Carteggio Giuseppe Verdi-Giovanni Tebaldini

 

 

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Genova 18 Feb: 18961

Eg. Maestro Tebaldini,

Voglia accettare le mie scuse, se non le ho parlato del suo libro ch’Ella gentilmente mi inviava. Fui a Milano per qualche tempo, e tanto occupato da non aver un momento di quiete per leggere quella sua Illustrazione molto ben fatta, e molto utile tanto per la parte storica quanto per la parte critica, sempre calma, imparziale, severa e profonda.

Ella parla a lungo del P. Vallotti2 di cui io sono ammiratore... anzi ricono­scente per alcuni studi fatti su suoi temi nella mia gioventù; ed a p. 45 vedo citato un Te Deum del P. Vallotti!

È stata una sorpresa per me che cerco da tanto tempo questa Cantica musicata, senza trovarla né in Palestrina, né in altri suoi contemporanei! Di altri Te Deum scritti per occasione alla fine del secolo passato, od al princi­pio di questo, mi importa poco: ma mi piacerebbe assai conoscere questo del Vallotti... qualunque ne sia il valore.

Mi rivolgo per questo a Lei, e le domando se è possibile farne estrarre una copia, ben s’intende per conto mio, e mandarmela qua, a Genova. Se non si può, non ne parliamo più, e perdoni l’ardita domanda.

RingraziandoLa intanto della sua gentilezza e rallegrandomi con Lei mi pregio dirmi

Suo Dev.: G. Verdi

 

1. Con questa lettera ha inizio la corrispondenza diretta tra Giovanni Tebaldini e Giuseppe Verdi. In realtà il Maestro di Busseto aveva avuto rapporti con lui anche due anni prima, a mezzo di Giulio Ricordi, quando cercava l’ispirazione per delle Danze da aggiungere alla rappresentazione di Otello all’Opéra di Parigi. In data 21 giugno 1894 Tebaldini riceveva la seguente lettera “riservata” da parte dell’Editore:

“[...] Sarebbe possibile trovare uno spunto, una indicazione qualsiasi di

Canzone e Danza popolare veneziana 1400-1600;

2°     idem                  idem                    greca         idem

O nella Biblioteca Marciana o altrove crederebbe Ella riuscire a scovare quanto su indicato? Farebbe un vero favore al M° Verdi che vorrebbe avere un’idea purchessia.

[La ringrazio anticipatamente e con distinta stima mi replico suo]

dev. Giulio Ricordi”              

    In risposta Tebaldini inviò una pavaniglia risalente al 1597, tratta da una Raccolta di varii balli fatti in occorrenza di nozze di Fabritio Caroso da Sermoneta, pubblicata a Roma nel 1630, che però non rispondeva a ciò che Verdi cercava. Nel 1895 Tebaldini aveva dato alle stampe L’archivio musicale della Cappella Antoniana in Padova – Illustrazione storico-critica con cinque eliotipie (Tipografia e Libreria Antoniana, Padova, 1895, pp. III-IX e 1-175). Aveva realizzato lo studio quando dirigeva la Cappella Musicale della Basilica di Sant’Antonio a Padova. Aveva inviato una copia dell’edizione ad Arrigo Boito e a Verdi. Il primo gli rispose da Milano l’8 febbraio 1896:

    “Caro Maestro e Collega, non volevo ringraziarla prima d’avere assaggiato il dono, e il tempo d’assaggiarla attentamente m’è fino ad ora mancato. Oggi (la prego di perdonarmi se è tardi) la ringrazio, e dopo aver letto e apprezzato e chiuso il bel volume sono andato a collocarlo nella mia libreria in un degnissimo posto. Ella ha saputo raccogliere in breve tempo e coordinare assai bene ed esporre con chiarezza molti materiali notevolissimi. Le tre figure grandeggianti del volume: Costanzo Porta, il Vallotti, il Tartini, fanno nascere il desiderio di pubblicazioni più ampie e questa è la missione d’un editore di buona volontà. Auguro che codesto editore si trovi e che l’edizione esca completa e illustrata da Lei. A rivederci non so quando, o a Roma o a Padova o a Milano. Intanto di nuovo la ringrazio e la saluto amichevolmente  aff. Arrigo Boito”.

La lettera fu pubblicata a pag. 16 de L’Archivio musicale della Cappella Lauretana e in Lettere di Arrigo Boito raccolte e annotate da Raffaello de Rensis (Società editoriale di Novissima, Roma, 1932, pp. 277-278).

Verdi ringraziò Tebaldini con la lettera sopra riportata e, lo stesso giorno, scriveva a Boito:                                                                                               

Eureka!

Ho trovato un Te Deum! Niente di meno!… Autore il P. Vallotti, che io, come sapete, stimo moltissimo.

Ho scritto a Tebaldini perché ne faccia estrarre per me una copia.

Vi dico tutto questo perché rammentiate che il giorno 14 di Febbrajo 1896 avete visto un mio Te Deum, nel caso mi accusassero… Ma nò, nò, non vi è pericolo, perché io non lo pubblicherò. […]”                                                               

Boito gli rispose da Milano il giorno dopo:

“[…] Sono curioso di sapere se nel Te Deum del Vallotti le accadrà di ritrovare quella stessa interpretazione musicale che negli ultimi versetti è affermata da Lei; unica interpretazione veramente naturale e giusta. Del resto Lei non ha bisogno di confortarsi con esempi del passato per trovar sanzione al suo concetto, tanto è logico e chiaro. Basta saper leggere e intendere ciò che si legge per approvarlo. […]”        

