GIUSEPPE
TERRABUGIO
Uno
degli amici di lunga data di
Tebaldini fu Giuseppe Terrabugio1 con il
quale
egli condivise l’attività presso la redazione del
periodico «Musica Sacra», gli
ideali e l’azione in favore della riforma della musica sacra.
Purtroppo, della
corrispondenza di mezzo secolo, al momento, si sono trovate solo
briciole.
Allora,
per ricostruire il loro
rapporto, occorre affidarsi a quanto Tebaldini stesso scrisse nel 1933
per il
necrologio dell’amico scomparso il 9 gennaio.
Il
telegrafo - nei giorni scorsi - ha recato il doloroso annuncio della
morte
dell’illustre amico comm. Giuseppe Terrabugio, il quale fu
vero pioniere della
riforma della musica sacra in Italia.
Pressoché novantunenne, ha concluso Egli la
sua mortale ed operosa carriera lassù nella quiete di Fiera
di Primiero, al
cospetto delle imponenti dolomiti da lui tanto ammirate ed amate quale
segno e
testimonianza della grandezza del Creato, e perciò della
grandezza di Dio che
attraverso la propria anima cristiana sentiva in tutta la Sua
possanza.
Da cinquant’anni datava la nostra relazione
personale, la quale è passata attraverso diverse fasi: dalla
rispettosa
deferenza - quando
io non ero che un
novizio - alla più intima e provata confidenza.
Del nucleo che si raccoglieva allora - cioè
verso il 1883-84 – presso il Sac. Don Guerrino Amelli a
Milano, dove si era
iniziato il primo movimento per la riforma, oltre il venerando P.
Abate, che al
presente vive a Montecassino, eravamo rimasti in due. Da oggi
sarò il solo dei
seguaci di P. Amelli in grado di poter dire d’aver vissuto
nei primi anni
dell’azione più accesa e delle lotte
più tenaci affrontate e sostenute con
sicura coscienza e serena baldanza.
Nel numero straordinario
del Bollettino Ceciliano pubblicato
nell’aprile del 1928[2]
in
occasione
del XVI Congresso Nazionale
dell’ Ass. It. di S. Cecilia,
qualche
cosa ho narrato della vita intensa di quelle prime ore di veglie. E
ricordai
come abbia incontrato Giuseppe Terrabugio, tornato da poco dalla scuola
di
Rheinberger a Monaco di Baviera.
Dotato di eccellenti
prerogative personali, non
ultima la grande calma, sin dai primi giorni in cui – dopo la
partenza del P.
Amelli per Montecassino, e con carico di conseguenti
responsabilità non esiguo
– rimanemmo soli; la sua vigile cura e l’assidua
tenace volontà, di cui avrebbe
potuto vantarsi, furono spese tutte a profitto della causa da lui
abbracciata e
propugnata con vero trasporto.
Laureatosi
all’Università di Padova innanzi che il Veneto
tornasse all’Italia, Giuseppe
Terrabugio passò poscia a compiere i suoi studi musicali
alla Hochschule di
Monaco di Baviera ove ebbe a maestri il Sachs ed il Cornelius (amico
questi di
Wagner) per l’armonia, ed il celebrato Rheinberger per il
contrappunto e la
composizione.
Dalla scuola
dell’insigne maestro, cui
parecchi italiani accorsero raccogliendo larghi frutti, il Terrabugio
aveva
riportato un così perfetto equilibrio tecnico ed estetico da
rendere oltremodo
proficua la sua solida dottrina e la sua squisita
sensibilità artistica.
A tutta prima poteva
apparire un pedante, ma
questo non era. Egli passava da Palestrina a Bach e Beethoven; da
Rossini a
Wagner, non per quel senso di eclettismo estetico di cui parecchi
credono poter
menar vanto pur se rimane allo stato apparente, ma perché la
sua natura, la
duttilità del suo ingegno e la sua educazione lo mettevano
in grado di
intendere ciò che di realmente e di intimamente bello
racchiudono in sé le
maggiori e migliori opere d’arte.
Ho detto della grande
calma della quale
sapeva circondare il proprio spirito. Quella calma fu benefica a molti
i quali
ebbero con lui comunanza di abitudini e di vita.
Sempre sereno ed
equanime, la di lui
amicizia era ricercata e desiderata ovunque. Strano a ricordarsi,
Giuseppe
Terrabugio, malgrado il suo tenore di vita quasi austero,
incontrò simpatie
costanti nello stesso ambiente della bohème
artistica milanese.
Né soltanto:
ché nei circoli della più
elevata cultura, il di lui nome veniva fatto con rispetto, ed il suo
consiglio
quasi sempre ricercato e seguito con fede e convinzione. Appunto per
questo
venne chiamato a far parte e del Consigli della Società del
Quartetto e della
Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano.
