un’esecuzione a
Milano nell’aprile del 1932. Alcuni anni dopo, nel settembre
del 1941,
Tebaldini farà dono della partitura autografa della prima
versione a Pizzetti,
oggi conservata presso la sezione musicale della Biblioteca Palatina:
sull’ultima pagina si legge l’annotazione
autografa: “Terminato di copiare a
Tavernola il 15 settembre 1901 / durante le mie battaglie parmensi /
col cuore
in pena, ma saldo e fermo …
“ Gian
Paolo Minardi 26
DUE MUSICISTI BRESCIANI: MARCO ENRICO
BOSSI E GIOVANNI TEBALDINI UNA LUNGA E SINCERA AMICIZIA Marco
Enrico Bossi (Salò, 1862 -
traversata New York-Le Havre, 1925) e Giovanni Tebaldini (Brescia, 1864
- San
Benedetto del Tronto, 1952), che in vita erano stati legati da sincera
amicizia, dall’attività artistica e da ideali
estetici ed etici, si sono
ritrovati in un CD, edito di recente da “ Il
brano di Bossi, da lui
eseguito per la prima volta nel Duomo di Como (1888) durante il
concerto
d’inaugurazione dell’organo Bernasconi,
è strutturato in tre tempi con
“soluzioni coloristiche di assoluta
novità”. Ardito il Finale
in cui si incontrano le tonalità più distanti. Quello
di Tebaldini, diviso in
quattro tempi, è ispirato al corale “Herzliebster
Jesu”. Rimasto inedito, è
stato pubblicato nel 2005 da “Carrara” di Bergamo
nell’edizione critica del
musicologo Dino Rizzo di Busseto ed ha destato un certo interesse
presso gli
specialisti del settore. Le esecuzioni si devono al noto organista
M° Giovanni
Feltrin e al CoroinCanto diretto
dalla cantante Marina Bottacin. Il
Cd è stato presentato il 2
dicembre scorso a Treviso, nel corso di un concerto tenuto nella
Cattedrale,
alla presenza di un pubblico numerosissimo che ha apprezzato la
qualità delle
sonate e la professionalità degli interpreti. Bossi
e Tebaldini si conobbero al
Conservatorio di Milano nel La
comune passione per l’organo e
la partecipazione ai collaudi di quelli liturgici dopo il restauro
(necessario
per eseguire determinate composizioni), l’impegno
nell’attuazione della riforma
della musica sacra, l’adesione al movimento ceciliano, la
nomina a membri della
Commissione Permanente per l’Arte Musicale del Ministero
della Pubblica
Istruzione, fecero incrociare spesso le loro strade e dettero coesione
al rapporto
personale. Tebaldini
racconta2: “[…]
In parecchie circostanze il Bossi mi fu compagno nei passi percorsi
durante la
mia carriera artistica. E l’ebbi accanto a me ripetutamente,
in occasioni
solenni e memorabili sotto le volte dorate del magico San Marco di
Venezia ed
ancora più tardi a Sant’Antonio di Padova.
Né posso tacere che nel settembre
del 1892, mentre egli occupava il posto di professore
d’organo al Conservatorio
di Napoli, trovatici assieme in un ameno paesello sulle rive
dell’Adda [Vaprio],
a me caro per affetti familiari, in pochi giorni, dividendoci il
lavoro,
compiemmo quella Messa pro Defunctis che,
presentata al concorso indetto dalla R. Accademia Filarmonica Romana,
venne
poscia premiata e prescelta per l’esecuzione che ebbe luogo
sotto la nostra
direzione nel gennaio successivo al Pantheon pei funerali [messa
annuale in
suffragio] di Vittorio Emanuele II e che costituì -
dirò così - il nostro
debutto nell’ambiente musicale di Roma. Di poi [1894]
lavorammo ancora assieme
a quel Metodo di studio per
l’organo
moderno[3] che fece testo nelle
scuole d’Italia e che pur
all’estero venne accolto con favore e consenso. Chiamato nel
1895 alla
direzione del Liceo Marcello di Venezia, dove a me compagno nelle
esecuzioni in
San Marco aveva il Bossi lasciato di sé grato e vivo ricordo
come artista
superiore, fu per mia sollecitudine che - svelatagli la grandiosa
bellezza
della Trilogia dei Pirenei di
Felipe
Pedrell, appena allora recata da un viaggio in Ispagna - si accinse a
far
eseguire quel superbo Prologo che
illustrato, assieme al resto dell’opera grandiosa del maestro
catalano, da una
mia calorosa esegesi, meravigliò e sorprese il pubblico
veneziano[4]”. Purtroppo
Bossi morì il 21
febbraio 1925 per una meningite fulminante, a seguito di una otite mal
curata,
mentre si trovava sul vapore Degrasse. Tebaldini
un mese dopo, per
incarico dell’Associazione “Alessandro
Scarlatti” di Napoli, tenne una sentita
commemorazione “ridestando, in breve, con animo commosso e
efficace parola,
tutte le memorie riferentesi alla vita artistica di chi gli fu,
più che amico,
fratello”5. Nel mezzo del suo discorso
rievocava i tempi milanesi
quando “[...]