    Nel 1940 la lettera di Verdi a Tebaldini fu donata da quest’ultimo a Giuseppe Bottai, Ministro dell’Educazione Nazionale, il quale la lasciò all’Accademia di Santa Cecilia di Roma. Essa attualmente è conservata nella Biblioteca del Conservatorio S. Cecilia (n. inv. 7292). Il testo è riportato in I copialettere di Giuseppe Verdi (a cura di Gaetano Cesari e Alessandro Luzio), Milano 1913, p. 412; anche in Gino Monaldi, Verdi 1839-1898, Ed. Bocca, Torino, 1926, pp. 273-274; Giovanni Tebaldini, Ricordi Verdiani, “Rassegna Dorica”, a. XI, Roma, 1940 (pubblicato a puntate da gennaio a giugno), estratto, pp. 8-9; Emilia Zanetti, Carte verdiane – La corrispondenza di Verdi conservata a S. Cecilia, “Bollettino dell’Istituto di Studi Verdiani”, vol. III, n. 8, Parma, 1973, pp. 1140-1141; Gustavo Marchesi, Giuseppe Verdi e il Conservatorio di Parma, Parma 1976, p. 191; Marcello Conati, Verdi. Interviste e incontri, EDT Editrice, Torino, 2000, pp. 421-422 (edizione riveduta e integrata rispetto alla prima pubblicata da Il Formichiere, 1980); Idealità convergenti  - Giuseppe Verdi e Giovanni Tebaldini di Anna. Maria Novelli e Luciano Marucci, D’Auria Editrice, Ascoli Piceno, 2001, pp. 48-49.

   

2. Vallotti Francesco Antonio (Vercelli, 1697 – Padova, 1780), minore conventuale di San Francesco, organista, compositore e teorico. Fu maestro di cappella della Basilica di Sant’Antonio a Padova per oltre cinquant’anni. Ebbe rapporti con Padre Martini e con Tartini che lo considerava il miglior organista dell’epoca.

 

 

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Padova 22 Febbraio 18961

Illustre Signor Maestro [Verdi]

Anzitutto La ringrazio sentitamente delle incoraggianti parole ch’Ella ebbe per la modesta opera mia. Esse mi serviranno di sprone a studiar sempre con amore sulle pagine dei nostri antichi maestri.

Il Te – Deum del P. Vallotti, da me citato a pag. 45 del libro, dev’essere a Berlino; però qui ne esistono altri due, uno a quattro voci, l’altro ad otto, con piccola orchestra.

Poi havvene uno di Callegari2 [!] – il predecessore di Vallotti – che pure, a mio modesto avviso - ha qualche pregio.

Ma poiché Ella desidera più precise informazioni, mi permetto inviarLe un volume della Musica Divina ove da pag. 402 alla fine troverà Te – Deum di Anerio3, Diego Hortiz4 ed I. Handl5, tutti seguaci e contemporanei di Palestrina6.

Vedrà che mancano dei versetti. Quelli in canto polifonico devono essere alternati con la melodia ambrosiana.

Di più mi pare che tanto Orlando di Lasso7, quanto Cristoforo Morales8 abbiano composto dei Te – Deum.

Spero potermi informare con precisione e poscia mi farò un dovere di comunicarLe il risultato delle mie ricerche.

Riguardo a quei di Vallotti, la Presidenza dell’Arca ha stabilito per massima (perdoni se oso adoperare con Lei un linguaggio simile) di non concedere il permesso di trascrizione. Ma io son ben certo che se Ella volesse farne richiesta diretta, la Presidenza si terrebbe onorato di appagare i di Lei desiderî.

Che se Ella non credesse opportuna tale richiesta – e questo resta gelosamente fra di noi – spero aver mezzo del pari di accondiscendere al suo desiderio. Tanto son quasi certo che dopo una prima lettura i Te – Deum del Vallotti non avranno altro interesse per Lei.

Con devozione profonda mi abbia intanto per suo devoto ed umile servitore.

Giovanni Tebaldini9

 

1. Lettera pubblicata in Franco Abbiati, Giuseppe Verdi, vol. IV, Ed. Ricordi, Milano, 1969, pp. 587-588; anche  in Dizionario Verdiano (a cura di Eduardo Rescigno), (voce Te Deum)..., pp. 526-527; Idealità convergenti cit., pp. 133-135.

2. Calegari Francesco Antonio (Venezia, 1656 – ivi, 1742), teorico e compositore. Fu allievo di A. Lotti. Lavorò a Bologna, Venezia, Padova. Da ricordare i suoi trattati sull’armonia e sul sistema dei rivolti. I suoi studi vennero ripresi dagli allievi: Tartini, Sabbatini, Asioli. Scrisse 14 composizioni sacre per voci sole o accompagnate e musiche per organo e clavicembalo.

3.  Anerio Felice (Roma, 1560 ca – ivi, 1614) fu cantore in S. Maria Maggiore a Roma, nella Cappella Giulia e in S. Luigi dei Francesi sotto la guida di Nanino, G. P. da Palestrina, Soriano. Fu compositore della Cappella Pontificia. Curò con Soriano l’edizione medicea del Graduale romano (1614). Compose musiche sacre stilisticamente vicine a quelle del da Palestrina. Scrisse anche canzoni e madrigali di carattere amoroso e pastorale.

 4.  Hortiz Diego, compositore spagnolo del XV secolo.

 5.  Handl Jacob (Ribnica, Carniola, 1550 – Praga, 1591), detto anche Carniolus. In realtà si chiamava Gallus Jacobus. Fu cantore della cappella di corte a Vienna. Visse in diversi conventi dell’Europa centrale e dal 1585 fu maestro di cappella a Praga. Le sue composizioni sacre e i suoi madrigali rivelano l’influenza della scuola veneziana. 