Quando nel secondo
semestre del 1886 la
Musica Sacra,
non soltanto il periodico, ma tutto il latente
movimento iniziale, ereditato da P. Amelli - con Gallignani, Bossi,
Lurani e
Terrabugio - trovò il suo assestamento, il compianto amico
non fu secondo a
nessuno nell’adoprarsi onde l’ardua intrapresa
giungesse a buon fine. E della Musica Sacra
fu - si può dire - il più
costante assertore.
Quante volte nei periodi
più difficili,
mentre la navicella di Via Santa Sofia e di Via Cappuccio, percossa da
ogni
arte dalle onde contrarie, sembrava in pericolo di naufragare, quante
volte,
con la sua quasi indifferente tenacia, non riuscì egli a
salvare la situazione
permettendo ai pochi fedeli gregari di proseguire fiduciosi nella
propria
missione. E lo vedemmo sempre in prima fila in tutti i Congressi ed in
tutte le
manifestazioni che si succedettero dal novembre 1891 in
poi, recare la sua
parola dolce, serena, persuasiva, bene spesso cordiale ed affettuosa.
* * *
Sin
dall’epoca memoranda nella quale il Cardinal Riboldi di v. m.
fu vescovo di
Pavia, Giuseppe Terrabugio venne chiamato a recare il suo contributo
pratico
alla rinnovazione della Cappella di quella Cattedrale ed alla
sistemazione
dell’Archivio Musicale.
Ed attese al suo compito
con spirito
illuminato e sagace, sì da offrire, a chi gli succedette,
una situazione oramai
ben avviata.
Ma se
la vita movimentata e battagliera di Milano l’occupava per
circa otto mesi
dell’anno, il rimanente trascorreva egli nel suo bel
Trentino, profondamente
verde ed alpestre, percorrendo con assiduità esemplare quei
decanati;
stringendo amicizia con parroci, maestri ed organisti al fine di tutti
infervorare nella pratica assidua della riforma.
E da Primiero a Trento,
da Canal S. Bovo a
Cavalese, da Primolano a Rovereto, da Borgo Valsugana a Cortina
d’Ampezzo, da
Cles a Bolzano, egli - nei mesi estivi, e da vero propagandista -
passava col
suo fare semplice e bonario, ma con quell’autorità
la quale destava rispetto e
convinzione, a trattare del principio della riforma in genere, del modo
di
dirigere una scuola di canto sacro o pure della costruzione degli
organi e del
modo di suonarli.
In un’altra
circostanza ho pur ricordato la
riunione della Società Ceciliana
tridentina riunitasi per un Corso di
lezioni nell’agosto del 1891 al Seminario di
Trento. In quell’occasione
l’amico Terrabugio - burbero benefico come già
ebbi a definirlo - fu sempre a
noi vicino ad incoraggiare e ad incitare pur i dubitosi e gli
incerti... al
bene oprare. “La causa della musica sacra - andava egli
ripetendo - è causa di
Dio”.
Suddito austriaco,
allora, ma italiano
fervente sempre commosso, non lasciava sfuggire occasione di dichiarare
ed
affermare i propri sentimenti. Al pranzo sociale che - presente il KK,
Commissario Distrettuale - chiuse le adunanze di Trento, fu portata in
tavola
una grande torta cosparsa di bianco
zucchero, adornata di rose rosso
scarlatto e di foglioline verdi.
Non
potendo gridare viva al tricolore
italiano, il buon Terrabugio, con fare sorridente, e quasi con aperto
sottinteso, s’abbandonò ad acclamare
entusiasticamente alla bella torta.
E tutti i presenti a far
eco in coro alle acclamationes
dell’amico Bepi,
consenziente - ben s’intende - il KK. Commissario
Distrettuale!
* * *
Ho
dinanzi a me l’epistolario scambiato con
Giuseppe Terrabugio in pressoché cinquan’anni di
amichevoli rapporti. Fra le
prime lettere una ne trovo che merita di essere qua e là
riferita.
Si era nei primi mesi
del nostro comune
lavoro. L’applicazone del Decreto 1884 della Congregazione
dei Riti intorno
alla riforma della Musica Sacra incontrava non poche
difficoltà. Gli avversari -
come sempre in casi simili - si erano camuffati da riformatori onde
cercare di
continuare a prevalere, facendo correre la propria merce.
D’altra parte,
dove trovare giovani reclute
capaci di comprendere, propugnare e difendere i nostri ideali?
Molta musica cosidetta
liturgica arrivava al
periodico per la pubblicazione. Le avanguardie passatiste non volevano
cedere
pretendendo facessimo posto - nel periodico - alle loro cachetiche
fantasie. Ci
trovavamo quindi con un peso morto sulle spalle, piovutoci non si
sapeva come,
né da dove.
