Dal carteggio Tebaldini-Barbieri LA STORIA DELLA CAPPELLA MUSICALE DI LORETO di Anna Maria Novelli*
La recente acquisizione da parte della Fondazione Cassa di Risparmio di Loreto di oltre cento lettere del musicista e musicologo Giovanni Tebaldini (direttore della Cappella Musicale della Santa Casa di Loreto dal 1903 al 1925), indirizzate al Maestro Corrado Barbieri (suo vice dal 1911 al 1925), ha permesso di ricostruire quindici anni di vita dell’importante Istituzione, da quando i cantori erano all’apice della fama internazionale al triste periodo della Prima Guerra Mondiale. Quel conflitto, infatti, portò un disorientamento generale e colpì anche la Cappella che riprese l’attività esterna intorno al 1917 con pregevoli esecuzioni liturgiche e concerti tenuti anche fuori delle Marche. Da ricordare i Concerti spirituali di Bologna (1917-1923); la partecipazione alle esequie dell’eroe Francesco Baracca a Lugo di Romagna (1918), l’esecuzione della Trilogia Sacra tebaldiniana a Ravenna per il VI Centenario Dantesco (1921); le Feste per la Beatificazione di Suor Capitanio a Lovere di Bergamo (1924). Giunto a Loreto dopo il proficuo ma tormentato direttorato al Conservatorio di Parma, Tebaldini aveva ripreso la battaglia in favore della riforma della musica sacra iniziata fin dal 1885, prima attraverso le colonne di quotidiani e periodici specializzati a cui collaborava, poi nelle Cappelle di Venezia e Padova, appoggiato dal Vescovo Giuseppe Sarto che, divenuto pontefice col nome di Pio X, emanò il Motu proprio fissando i criteri da seguire per ridare dignità e autorevolezza alla musica da chiesa. Tebaldini a Loreto ben presto diede prova di voler attuare programmi ambiziosi, grazie alla seria formazione culturale, agli alti ideali e alla salda fede cattolica. In un articolo apparso sulla “Rivista Marchigiana Illustrata” nell’aprile 1907, il noto musicologo Giuseppe Radiciotti di lui scrive: “infaticabile, coscienzioso, intelligentissimo artista, che si è proposto di far della storica Cappella centro e scuola di vera musica sacra, faro luminoso che diffonda i suoi benefici raggi su l’intera regione, e da questa su tutte le altre parti d’Italia”. E in altra pubblicazione il critico Enrico Magni Dufflocq aggiunse che “seppe lottare contro sacerdoti retrogradi e anticlericali ignoranti, i maggiori responsabili della indifferenza italiana per il patrimonio gregoriano” riuscendo “ad imporre ai riottosi la sua volontà e a ridare al canto in chiesa quell’impronta di classicità che da lungo tempo aveva perduto”. Dalla corrispondenza si evince che i rapporti con Corrado Barbieri iniziano, per interposta persona, nel 1910, quando il canonico di Atri, Aristotile Pacini, si rivolge a lui per caldeggiare l’assunzione del nipote toscano al posto di vice direttore. Tebaldini tiene subito a precisare:
[...] La nostra Cappella è – lo dico francamente – una specie di Calvario. Le esecuzioni cui il M° Vice Direttore [deve attendere] sono tre – non meno – ne’ giorni feriali; mentre lo stesso aiuto al Direttore ne’ giorni festivi reca altro palese impegno e nuova fatica. A tutto ciò aggiunga la scuola di canto corale per fanciulli ed adulti; la necessità di essere addestrato nel canto gregoriano… e finalmente l’esiguità del compenso (£ 200 mensili) che se può significare qualche cosa per chi sia al posto fisso, con diritto d’aumento sessennale ed a pensione, ben poco rappresenta per un maestro che si trovi qua interinalmente. [...] (da Loreto, 11.XII.910)