6. Palestrina Giovanni Pierluigi da (Palestrina, Roma, 1525 ca – Roma, 1594), compositore. Nel 1537 era fanciullo cantore nella Basilica di S. Maria Maggiore a Roma. Nel 1544 fu nominato organista e maestro di canto del duomo di Palestrina; nel 1551 ebbe l’incarico di maestro della Cappella Giulia a Roma, che lasciò nel 1555 in seguito alla nomina a cantore della Cappella Sistina. Nello stesso anno il papa lo licenziò insieme a due altri musicisti, ma riuscì ad ottenere la carica di maestro di cappella di S. Giovanni in Laterano. Nel 1560 diede le dimissioni per divenire, un anno dopo, maestro di S. Maria Maggiore. Nel 1565 lasciò anche questa carica per quella di direttore dell’educazione musicale nel nuovo Seminario romano. Nel 1571 tornò alla Cappella Giulia in qualità di maestro. La sua produzione è considerevole e si tratta in gran parte di musica sacra: più di 100 messe (tra cui Aeterna Christi munera e Papae Marcelli), 2 Stabat Mater, 250 e più mottetti, numerosissime altre composizioni liturgiche: inni, magnificat, litanie, salmi, offertori, lamentazioni. Compose, inoltre, 91 madrigali profani e 42 madrigali spirituali. A lui T. dedicò molti studi, alcuni pubblicati, altri rimasti inediti.

 7.  di Lasso Orlando (Mons, Hainaut, 1532 – Monaco, 1594), compositore fiammingo. Nel 1544 fu assunto al servizio di Ferdinando Gonzaga, viceré di Carlo V in Sicilia, con il quale viaggiò in Francia e in Italia. Dal 1549 al ’52 fu a Napoli, poi a Roma, dove dal 1553 al ’54, fu maestro di cappella in S. Giovanni in Laterano. Nel 1556 entrò al servizio del duca di Monaco in qualità di tenore, diventando poi maestro della cappella di corte. In veste di maestro di cappella viaggiò ancora molto, nei Paesi Bassi, in Germania, in Boemia e soprattutto in Italia. Fu autore di messe, mottetti, magnificat, inni, responsori, madrigali, ecc. 

8.  Morales Cristóbal de (Siviglia, 1500 ca – Málaga, 1553), compositore spagnolo. Visse a Roma dal 1535 al 1545 e fu tenore della cappella papale. Tornato in patria, occupò il posto di maestro di cappella a Toledo, Siviglia e Málaga. È stato il primo grande compositore spagnolo di musica sacra e il primo che assurse a fama europea. La sua produzione, comprendente messe, mottetti, i Magnificat a 4 voci (1542) e le Lamentazioni a quattro-sei voci (1564), influenzò generazioni di musicisti spagnoli e fu pubblicata da molti editori europei, compresi i veneziani Scotto e Gardano.

9.  Le lettere mancanti di Tebaldini a Verdi dovrebbero trovarsi nella Villa di Sant’Agata, dove questa e la n. 4 sono conservate.

 

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Genova 1 marzo 18961

Egr. Maestro Tebaldini

Lodevolissima la proibizione di trascrivere musica esistente nell’archivio dell’Arca, né io sarò mai quello, che cercherà d’infrangere quel divieto.

Io conosco alcuni Te Deum antichi, ne ho sentiti altri pochi moderni e mai sono stato convinto dell’interpretazione (a parte il valore musicale) data a quella Cantica.

Questa viene ordinariamente cantata nelle feste grandi solenni, chias­sose o per una vittoria, o per un’incoronazione etc.

Il principio vi si presta, ché Cielo e Terra esultano… “Sanctus sanctus Deus Sabaoth” ma verso la metà cambia colore ed espressione…

Tu ad liberandum è il Cristo che nasce dalla Vergine, ed apre all’Umanità Regnum coelorum… L’umanità crede al Judex venturus… lo invoca. Salvum fac… e finisce con una preghiera… Dignare Domine die isto… commovente, cupa, triste fino al terrore!

Tutto questo ha nulla a che fare colle vittorie e colle invocazioni; e perciò desideravo conoscere se Vallotti, che viveva in epoca in cui poteva disporre d’un’orchestra, e d’un’armonia abbastanza ricca, aveva trovato espressioni, e colori, ed aveva intendimenti diversi da molti de’ suoi predecessori.

Comincio a credere che questo mio desiderio resterà allo stato di desiderio a meno ch’Ella tanto studioso ed erudito non trovasse per azzardo qualche Te Deum che pregherei mandarmi musicato secondo le mie, forse storte, idee.

Le restituisco il Volume speditomi, e la ringrazio vivamente. Questi Te Deum dell’Anerio e d’altri sono, s’intende, ben fatti, ma non mi illuminano, né sciolgono i miei dubbi.

Voglia perdonarmi, Egr. Maestro Tebaldini, tutte queste noje, e credermi con sincera stima

                                                                                                                                     suo Dev.  G. Verdi

 

1. Lettera pubblicata in fac-simile, commentata e illustrata da G.T. in Giuseppe Verdi nella musica sacra, “Nuova Antologia”, vol, CLXVII, serie V, Roma, 16 ottobre 1913, p. 565; anche in “Bollettino Ceciliano”, a. VIII, n. 5, Roma, novembre 1913; I copialettere cit., p. 412; Ricordi Verdiani cit., pp. 9-10; Giuseppe Verdi cit., pp. 588-589; Verdi. Interviste e incontri cit., p. 423; Idealità convergenti cit., pp. 228-231.

 

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Padova, 18 Marzo 18961

Illustre Signor Maestro [Verdi]

Innanzi di cominciare, permetta che modestamente, ma con tutta la devozione di cui può sentirsi capace l’animo mio, Le mandi gli auguri più fervidi e sinceri per il di Lei onomastico. Possa Ella conservarsi lungamente all’affetto tacito, ma entusiasta di tanti che l’amano devotamente, rispettosamente.