Ecco
ciò che il Terrabugio mi scriveva a questo proposito in data
24 settembre 1886:
Una
appendice debbo aggiungere alle sue idee ben pensate: che
cioè non si debbano
accettare per la pubblicazione se non lavori perfetti e già
riveduti o da
maestri fatti o dalla Commissione; i quali o la quale non abbiano
né da
correggere né da consigliare, ma soltanto accettare
o respingere. Il
nostro periodico
non deve essere il provino né dei principianti né
dei dilettanti. Sia esso
invece quello che insegna a scrivere come si deve a tutti, e mostri
come hanno
scritto gli antichi maestri.
E trattando particolarmente di una
certa Messa respinta dopo una
sequela di
alternative e di correzioni, di critiche… e di guai,
proseguiva dicendo:
si
avverta di ciò l’autore e lo si inviti a scrivere
per organo e non per
orchestra; facile e non difficile, ecclesiastico e non teatrale;
conciso e non
prolisso; tonale e non cromatico.
E
più sotto:
La pregherei di fare
un
articolo lettera a tutti i R R. Vescovi d’Italia dicendo che
S. S. Leone XIII
ha approvato l’idea della Riforma della Musica Sacra; che
quell’idea l’abbiamo
data noi e che vogliamo darle corpo scrivendo musica secondo la vera
forma e
raccogliendone di antica.
Ma che il gusto del
pubblico essendo guasto,
la nostra idea e l’approvazione del S. Padre non porranno
radici.
Perché essa germogli e fiorisca sempre
occorre che Voi Monsignore ci diate la mano proibendo nella vostra
diocesi ecc.
ecc.
La Lettera aperta[3]
“ai RR.mi Ordinari
delle Diocesi d’Italia” apparve infatti con la mia
firma nella Musica Sacra
dell’ottobre-novembre di
quell’anno 1886. Era abbastanza precisa ed implorante
a gran voce; ma essa suscitò eco prolungata di
recriminazioni perché, si diceva,
pretendevamo imporre le nostre false idee ai Vescovi tentando strappare
loro
dei consensi che i più ritenevano non meritassimo.
Per
aspera!... - caro Terrabugio - così gli scrissi
molti anni dopo, quando la
scambievole confidenza era diventata fraterna.
Ma le lettere del
valoroso e compianto
amico, a me indirizzate, formeranno forse oggetto della mia attenzione
- in
seguito - nelle colonne del Bollettino
Ceciliano.
Qui ritorno a Lui, alla
Sua cara memoria, al
ricordo esemplare delle Sue virtù di cristiano, di artista e
di amico,
additando nell’Uomo nobilissimo che per lunghi anni apparve
facella vivida sul
cielo del nostro movimento. Quegli che da tutti coloro i quali si sono
schierati valorosamente fra i sostenitori della causa della riforma
della
musica sacra, ha bene meritato in gratitudine e riconoscenza.
Alla Sua memoria vada il
nostro pensiero: si
intensifichi il nostro affetto, e per l’Anima Sua benedetta
salga a Dio
onnipotente e misericordioso la nostra prece, la nostra implorazione.
[TEBALDINI
GIOVANNI, Giuseppe
Terrabugio. (Ricordi
personali),
«Bollettino
Ceciliano», a.
XXVIII, n. 1, Vicenza, gennaio 1933,
pp. 13-16]
____
1. Giuseppe
Terrabugio (Fiera di Primiero, 1842 -
ivi, 1933), compositore. Studiò a Padova e poi a Monaco con
Rheinberger.
Costante propugnatore della necessità di una riforma,
fondò a Milano, con don
Guerrino Amelli, il periodico «Musica Sacra» (di
cui fu proprietario dal 1885
al 1924, inizialmente con M. E. Bossi e il conte Francesco Lurani) e
una
piccola scuola musicale per diffondere i principi ceciliani. Scrisse
molte
composizioni nel rinnovato stile liturgico, lavori sinfonici e brani
organistici. Tradusse dal tedesco Scuola
pratica di canto corale e Metodo di
organo del Mitterer, adattandolo alle esigenze italiane con
esempi ed
ampliamenti.
2. Si
tratta dell’articolo Per viam:
dalle cronache della riforma della musica sacra in Italia
(1881-1894). Note e appunti di Giovanni Tebaldini, uscito sul
numero
speciale del «Bollettino Ceciliano» (pp. 114-131)
per il XVI Congresso di
Musica Sacra del 23-28 aprile 1928.
3. TEBALDINI
GIOVANNI, Ai Reverendissimi Ordinari delle
Diocesi Italiane, «Musica Sacra»,
a. X, Milano, ottobre-novembre, pp. 74-75.
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