si battagliava anche contro il parere di alcuni nostri insegnanti, onde
persuadere i costruttori d’organi a concedersi le due
tastiere di sessant’un
tasti; i registri intieri; la pedaliera cromatica di trenta, od almeno
di
ventisette pedali, onde ne fosse dato tentare di metterci in grado di
poter
imparare a conoscere la letteratura organistica che in Italia era
rimasta, sino
ad allora, libro chiuso ed intonso per tutti. E dal Conservatorio - non
dalla
scuola, purtroppo - ma dai corridoi, dai cortili, dalla piazza
circostante (Amori et dolori sacrum
dice l’epigrafe
posta sulla facciata della Chiesa della Passione: epigrafe che divenne
quasi la
nostra divisa), dalle borgate della provincia in cui, alla domenica,
andavamo
guadagnandoci il poco pane necessario al sostentamento della settimana;
di là,
e per opera di pochi, incominciò quell’azione
assidua, perseverante e tenace
che in Enrico Bossi ebbe il suo massimo esponente: azione la quale
doveva
portare - finalmente - alla instaurazione in Italia di una vera scuola
organistica e, conseguentemente, alla rivelazione ed alla creazione di
tutto un
nuovo mondo di arte pura”6. Tebaldini,
tra altri episodi
narrati, accenna all’opera di Bossi Il
Veggente, dalla “concezione musicale ardita; piena
di slancio e di
passione” che, rappresentata al Dal Verme di Milano nel 1890,
sollevò vivaci
polemiche “pel
soggetto in esso preso a trattare. In breve il Bossi, afflitto, ma
rassegnato,
per le mie insistenze convenne intorno alla necessità di
ritirare la propria
partitura. [...] Fui vicino al Bossi in quelle ore combattute e mi gode
l’animo
di ricordare che, forse, la mia parola confortatrice ha valso, malgrado
l’amaro
disinganno, ad infondergli fiducia nel proprio avvenire”7. Una
lunga corrispondenza li aveva
tenuti in contatto anche quando erano agli antipodi per motivi
di lavoro. Reciprocamente si sono dedicati delle
composizioni: Arrilia di Bossi a
Tebaldini; Veritas mea e Marche grave
(da Trois
Pièces d’Orgue) di Tebaldini a Bossi. Negli
ultimi anni la loro
produzione musicale è divenuta oggetto di studi e di
esecuzioni. Di
Bossi nel 2005 è andata in
scena, al Teatro Comunale di Bologna, l’opera Malombra;
è in corso la realizzazione dell’Opera
Omnia delle sue composizioni organistiche, che
occuperà ben
nove volumi, a cura del prof. Andrea Macinanti e di altri esperti per
l’editore
Carrara di Bergamo; varie sono le registrazioni di musiche
cameristiche. Di
Tebaldini si va riscoprendo la
produzione sacra e profana. Ultimamente, nell’ambito del
Festival
Internazionale Settembre in Musica
di
Ascoli Piceno l’organista croata Ljerka Ocic ha eseguito Trois Pièces d’Orgue,
op. 16 nn. 1-2-3
del 1896. Nell’ottobre scorso, per il quinto centenario della
costituzione della Cappella musicale di Loreto, in un Convegno
Internazionale
si è dato particolare rilievo all’azione di
rinnovamento da lui intrapresa
negli anni del suo direttorato (1902-1925). Il 16 dicembre, a chiusura
delle
celebrazioni, nella Basilica della Santa Casa c’è
stato un concerto con opere
di due ex direttori della Cappella: Francesco Basily e Giovanni
Tebaldini. Di
quest’ultimo è stata riproposta Anna Maria
Novelli _______ 1. GIOVANNI TEBALDINI, Un
nido di Memorie (II),
«L’Italia», 11giugno 1942. 2. GIOVANNI
TEBALDINI, Enrico
Bossi, «L’Idea Nazionale», 3
febbraio 1916. L’articolo fu
pubblicato in occasione della nomina di Bossi a direttore del
Conservatorio S.