Venendo al contenuto della sua ultima lettera, Ella chiama lodevole l’inibizione di trarre copia della musica e dei documenti dagli Archivi, compreso il nostro. Ma io - illustre Maestro – oso contraddirla. Quale vantaggio ne avrebbero gli studiosi se un simile divieto si estendesse? Ed ai nomi illustri quale fama? Forse l’oblio!… Veda per esempio. Qui al Santo si possiedono opere quartettistiche di Tartini2 di un’importanza eccezionale. Chi sa che noi italiani in Tartini avremmo ragione di proclamare - pel suo tempo – la superiorità della scuola classica nostra in confronto a quella dei tedeschi?… E, se il divieto da me lamentato avesse impedito all’Haberl3 di trascrivere dalla Sistina le opere di Palestrina, potremmo noi giovani studiarle in oggi?

Le considerazioni da Lei fatte circa all’interpretazione da dare al Te Deum sono così elevate da vincere ogni altra obbiezione. Infatti la stessa melodia ambrosiana, che cantata da mille voci è imponente e suggestiva, non fa gran caso della differenza di significato fra i capoversi da Lei citati. Autori antichi che abbiano tenuto conto di essa non ne ho peranco incontrato. Ma mi propongo di continuare nelle mie indagini. Intanto devo dirLe che il Vallotti in alcuni punti modifica sì lo stile, non però in tutti quelli citati da Lei, né in maniera tanto evidente quanto Ella giustamente sostiene dovrebbesi fare. Ho motivo di credere che la Presidenza dell’Arca potrà, quando che sia, soddisfare al di Lei desiderio di vedere quelle composizioni del P. Vallotti. In ogni caso potrò – spero – farle avere quelle dimostrazioni che bastino a convincerla di ciò che ha fatto in quel tempo il nostro antico maestro. So che i moderni non La interessano gran fatto. Però ho trovato un Te Deum di Tinel4 nel quale mi sembra – sia pur limitatamente – abbia avuto qua e là l’intuizione di ciò che Ella mi ha esposto. Mi permetto quindi mandarle questo lavoro del simpatico direttore della Scuola di musica religiosa a Malines ed autore del bellissimo oratorio “Franciscus”.

Le ripeto con devozione i miei auguri nel mentre mi protesto di Lei umilissimo servo.   

Giovanni Tebaldini

                                

1. Originale presso Archivio Carrara Verdi, S. Agata; testo pubblicato in  F. Abbiati., op. cit.,pp. 589-590 e  in Idealità convergenti cit., p. 136. 

2.  Tartini Giuseppe (Pirano d’Istria, 1692 – Padova, 1770), compositore, violinista e teorico musicale. Sposatosi nel 1710 si trasferì ad Assisi, dove rimase tre anni perfezionandosi nello studio del violino. Nel 1721 era a Venezia; nello stesso anno fu assunto al posto di primo violino nell’Orchestra della Basilica di S. Antonio a Padova. Invitato a Praga nel 1723, vi rimase oltre tre anni. Tornato a Padova, aprì una scuola di violino che divenne famosa in tutta Europa. Salvo sporadici viaggi, rimase a Padova per tutto il resto della vita, dedicandosi non soltanto all’insegnamento e alla composizione, ma anche all’approfondimento di particolari settori della teoria musicale. L’esposizione dei suoi principi teorico-pratici è contenuta nelle tre opere: Trattato di musica secondo la vera scienza dell’armonia (1754), De’ principi dell’armonia musicale contenuta nel genere diatonico (1767), e soprattutto il Trattato degli abbellimenti, pubblicato a Parigi nel 1771. La sua opera strumentale comprende esclusivamente sonate e concerti.  

3. Haberl Franz Xaver (Oberellenbach, Baviera,1840 – Ratisbona, 1910), sacerdote e musicologo, dal 1862 fu maestro di cappella nel Duomo di Passau, poi organista e maestro di coro a Roma. Dal 1871 a11882 assunse l’incarico di maestro di cappella della Cattedrale di Ratisbona, dove istituì la Scuola di Musica Sacra (1874) e fondò l’Associazione per la pubblicazione dell’Opera omnia di Palestrina in 33 volumi da lui stesso curati. Dal 1872 diresse la rivista “Musica divina” e, dal 1888, il periodico “Musica Sacra” di Ratisbona. Fu docente di T. alla Kirchennusikschule e lo propose al posto di secondo maestro di cappella in San Marco a Venezia, incarico che T. ricoprì dal 1° ottobre ’89. 

4. Tinel Edgar (Sinay, Fiandre, 1854 – Bruxelles, 1912), compositore belga. Fu direttore della Scuola di Musica religiosa di Malines e del R. Conservatorio di Bruxelles; autore degli Oratori Franciscus e Godeleva, nonché di un Te Deum del 1887 per coro e organo.

 

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Genova 20 marzo 18961

Egr. Maestro Tebaldini

Stretto dal tempo le scrivo due righe soltanto per ringraziarLa de’ suoi auguri2, e dirLe ch’Ella ha male interpretate le mie parole (o forse mi sono mal spiegato) sulla proibizione che riguarda l’archivio della Cappella del Santo. Al contrario io vorrei che fossero pubblicate le opere di vero valore dei nostri Grandi autori, ma che si conservassero gelosamente negli archivi gli originali. Ma di questo le parlerò con maggior quiete.

Ricevo in questo momento il Te Deum che Ella gentilmente mi manda. Lo guarderò e glielo restituirò al più presto.