Barbieri accetta le condizioni e sarà un collaboratore disponibile e competente. Aiuterà il suo superiore anche nelle trascrizioni di musiche antiche che il Maestro andava riesumando dall’Archivio Loretano e da altre Biblioteche italiane. Quando, ad esempio, nel 1912 è impegnato per alcuni concerti storici all’Augusteo di Roma dove, tra l’altro, presenta, per la prima volta in Italia, la trascrizione e riduzione di Rappresentazione di Anima e Corpo di Emilio de’ Cavalieri (opera del 1600 che diede inizio al melodramma), il Barbieri lavorerà accanto a lui e nella pubblicazione del 1914 sua è la riduzione per canto e pianoforte. Tebaldini aveva piena fiducia nelle sue capacità, così nelle frequenti assenze da Loreto per concerti, conferenze e convegni, poteva essere sicuro che tutto sarebbe andato per il verso giusto. Dal carteggio emergono pure informazioni sui rapporti con i cantori, speso popolani, i quali erano chiamati ad osservare regole di comportamento e ad applicarsi in numerose prove per raggiungere la necessaria preparazione. Tebaldini, noto per la sua intransigenza, aveva redatto un regolamento che tutti dovevano rispettare. Da Milano l’11 marzo 1911 consigliava al suo vice:
[...] Durante la settimana faccia le sue prove assiduamente e regolarmente. Li tenga pur sotto non meno di un’ora e mezza. Poi alterni anche i ragazzi cui potrebbe far scuola (chiamando i Contralti Bracalenti e Braccialarghe) il lunedì, mercoledì e venerdì, riservando martedì e giovedì ai soli uomini, ed il sabato alle prove d’assieme. [...] [...] Le raccomando anche la scuola di Banda. Si affidi per l’ordine e la disciplina e la regolarità anche al Sig. Giostra Amedeo. [...]
E qualche giorno dopo: [...] Pei permessi in Settimana Santa La prego di informare il Sig. Amministratore di ciò che mi ha scritto e di dirgli che per conto mio quest’anno non si può e non si deve dare alcun permesso. E che ad essi io per dovere non posso dare il mio consenso. [...] (da Milano, 15.III.911)
Nel periodo bellico Barbieri e alcuni dei migliori cantori furono richiamati alle armi. Il direttore dovette sostenere il peso di tutte le esecuzioni in Basilica (oltre mille all’anno), sopperendo, come meglio poteva, alle defezioni e scrivendo spesso all’Amministrazione per rappresentare la situazione che mal si confaceva alla sua dignità di artista stimato in ambito europeo:
[...] Matthey [famoso organista] è a Torino per cercare di farsi assegnare se può al Deposito di Ancona: nel qual caso avrebbe la visita [militare] domani. A giorni anche Santini dovrà subirla: ma è a ritenersi abbia ad essere riformato definitivamente. Dei preti sono colpiti il Can.co Di Cocco, Saffi, Borromei, Pagliari, Melchiori, Bianchi e Marconi non tutti riformati ma alcuni abili, quindi prossimi ad essere chiamati anch’essi. Allora cosa si farà in Basilica? Staremo a vedere. I servizi mantenuti ridotti dal luglio malgrado le proteste del Vescovo e del Capitolo dovranno certamente ridursi ancora. [...] Per fortuna che i ragazzi se la cavano discretamente e sono abbastanza in voce. Ma anche di essi non posso abusare per non rimanere poi con un pugno di mosche. [...] (da Loreto, 24.X.916)
Interessante anche la ricostruzione del contesto storico-ambientale di quegli anni. Tebaldini - nato a Brescia (la leonessa d’Italia), figlio di un garibaldino dell’Impresa dei Mille, nipote di un combattente della Seconda Guerra d’Indipendenza - in una lettera del 21 maggio 1917, manifesta a Barbieri il suo spirito combattivo e patriottico:
[...] Dunque Lei si trova poco distante dalla linea di combattimento; ciò che vuol dire in pericolo permanente. Ora ha bisogno certo di tutto il suo coraggio, della sua fermezza e di tutta quella forza d’animo che Le ha fatto sentire sempre la bontà e la bellezza della causa per la quale offre il suo braccio. E se io Le dicessi che La invidio? Mi osserverà “perché Lei è sicuro di rimanere a casa”. No, caro Maestro, io vorrei essere lì con Lei, capace di far tacere ogni altro sentimento! Vorrei esservi e non potendolo mi vergogno di me stesso; questo scrissi l’altro jeri al Generale Ciancio Comandante il 3° Corpo di Armata. Essere bresciano: figlio e nepote di gente che tanto ha fatto per il proprio Paese, e doversi accontentare, in momenti tanto tragici, di fare… della musica. È umiliante assai! [...]