Cecilia di Roma. 3. Tebaldini
curò la parte teorica e
storica.
L’edizione, ristampata per più di cento anni,
è tuttora nel catalogo della
Carisch di Milano. 4. Al
riuscito concerto seguì un suntuoso
ricevimento nel Palazzetto dell’artista spagnolo Mariano
Fortuny, dove
solitamente si riunivano gli intellettuali veneziani. Tra gli assidui
frequentatori vi erano anche Bossi e Tebaldini. 5. Commemorazione
di M. E. Bossi, «L’Arte
Pianistica», a. XII, n. 3, Napoli, febbraio 1925,
p. 6. 6-7. Stralci dal Discorso
commemorativo di Marco Enrico
Bossi, tenuto da Tebaldini alla Sala
“Maddaloni” in Napoli il 24 marzo TEBALDINI,
UNA «SONATA»
PER RISCOPRIRE
L’ARTISTA AMATO DA VERDI E
PIZZETTI Un
raro disco prodotto da «La
bottega discantica», dedicato alla nostra produzione
organistica agli inizi del
‘900, ci offre la felice opportunità di ascoltare
una pagina di ampio respiro
quale la «Sonata per organo e coro» di Giovanni
Tebaldini, una personalità
complessa di musicista e di studioso che l’inesorabile
crivello del tempo ha
lasciato in ombra oscurandone l’importanza. Tebaldini
è stato infatti uno dei
pionieri impegnati nel recupero delle nostre grandi tradizioni, dal
gregoriano
a Palestrina, e tale insegnamento ha trasfuso nei suoi allievi, primo
fra tutti
il nostro Pizzetti che gli fu devoto negli anni di apprendistato presso
il
nostro Conservatorio la cui direzione, per suggerimento di Verdi, fu
appunto
affidata a Tebaldini; esperienza esaltante quanto amara per il
musicista
bresciano il quale si scontrò con un ambiente ostile alle
sue illuminate
aperture e alla fine dovette abbandonare il campo. Proprio in quel
periodo
travagliato nasce la «Sonata» (edita ora a cura di
Dino Rizzo), testimonianza
significativa dell’impegno di Tebaldini quale animatore del
movimento
ceciliano, teso a ridare alla musica sacra quella dignità
che nell’Ottocento le
infiltrazioni melodrammatiche avevano non poco insidiato; e al tempo
stesso a
collegarsi con le più avanzate esperienze
d’oltralpe, in parallelo
all’attenzione che i vari Martucci e Sgambati avevano rivolto
al grande
sinfonismo tedesco. Caratteri che si possono ben rilevare nella densa
tessitura
della «Sonata», con l’originale
inserzione nel primo e quarto movimento del
coro (pochi anni dopo Busoni l’avrebbe ripresa nel suo
monumentale Concerto per
pianoforte e orchestra) e nella sensibile trama della visione armonica.
Il
quadro svelato da questa bella pagina si illumina ulteriormente con le
altre
composizioni proposte nel disco, le Sonate di Filippo Capocci e di
Pietro
Alessandro Yon e in particolare quella di un altro importante testimone
delle
ansie del proprio tempo quale fu Marco Enrico Bossi che con Tebaldini
divise la
redazione dell’ ancor oggi fondamentale «Metodo
teorico-pratico per organo». Il
tutto affidato alla sapiente esecuzione sullo strumento della
Cattedrale di
Treviso di Giovanni Feltrin.
g.[ian]p.[aolo]m.[inardi]
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