Grazie di tutto e mi creda suo

                                                                                                                                                     Dev.  G. Verdi

 

1.  Lettera pubblicata in Ricordi Verdiani cit., p. 10; anche in Verdi. Interviste e incontri cit., p. 424; Idealità convergenti cit., p. 50. 

2.  Tebaldini, come d’abitudine, aveva indirizzato a Verdi gli auguri per il 19 marzo, giorno di San Giuseppe.

 

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Genova 1 maggio 18961

Egr. Maestro Tebaldini

Ella saprà che i Te Deum del Vallotti mi vennero mandati col mezzo del Comm. Boito [Camillo]2 a nome della Presidenza della Cappella del Santo. Ho letto i Te Deum e ieri li ho rimandati, ringraziando, alla Presidenza stessa.

So che devo a Lei, Egr. Maestro, questo favore e gliene sono riconoscente, e riconoscente pure dell’altro Te Deum di Tinel che Ella mi ha mandato e che a Lei restituisco oggi stesso per posta3.

È un pezzo molto ben fatto, ma non vi ho trovato quello che cercavo.

Mi scusi se non posso trattenermi più a lungo con Lei, ché parto domani o dopo per la campagna, ed ho molte carte da mettere a posto.

Grazie ancora e mi creda con grandissima stima

                                                                                                                                                   Dev.  G. Verdi

 

1. Autografo già in possesso di Giuseppe Mazzera e, poi, di don Ferruccio Botti. Testo pubblicato in Ricordi Verdiani cit., pp. 10-11; anche in Ferruccio Botti, Due autografi verdiani in possesso dell’autore di queste note, “Spigolature d’archivio” (quinta serie), Ed. Battei, Parma, 1971, p. 18; Verdi. Interviste e incontri cit., p. 424; Idealità convergenti cit., pp. 50-51. 

2. Boito Camillo (Roma, 1863 – Milano, 1914), architetto, fratello minore di Arrigo, insegnò all’Accademia di Brera dal 1859 al 1907. Sostenne il rispetto della storia con l’adozione di forme neoromantiche. Tra le sue opere principali: Palazzo delle Debite e restauro della Basilica di Sant’Antonio a Padova; restauro di Porta Ticinese a Milano; costruzione della Casa di Riposo per Musicisti a Milano. 

3. In seguito Tebaldini avrebbe voluto mandare a Verdi altri Te Deum, ma il Maestro l’11 giugno scriveva a Boito:

“[…] Ringraziate tanto Tebaldini delle sue premure pel Te Deum: ma oramai quello ch’è fatto, è fatto; ne io potrei dare altra interpretazione a quella Cantica, quant’anche la lettura dei Te Deum di Purcell e di Vittoria mi dimostrasse che ho fatto male. Una volta che avrò finito, ché non mancano che pochi squarci d’Istromentale, lo unirò alle Ave Maria e dormiranno insieme senza veder mai la luce del Sole… Amen -  […]”

 

 

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Genova 3 maggio / 18971

Egr. Maestro Tebaldini

È vero: io manifesto difficilmente la mia opinione sui lavori altrui, perché diffido del giudizio mio, come diffido del giudizio degli altri. Noi giudichiamo se­condo il nostro punto di vista, secondo i nostri studj, secondo le nostre ten­denze etc…

Si dice che Beethoven detestasse la musica del Barbiere, che Händel2 cre­desse che il suo cuoco avrebbe potuto scrivere la musica come Gluck3!!!

Malgrado ciò, io senza dar giudizii ho potuto apprezzare le sue composizioni; ben fatte le une4, e le altre5. Preferisco le Liriche specialmente la prima. La declamazione è giusta ed il pensiero distinto e semplice. L’armonia ne è un po’ tormentata, ma l’epoca nostra vuole così. Modernità? Sia pure, ma sotto questo pretesto si vuol fare coûte qui coûte, il nuovo, si dimentica il bello e si fa lo strano!

[P. S.] Non badi a quel che dico e mi creda con perfetta stima.

                                                                                                                                            Suo Dev.  G. Verdi

 

1.  La lettera, intorno al 1910, fu donata da Tebaldini, insieme ad altri importanti autografi, alla signora Amalia Tornaghi Borgatti di Roma. È stata pubblicata in Ricordi Verdiani cit., p. 13; anche in Giuseppe Verdi cit., pp. 609-610; Verdi. Interviste e incontri cit., p. 426; Idealità convergenti cit., p. 53, con autografo nelle pp. 83-85. 

2. Händel Georg Friedrich (Halle, 1685 – Londra, 1759) incominciò a comporre a dieci anni, ma il padre la ostacolò. Nel 1702 entrò all’università per studiare diritto e contemporaneamente divenne organista nel duomo della città natale. Passato ad Amburgo suonò in orchestra. Il suo primo melodramma fu Almira. Nel 1706 arrivò in Italia dove rappresentò l’oratorio La Resurrezione e le opere Rodrigo e Agrippina. Nel 1710 si trasferì ad Hannover in qualità di Kapellmeister e l’anno dopo a Londra dove restò fino alla morte. Dal 1719 diresse la Royal Academy of Music. La sua produzione comprende 40 opere italiane;19 fra pasticci, musiche di scena, masques; 22 oratori; 2 passioni; una quantità di musica sacra; parecchie serenate; odi e cantate. Fu uno dei primi compositori a scrivere concerti per organo e orchestra da eseguire negli intervalli degli oratori. Compose anche 2 concerti doppi per due orchestre. Nel complesso la sua opera può essere considerata come la più alta e completa espressione del barocco musicale. 