Subito dopo conclude riprendendo l’argomento della conduzione della Schola Cantorum con toni critici, ma tolleranti:
[...] In Cappella? Siamo diventati tutti routiniers in modo deplorevole. Vorrei ribellarmi a questo andazzo, ma come fare se questa povera gente vale, sì tanto poco, ma pure è sì male ricompensata? [...]
Ancora da Loreto, il 5 giugno del ‘917: [...] Qui le notizie delle imprese audaci e fortunate del nostro esercito hanno infuso nell’animo dei più, fede ed orgoglio. Vi sono i pessimisti cui la sola mancanza dei dolci a tavola o del pane bianco sembra dar diritto di protestare contro la guerra e contro le sue finalità. Ma costoro non possono essere considerati che dei vili cui il Governo farebbe bene a mettere… il bavaglio di ferro. Lei sa che io dapprincipio, per la conoscenza che ho dei paesi tedeschi, ed in fondo per quel tanto di coltura che mi sono formato studiando in Germania, esitai ad entrare spiritualmente nella orbita della necessità di questa guerra. Ma passatemi da innanzi agli occhi le nebbie sentimentali, sentii tutta la bellezza del nostro sforzo e del nostro sacrificio. [...]
Alla disfatta di Caporetto, ecco i suoi commenti: [...] Che tremenda disgrazia è stata mai la nostra! Ricorda, caro Maestro, i miei dubbi sulla lealtà dei russi e degli slavi in genere: ricorda le mie riserve sulla compattezza e resistenza nostra di fronte al dilagare dell’iniqua propaganda antinazionale? [...] Meglio non avvilirsi; sperare e lottare virilmente… piuttosto che ricercare le cause delittuose dello scempio fatto del nostro bel paese. Ah, il caro Veneto! La Carnia, il Friuli, il Cadore. Ed i nostri luoghi di vacanza a Feltre: su pei monti di Asiago. Che orrore pensandoli in balia del nemico. E quale nemico! [...] (da Bologna, 22.XI.917)
Infine, visto il felice esito di Vittorio Veneto, esulta ironizzando sugli sconfitti: [...] Ho molto gradito la sua lettera del 4 corr. giorno di San Carlo e quindi onomastico dell’ex Imperatore d’Austria cui saranno giunti molto grati i nostri rumorosi auguri. Ogni commento guasterebbe!!! Macaroni, magna polenta, chitarristi, mandolinisti, tenori, ecc. Che tremenda batosta[!] Ma chi l’avrebbe sognata un mese fa. Italia espressione geografica… e Austria oggi… espressione storica! Abbiamo vissuto più in questa gloriosa settimana che non in quarant’anni di vita. A Loreto sono state liberate le porte della Basilica, così il povero Sisto V. Si dovrebbe cantare il Te Deum, ma la Prefettura non ne dà ancora il permesso a causa della spagnola. Speriamo vada anch’essa dove si sono rintanati gli Austriaci, tanto più che fra i Borboni d’Austria e quelli di Spagna è corsa sempre intimità di sangue. [...] (da Loreto, 8.XI.918)
