ARTURO TOSCANINI
Il debutto di Arturo Toscanini1 come direttore d’orchestra a Parma, sua città natale, non avvenne che quattordici anni dopo la sua rivelazione a Rio de Janeiro e le splendide affermazioni di Torino e Milano. Nella primavera del 1900 fu Giovanni Tebaldini (direttore del Regio Conservatorio di Musica) a “rompere la gelida crosta dell’apparente indifferenza e, malgrado le correnti renitenti che sembravano prevalere, promosse un Concerto sinfonico al Teatro Regio con l’Orchestra della Scala. Gli allievi del Conservatorio, memori ed entusiasti in corde del loro ex condiscepolo, si prepararono all’avvenimento eseguendo e replicando quale voce di auspicio l’Ouverture di Mendelssohn Il ritorno in patria. E il ritorno avvenne, e fu trionfale! Le Sinfonie Pastorale di Beethoven e Dal Nuovo Mondo di Dvorak, furono le colonne della memoranda serata. L’ispirato Inno di ringraziamento che chiude la possente concezione beethoveniana si ripercosse con voce di Amore nell’animo commosso della folla che gremiva il Regio Teatro, fiera di poter salutare e ringraziare, attraverso una delle più alte concezioni del Grande di Bonn, il suo illustre concittadino. Era aprile: bist Du der Lenz? [sei tu la primavera?] Sembrava chiedersi la folla commossa rivolgendosi a Toscanini anelante alla primavera della vita. Il giorno appresso, con la sua valorosa orchestra, passa a Bologna. Alcuni allievi del Conservatorio di Parma lo seguono. Vogliono riudirlo in altro programma: ammirarlo, applaudirlo ancora”. Sia pure per inciso, va ricordato che l’aver portato i suoi studenti alle esecuzioni dirette da Toscanini gli erano valse dure critiche da parte dei conservatori (v. L’odissea parmense).
Tebaldini aveva conosciuto Toscanini nella primavera del 1898. A Parigi, in occasione della prima dei Pezzi sacri di Verdi all’Opéra, Arrigo Boito gli parlò dell’avvenire del Teatro alla Scala: “Abbiamo trovato ed assicurato il nuovo direttore, l’artista e l’uomo che, dopo la morte di Franco Faccio, saprà far risorgere il nostro massimo teatro: Arturo Toscanini”. Così, al ritorno dalla capitale francese, egli pensò di fermarsi a Torino dove Toscanini stava preparando la stagione operistica ed i concerti orchestrali per l’apertura dell’Esposizione Nazionale. Narra egli stesso: “Sebbene più volte ammirato a Milano, a Genova, a Bologna, a Treviso, a Venezia, a Brescia ed a Bergamo, non avevo mai avuto modo di avvicinarlo di persona. Mi presento a lui al Teatro Regio durante una prova della Quinta beethoveniana. E ricordo benissimo che all’adagio, quando i violoncelli cantano con tanta commossa effusione, egli, Maestro direttore, violoncellista addestrato, non troppo persuaso né soddisfatto dei risultati che i suoi esecutori gli offrivano in quel momento, volgendosi ad essi gridò con viva voce: - Non fate i tenori! Particolare insignificante? Nient’affatto! Testimonianza, invece, dell’acuta sensibilità artistica dell’interprete scrupoloso, il quale, al disopra di ogni licenza poetica, metteva al primo posto la classica contenutezza consacrata, attraverso le proprie inspirazioni, dal Grande di Bonn. In serata, in un caffè sotto i Portici di Po, ci raccogliamo a parlare del Conservatorio di Parma, del quale Toscanini era stato allievo, di Boito e dei discorsi da questi fattimi a Parigi circa la missione che a lui stava per essere affidata alla Scala”.