3. Gluck Christoph Willibald (Erasbach, Alto Palatinato, 1714 - Vienna, 1787), compositore tedesco. Iscrittosi all’Università di Praga nel 1731 (facoltà di logica), fu al servizio del principe G. Lobkowitz a Vienna. Nel 1737 conobbe il principe A. M. Melzi dal quale fu condotto a Milano, dove studiò con G. B. Sammartini ed esordì come operista nel 1741. Soggiornò poi a Londra. Stabilitosi infine a Vienna maturò il suo progetto di riforma del melodramma, iniziato con Orfeo e Euridice (1762) e proseguito con Alceste (1767) e Paride ed Elena (1770). 

4.  Dovrebbe trattarsi di Trois pièces d’Orgue, op. 16, nn. 1-2-3, 1896: I Prélude choral (dedicato “A Monsieur Francis Planté”); II Intermezzo (dedicato a “A Monsieur F. J. Breitembach, organista à la Cathedrale de Lucerne”); III Marche grave sur le Thème gregoriénne de Vexilla (dedicato “A mon ami M. Enrico Bossi”). Primo premio nei Concorsi della Schola Cantorum de “La Tribune de St. Gervais“, Paris, juin 1896; editi da Rieter et Biedermann di Lipsia nel 1897. 

5. Si tratta di Dolori ed ebbrezze (o Ebbrezze de l’anima), sei liriche per tenore e pianoforte (op. 7, 1890-1896), su testi di Antonio Fogazzaro da Valsolda e dal Mistero del poeta (edite da Tedeschi, Bologna, 1896, n. 3104, 27 pp.): I Io ti baciavo in sogno; II Tempesta d’amore; III A corsa ne la notte (Venezia 1890. Edita anche dalla “Illustrazione Hispana”, Barcelona, e da Giudici e Strada, Torino, n. 17583); IV Incanto del poeta; V Vaniloquio (Padova, autunno 1896); VI Ebbrezza de l’anima (Padova, autunno 1896). Qualche giorno prima (30 aprile) anche Arrigo Boito gli manifestava la sua stima: “Una prova del forte valore delle sue Liriche è questo che, essendomi già piaciute all’audizione, alla lettura mi piacquero anche più. Nessuno dei nobili requisiti necessari a codesto genere di composizioni vi fa difetto e commentano tutte magistralmente il testo e del testo sono tutte degnissime. Bravo  Maestro!”.

  

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Busseto

S. Agata  21.VI.18971

Vivo ancora!... ma fui ammalato!

La ringrazio Eg. Maestro [Tebaldini] delle cortesi affettuose parole, e de’ suoi auguri.

Suo G. Verdi

 

1. Autografo già in possesso di Giuseppe Mazzera e, poi, di don Ferruccio Botti. Attualmente appartenente al Prof. Gustavo Marchesi di Parma. Testo pubblicato in Spigolature d’Archivio cit., p. 19; anche in Idealità convergenti cit., p. 29.

 

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Busseto 12 ott 18971

  S. Agata

Egr. Maestro

Troppo modesto Egr. Maestro Tebaldini!

Ella non è un oscuro! Ella è un valente ed uno di quelli che potrebbe rimettere sulla dritta via chi volesse deviare. Speriamo che ora non vi sia questo pericolo!

Permetta intanto che io La ringrazi dei cortesi auguri2 e delle belle parole che le è piaciuto dire.

Ed inoltre scusi la brevità di questa lettera, causa il molto da far in questo momento.

Spero che passando da Genova, non mi sfuggirà come altra volta, e che mi onorerà d’una sua visita.

Le stringo le mani e mi creda

Dev. G. Verdi

 

1.  La lettera fu donata da Tebaldini a Ildebrando Pizzetti. È stata pubblicata in Giuseppe Verdi cit.; anche in Giuseppe Verdi e il Conservatorio di Parma  cit., p. 192; Verdi. Interviste e incontri cit., p. 427n; Idealità convergenti cit., pp. 86-87. 

2.  Tebaldini aveva inviato a Verdi gli auguri per il 10 ottobre, giorno del suo compleanno.

  

10

 

 

 

 

S. Agata 23 Dic. 18971

Maestro Tebaldini,

Scrivo a stento, ma mi è caro rallegrarmi con Lei, Direttore del Conse­rvatorio di Parma2. E più mi rallegro con codesto Istituto musicale, che avrà in Lei un artista che saprà vincere gli inevitabili ostacoli alle riforme di cui abbisogna.

La ringrazio e contraccambio gli auguri.

Rallegrandomi di nuovo le stringo le mani.

                                                                                                                                                    Suo  G. Verdi

 

1. Lettera pubblicata in Giovanni Tebaldini, Ildebrando Pizzetti nelle “memorie” di Giovanni Tebaldini, Ed. Fresching, Parma, 1931; anche in Ricordi Verdiani cit., p. 16; Giuseppe Verdi cit., pp. 620-621; Due autografi verdiani...cit., p. 19; Giuseppe Verdi e il Conservatorio di Parma cit., p. 192; Idealità convergenti, op. cit., p. 56, con autografo a p. 88.