Le lettere informano che il Barbieri, da persona responsabile, anche in guerra aveva fatto il suo dovere, tanto da meritare una croce al merito. Durante le licenze era sempre tornato a Loreto, magari di passaggio diretto ad Atri, per coadiuvare il suo stimato direttore in qualche esecuzione di rilievo. Dopo un decennio di sodalizio professionale e umano si abbatté su Tebaldini una terribile disgrazia familiare: l’ultima sua figliola, Anna Pia (la più amata, perchè pianista prodigio e sua erede artistica), si ammalò irreparabilmente. Morirà a soli 16 anni a Brescia dove i genitori l’avevano portata per curarla adeguatamente. Barbieri in quella triste circostanza, si sostituì in tutto a Tebaldini, sostenendo moralmente anche le altre figlie rimaste a Loreto. Per la morte della ragazza organizzò l’esecuzione di una Messa da Requiem destando il compianto di tutti i presenti. Nel 1925 giunse per Tebaldini il momento del collocamento a riposo. Pur mantenendo la casa di Loreto, per alcuni anni sarà al Conservatorio “San Pietro a Majella” di Napoli, chiamato dall’amico Francesco Cilèa ad insegnare “Canto gregoriano ed Esegesi palestriniana”. Barbieri, non trovando più il suo appoggio, accetterà la docenza nel Conservatorio di Parma e, l’anno successivo, si trasferirà presso il Conservatorio di Firenze dove resterà fino alla scomparsa, avvenuta prematuramente nel 1938, a soli 55 anni. Le peculiarità della corrispondenza, ricca di notizie inedite e di analisi, sono tante: impossibile riassumerle in poco spazio. Rilevante, quindi, il merito della Carilo che, ancora una volta, per valorizzare i più significativi accadimenti locali, ha voluto che questo patrimonio culturale non andasse disperso e si propone di farne una documentata pubblicazione.
(da "Hat" numero 43/2006, pp. 48-50)
______ * Novelli Anna Maria (San Benedetto del Tronto, 1942 – vive e lavora ad Ascoli Piceno) ha insegnato fino al 2002. È nipote di Giovanni Tebaldini e opera presso il Centro Studi e Ricerche a lui intitolato. Da ricercatrice di storia locale, in collaborazione con Luciano Marucci e Renato Novelli, ha pubblicato il libro-inchiesta A memoria d’uomo - Cultura Popolare nel Piceno tra Sociologia e Arte (1998) e ha coordinato “Laboratori di ricerca” per conto dell’Istituto per il Movimento di Liberazione nelle Marche di Ascoli Piceno, collaborando alla realizzazione di uno schedario didattico per la fruizione del Museo delle Anfore di San Benedetto del Tronto. Sempre con Marucci, ha curato il libro-catalogo Rodare la fantasia con Rodari ad Ascoli (2000), l’esposizione “FantaIronia” e gli atti relativi alla Giornata di studi sullo scrittore; per il centenario verdiano del 2001 l’edizione Idealità convergenti. Giuseppe Verdi e Giovanni Tebaldini. Nello stesso anno ha redatto la parte storica del libro Per un Epicedio. Ha collaborato a periodici di pedagogia (“Tuttoscuola”), letteratura (“Hortus”), storia (“Il Santo”), musica (“Rivista Internazionale di Musica Sacra”, “BresciaMusica”), tradizioni (“Hat”) e arte contemporanea (“Juliet”). Suoi reportages di viaggi sono apparsi su “Avventure nel Mondo”. Ha diretto “Laboratori di creatività” ispirati alle tecniche dell’artista e designer Bruno Munari e di Rodari e partecipato, come animatrice, a due edizioni della “Settimana dei Bambini del Mediterraneo” di Ostuni. Attualmente è impegnata anche nella elaborazione dei materiali informativi per questo sito web.
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