Tebaldini si soffermava anche con Verdi “ad esaltare con fervore la prodigiosa arte direttoriale di Arturo Toscanini, specie nelle interpretazioni di Beethoven e di Wagner” e il Maestro replicava: - Tutto per gli altri e niente per noi? E ancora: - Questo che mi dite di lui e del suo straordinario valore mi è stato riferito anche da altri: ma è vero che nelle sue interpretazioni spesso mette del suo? - Maestro! Se lo sentisse! Non del suo, ma quello che egli sa scoprire e mettere in evidenza, pur se ai compositori grandi e piccoli che interpreta è rimasto come forza occulta e in potentia! Tebaldini ha tenuto a puntualizzare più volte che, se Verdi, dopo la morte, ha continuato a dominare le scene di tutto il mondo, lo ha dovuto in gran parte alla bacchetta magica dell’ineguagliato Toscanini, che seppe rivelare in maniera nuova le opere verdiane, in una “reincarnazione” che aveva quasi fatto “gridare al miracolo”. Ricordando l’apoteosi del giorno in cui (28 febbraio 1901) le salme di Giuseppe Verdi e della moglie Giuseppina Strepponi vennero traslate dal Cimitero Monumentale alla Casa di Riposo per Musicisti, descriveva l’immensa folla che in silenzio seguiva la cerimonia, mentre Toscanini dirigeva mirabilmente Va’ pensiero, intonato da tutti i presenti in un’atmosfera di comprensibile, alta commozione. “Gli allievi del Conservatorio di Parma non avrebbero potuto essere assenti in quell’occasione. E si ritrovarono, accompagnati dal loro direttore [Tebaldini] con Arturo Toscanini. Li trattenne, anzi, per alcune rappresentazioni da lui dirette alla Scala, di Tristano e Isotta e di Elisir d’amore”. Venticinque anni più tardi, gli diceva sorridendo: “Sembravi la chioccia coi pulcini”. Tebaldini e Toscanini rimasero gli ultimi due musicisti viventi ad aver conosciuto Verdi, quindi, venivano interpellati per ottenere testimonianze attendibili. Per gli impegni delle loro carriere non si erano potuti incontrare spesso, però Tebaldini veniva costantemente informato dal suo fedele amico ed estimatore Enrico Polo, famoso violinista e cognato di Arturo, per aver sposato la sorella della moglie. Nel 1948 preparò tre puntate sull’arte del Maestro e, prima ancora che uscissero su “Il Giornale di Brescia”, egli gli inviò la significativa foto con dedica che appare nella pagina introduttiva di questa sezione.
(Le frasi virgolettate sono tratte dagli articoli di Tebaldini pubblicati da “Il Giornale di Brescia”: Arrigo Boito. Ricordi di Giovanni Tebaldini, 6 giugno 1948, e Le tappe di una ascesa che forse non avrà riscontro, 23 ottobre 1948)
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1. Toscanini Arturo (Parma, 1867 – Riverdale, New York, 1957), direttore d’orchestra. Studiò violoncello e composizione al Conservatorio di Parma diplomandosi nel 1885. L’anno dopo fu in Brasile come violoncellista in orchestra, ma sostituì il direttore in Aida. Da allora ebbe inizio la sua mitica carriera direttoriale. Aveva memoria prodigiosa, lucida visione dell’insieme e dei particolari, tenacia, capacità comunicativa. Nel 1898 cominciò a collaborare con la Scala di Milano e dal 1908 con il Metropolitan di New York. Nel ’28 divenne direttore stabile della Filarmonica di New York. Lasciò definitivamente l’Italia nel 1931 per contrasti col regime fascista. Vi rientrò solo nel 1946 per dirigere il concerto inaugurale della ricostruita Scala. Per interessamento di T. diresse il primo concerto nella sua città natale a cui assistettero gli allievi del Conservatorio. T. scrisse su di lui tre articoli, pubblicati su “Il Giornale di Brescia”. Toscanini gli inviò una fotografia con la seguente dedica: “A Giovanni Tebaldini ricordando tempi lontani e cari eppur vicini nella memoria dolce e viva. Affettuosamente Arturo Toscanini. 24-7-1948”.
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