     Nel “Memoriale Inchiesta R. Conservatorio di Parma” [APTe], inviato da Tebaldini nel 1901 al Ministro della P.I. Nasi, essa è trascritta con un suo commento: “Queste parole, oltre che confortarmi, esprimevano un voto il quale deve aver avuto origine da un forte convincimento: il desiderio ed il bisogno, cioè, che al Conservatorio di Parma si procedesse a radicali riforme. E poiché di tali riforme ebbi l’onore di parlare spesso col grande Maestro, posso dire con sicura coscienza che nel procedere ad esse io non ho fatto che interpretare il pensiero di Quegli il quale poteva esprimere un alto concetto direttivo. La lettera da Lui stesso inviata a S.E. il Ministro Baccelli nel febbraio 1899 (v. lettera n. 14), in appoggio a talune mie proposte, prova con evidenza che la mia asserzione non è avventata né infondata”.                                                                      

 2.  Tebaldini era stato nominato direttore del R. Conservatorio di Parma il 16 dicembre di quell’anno.

 

 

11

 

[Genova, 31 dicembre 1897]1

[telegramma]

[Verdi a Tebaldini]

Gratissimo agli [degli] auguri vostri, ai professori ed ai giovani future speranze dell’arte nostra, mando cordiali ringraziamenti

                                                                                                                                                                 Verdi

 

1. Il testo è riportato in Ricordi Verdiani cit., p. 16; anche in Due autografi verdiani... cit., p. 19. Nelle schede dell’Istituto Nazionale Studi Verdiani lo stesso testo risulta con la data del 20 marzo 1899, come risposta agli auguri di Tebaldini per San Giuseppe. La minuta, che doveva essere conservata presso l’Archivio Storico del Conservatorio di Musica di Parma, non è stata trovata, per cui non è stato possibile effettuare la verifica.                                    

 

12

 

 

 

 

Milano 18 Dic. 18981

Maestro Tebaldini -

Grazie.

Mi rallegro che in una esercitazione musicale di un Conservatorio Italiano siasi eseguita Musica Italiana2.

È una meraviglia!

Saluti                                                                                                                                  

Dev.  G. Verdi

 

1.  Autografo riportato in  In gloria di Verdi - Italianità musicale - Verdi al Maestro Tebaldini, “Orfeo”, a. IV, n. 1, Roma, 3 gennaio  1913 e in Idealità convergenti cit., p. 336, con testo nelle pp. 59-60. Il solo testo è trascritto anche in Ricordi Verdiani cit., p. 20; Giovanni Tebaldini, Per la resurrezione de la nostra musica, “Rivista Musicale Italiana”, a. XLVI, fasc. IV, Torino, 1942, estratto, p. 17.        

2. Verdi si complimentava con Tebaldini il quale l’8 dicembre aveva diretto una seconda pubblica Esercitazione degli alunni del Conservatorio di Parma. Il programma comprendeva la Sinfonia del Matrimonio segreto di Cimarosa; un Minuetto cantato di Traetta; un’Aria dalla Nina pazza per amore di Paisiello; un Quintetto per archi di Boccherini; un frammento del Salmo XLII di Marcello; la Sinfonia dell’Ero e Leandro di Päer. La prima esercitazione si era tenuta il 2 giugno dello stesso anno con musiche di G. B. Bassani, D. Scarlatti, D. Zipoli, B. Marcello, B. Vinaccesi, A. Lotti, G. Tartini, B. Galuppi.                                 

 

 

13

 

 [Milano 31 dicembre 1898]1

[telegramma]

[Verdi a Tebaldini]

Ringraziamenti e contraccambio d’auguri a tutti.

Benissimo quanto dite. Ammiriamo il bello ove si trova e restiamo in casa nostra. Saluti.             

                                                                                                                         Verdi

 

1. Testo pubblicato in Ricordi Verdiani cit., p. 16; anche in Giuseppe Verdi e il Conservatorio di Parma cit., p. 197; Idealità convergenti cit., p. 60.

 

 

14

 

 Genova 4 marzo 18991

Maestro Tebaldini,

Scrissi a S. E. Baccelli2 intorno al noto affare Conservatorio di Parma ed ecco cosa mi risponde:

- Trattandosi di presentare variazioni di organico che portano a spese maggiori il bilancio, la mia buona volontà non basta, ed io secondo i formali impegni presi dall’Onor. Presidente del Consiglio innanzi al Senato sono ob­bligato a rinunciarvi.

Amen! A me duole soltanto aver domandato cosa che non si poteva ottenere.

Cordiali saluti dal vostro 

                                                                                                                     G. Verdi

 

1.  Testo riportato in  Ricordi Verdiani cit., p. 22; anche in Idealità convergenti cit., p. 62.

2.  Giuseppe Verdi aveva indirizzato al Ministro della Pubblica Istruzione la seguente  lettera a sostegno delle riforme caldeggiate da Tebaldini:

    “Genova 18 febbraio 1899

    A Sua Eccellenza il Ministro Guido Baccelli - Roma

    Permetta l’E. V. che - prima di tutto - mi scusi per le troppo frequenti istanze con le quali ricordo a Lei il mio nome. Ciò malgrado mi faccio ardito a ricordarLe come il Maestro Tebaldini in data 25 gennaio, abbia indirizzato all’E.V. istanza a profitto del Conservatorio di Parma, e come sarebbe cosa utilissima per l’Arte e per lo stesso Conservatorio che diede già tanti buoni frutti, l’esaudire i desideri dell’egregio Tebaldini.

    Non insisto di più e grato delle attenzioni avute, pregando nuovamente di perdonare la mia insistenza, ho l’onore di dirmi dell’E. V. dev.mo G. Verdi”

    Il testo è riportato in  Ricordi Verdiani cit., p. 22; anche in Idealità convergenti cit., p. 62.

 

 

15

 

Parma, 19.3.18991

[telegramma]

[Tebaldini a Verdi]

Interprete pensiero professori, allievi rinnovo animo rispettoso ossequi profondi auguri vivissimi pregandola accogliere sentimenti gratitudine tutti noi con voti sua preziosa esistenza sia conservata salda testimonianza forza morale arte italiana

 

1.  La minuta è conservata nell’Archivio Storico del Conservatorio di Musica “A. Boito” di Parma.

 

 

16

 

 

 

 

St. Agata 25 Giugno 18991

Car.mo Tebaldini

Una persona amica e molto rispettabile mi raccomanda caldamente un Sig. Dosi [?]  Fer[r]uccio Professore di fagotto2, che aspirerebbe al posto vacante del vostro Conservatorio. Io non posso dir nulla sui suoi meriti, ché non lo conosco, ma Voi potete avere informazioni esatte dal Campanini Direttore d’orchestra, e dal vostro Prof. di flauto Cristoforetti. Se Voi potete appagare i voti dell’amico mio farete cosa oltremodo grata al Vostro…

  G. Verdi

 

1. Testo pubblicato in Idealità convergenti cit, p. 89, con autografo a p. 90. La lettera reca in calce la seguente scritta autografa di Giovanni Tebaldini:

    “Loreto, 22 Sett. 1908

    Questa lettera di Giuseppe Verdi a me qui sottoscritto indirizzata è stata da me pure regalata in ricordo del soggiorno a  Cingoli nell’estate del 1908 al sig. M.° Reginaldo Galeazzi3. 

     Il 1° luglio 1968 è stata donata da Antonio Galeazzo Galeazzi4 (figlio di Reginaldo) alla Biblioteca “Mozzi-Borgetti” di Macerata dove è tuttora conservata con la nota di accompagno indirizzata al Direttore della Biblioteca stessa:

    «Caro Dottor Adversi,

     eccoLe l’autografo verdiano. Non si tratta più del Verdi michelangiolesco e terribilissimo; ma di un Verdi virgiliano, georgico e bucolico, coltivatore di S. Agata; ma anche in questa forma, lampeggiante e tonante sempre. Il Maestro Tebaldini era l’insigne musicologo direttore del Conservatorio di Parma. Il dono fatto da lui a mio padre, incagliato a Cingoli, fu una gioia grande. A Cingoli mio padre, cominciato pellegrino con Mascagni fin dal 1887 a Cerignola, restò per ragioni non del tutto musicali. Ma la sua sventura fu la fortuna mia: non mi allontanai dalla regione di Annibal Caro; da quel[la] Recanati dove, secondo Leopardi, si parla il miglior italiano d’Italia e da questa Macerata che ha aperto le braccia all’opera mia.

    A presto per la “Venere dissepolta”.»

2. A seguito di ricerche, è risultato che il raccomandato (Ferruccio Dosi o Dessi) non fu assunto al Conservatorio di Parma. Un  allievo di nome Ferruccio Dosi si diplomò in fagotto nel 1886 presso quell’Istituto, ma non figura mai tra i docenti.

3. Galeazzi Reginaldo (Recanati, 1866 – Jesi ?, 1948), appartenente a una famiglia di musicisti e letterati, si diplomò al Conservatorio di Santa Cecilia. Costituì a Nocera Umbra un corpo bandistico. Fu maestro di Mons. Raffaele Casimiri. Trasferitosi a Cingoli, non volle più spostarsi, rifiutando ottime offerte di lavoro tra cui quella di andare a Cerignola al posto di Mascagni. Fu primo violino in grandi concerti e per anni tenne i saggi finali al Liceo Musicale di Pesaro. Oltre che amico di Mascagni, era in familiarità con Puccini, Zandonai, Zanella… Nel 1893 furono rappresentate con successo le sue operette comiche Il cantastorie, Le risorse di Popo, Sarò consigliere. Varie sue composizioni da camera furono pubblicate dalle migliori case editrici musicali (Ricordi, Carisch…)

4. Galeazzi Antonio Galeazzo (Nocera Umbra, 1891 – Roma ?, 1970), figlio del musicista Reginaldo, fin da ragazzo manifestò la sua passione per il teatro, istituendo nella cittadina natale un Teatro per Ragazzi del quale fu proprietario, capocomico e direttore. Scriveva testi teatrali in versi e prosa, supportati da musiche. Annibale Ninchi nel 1928 mise in scena il suo Uccello grifone. Nel ’53 Galeazzi scrisse Simili a Dio che restò in scena per 80 sere. Suoi monologhi furono recitati da Paola Borboni. Era amico di Alda Borelli, Emma Gramatica e, dal 1922, di Eleonora Duse. Nel 1963 gli fu attribuito un premio dal Ministero del Turismo e dello Spettacolo. Sue opere da ricordare: Il tempio, L’ora del sole, Rupe delle vergini, La danza di Frine e la Venere dissepolta (citata nella lettera di cui sopra).

 

 

17

 

[Parma, 19 marzo1899]8

 

[telegramma]

[Tebaldini a Verdi]

Interprete pensiero professori, allievi, rinnovo animo rispettoso ossequi profondi, auguri vivissimi pregandola accogliere sentimenti venerazione gratitudine tutti noi con voti sua preziosa esistenza sia conservata salda testimonianza forza morale arte italiana.

 

1. La minuta è conservata nell’Archivio Storico del Conservatorio di Musica “A. Boito” di Parma. Testo riportato in Idealità Convergenti cit., p. 31.

 

 

18

 

[Parma, 27 ottobre 1900]1

[Tebaldini a Verdi]

[...] Ella avrà saputo che domani gli alunni del Conservatorio di Parma saranno a Busseto per un Concerto di beneficenza. Col suo permesso desidererei condurre maestri e scolari per una visita al parco della villa: vorrà Ella concedermi questo favore? Mi lusingo non essere indiscreto. [...]

 

1. Tebaldini fece pervenire il biglietto a mezzo di Guglielmo Veroni, alunno del Conservatorio, figlio di un famiglio di casa Verdi. Testo riportato in Ricordi Verdiani cit., p. 27.

 

19

 

[S. Agato, 27 ottobre 1900]1

[Verdi a Tebaldini]

[...] Siate i benvenuti, potete condurre a Sant’Agata i vostri professori ed alunni; e voi attenderò con piacere. [...]

 

1.  Testo riportato in Ricordi Verdiani cit., p. 27.

 

 

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