FELIPE PEDRELL1

 

Tebaldini stesso ha narrato la sua amicizia con Felipe Pedrell in una lettera2 a Mario Pilati, scritta tra il 13 e il 14 novembre 1929, quando il musicista napoletano andava raccogliendo notizie su Tebaldini, per un lungo studio da pubblicare sul “Bollettino Bibliografico Musicale”3:

 

[...] Felipe Pedrell, il maggiore esponente della rinnovata coscienza musicale della Spagna. Dalle antiche composizioni di Morales e Vittoria ai canti popolari provenzali, baschi, andalusi e moreschi; dal gregoriano alla più complessa polifonia, tutto egli ha saputo radunare e vivificare in una visione di bellezza di cui non ancora, a mio credere, si è compresa l’importanza. Alla sua scuola si abbeverarono Albeniz e Granados, Millet e de Falla. Fu un precursore di una versatilità meravigliosa. Mi scrisse la prima volta ricevendo il mio volume antoniano, in data 17 febbraio 1896. Di lui e della sua trascrizione di Morales io mi ero già occupato nella Rivista Musicale Italiana. Le 75 lettere e 17 cartoline che di lui posseggo sono un poema di storia, di estetica e di filosofia dall’anima latina. Per me fu un grande… Pochi mesi dopo ingaggiata la nostra relazione, mi fece invitare a Bilbao alle Feste Orfeoniche ove incontrai i musicisti spagnoli e francesi che già ho nominato parlando di Charles Bordes. A Bilbao oltre che all’organo in un mio Preludio al Concerto di Guilmont; oltreché il discorso tenuto al Congresso di musica sacra; al gran pranzo offerto dall’Ayuntamento all’Hotel Terminus, notando l’assenza nella sala che ci accoglieva, della bandiera italiana auspicai l’alleanza latina vibrante nel cuore e nell’anima (parole vane) al pari della gran voce secolare di nostra razza. (All’Hotel Terminus sin dalla prima sera dormii in un’ampia stanza a due letti con… Vincent d’Indy che vedevo per la prima volta). Di Felipe Pedrell mi occupai poscia assiduamente. Feci che Bossi eseguisse a Venezia il Prologo dei Pirenei. Il che avvenne la sera del 12 marzo 1897 presente l’autore, e con grande successo. In quell’occasione casa Fortuny sul Canal Grande si aperse per un suntuoso ricevimento. Il 19 (San Giuseppe) il Pedrell in compagnia di Bossi e di Mariano Fortuny, venne a Padova ove, per lui, feci eseguire la Missa Papae Marcelli di Palestrina che - non faccio per dire – filò stupendamente, senza la minima incertezza. Alla sera egli si recò a Milano in compagnia di Bossi per incontrarsi con Boito. Assieme assistettero ad una esecuzione della Bohème di Puccini alla Scala. Della quale opera il Pedrell non rimase affatto persuaso. Con l’eminente amico mantenni sempre cordiali affettuosi rapporti epistolari che ebbero però una sosta forzata dal settembre del 1900 all’agosto del 1905 (durante l’imperversare del turbine parmense e l’esilio doloroso de’ primi anni loretani). Nell’ottobre del 1911, inaugurandosi a Tortosa sua patria una lapide in onore del Maestro catalano, venni invitato e dall’Ayuntamento della città e dall’Orfeo Tortosì di partecipare di persona alle feste con un discorso d’occasione. Non ottenni permesso d’assenza dall’Amministrazione di S. Casa anche perché il mio V.[ice] Maestro Barbieri era ancora troppo inesperto e nuovo alla Cappella per poterne assumere la direzione nei solenni dell’1 e 2 novembre. Mi adoperai però per ottenere in detta circostanza al Pedrell una onorificenza italiana. E si ebbe la Commenda della Corona d’Italia. Dieci anni più tardi a mezzo del professor Angelo Bignotti si adoperò perché mi recassi a Barcellona a tenere qualche conferenza ed a dirigere un Concerto di musica italiana. Due circostanze me lo impedirono: l’improvvisa rivoluzione di Barcellona ed i miei impegni di Ravenna oltreché le preoccupazioni per la malattia già minacciosa della povera Pia. La sua ultima lettera a me indirizzata con mano tremante risale al 13.XII.20. L’illustre amico morì il 19 agosto 1922 a Barcellona. Di lui mi sono occupato con un ampio studio – Filippo Pedrell ed il Dramma Lirico Spagnuolo (pag. 64) – pubblicato nella Rivista Musicale Italiana fasc. 3 – 1897 e per lui mi sono adoperato onde B.[ernardino] Molinari facesse eseguire all’Augusteo di Roma il Prologo dei Pirenei; il che avvenne [!]. Il che infatti avvenne il 2 aprile del 1916.

 

Giovanni Tebaldini scrisse note ed appunti per l’esecuzione alla Società musicale “Benedetto Marcello” in Venezia la sera del 12 Marzo 1897 per il Prologo alla Trilogia “I Pirenei”:

 

Scorsi per la prima volta le grandiose pagine musicali in cui l’eminente maestro spagnolo ha rivestito di note il patriottico poema di Victor Balaguer, con l’animo tuttora pieno di impressioni e di emozioni vive, provate nel contemplare la poetica catena di montagne, dai primi colli che s’incontrano a Lourdes, sino agli ultimi declivi i quali si perdono nel golfo di Biscaglia.

[…] Ora è tutto perduto, ed a far rivivere la memoria di un sì glorioso passato, non può essere capace che l’arte, la grande, la pura arte che ritrae la sua forza dalle tradizioni nazionali alle cui fonti pochi, ma nobili ed eletti spiriti, si ispirano anelanti onde preparare alla propria patria un sereno, felice e fulgido avvenire.

Fra questi eletti va messo in prima linea Felipe Pedrell. Non più giovane d’anni, ei vide passare l’età delle illusioni, dei sogni, delle speranze senza poter sentire dietro a sé il fremito di una folla, compresa del fascino esercitato dalla voce del suo poeta, del suo cantore.

Malgrado ciò Felipe Pedrell si conservò sempre giovane nell’animo; giovane ed entusiasta del suo paese, della stria, delle tradizioni nobili e grandi per cui va celebre la Spagna cavalleresca.

Ei volle provare essere leggenda senza ombra di verità quella ammessa sin qui dagli storici; che cioè la Spagna cavalleresca.

Ei volle provare essere leggenda senza ombra di verità quella ammessa sin qui dagli storici; cioè che la Spagna musicale abbia avuto bisogno di imparare dalla scuola fiamminga della rinascenza, l’arte della classica polifonia.

Inizia così la pubblicazione della Hispaniae Schola Musica Sacra con delle composizioni sconosciute di Cristobal Morales, e consacra il nome di questo musicista, come quello del Palestrina spagnolo, il quale, per di più, vivendo cinquant’anni prima del nostro Pierluigi va messo, senza dubbio, nel novero dei grandi.

Detta un Dizionario generale dei musicisti spagnoli antichi e moderni; dà in luce il Teatro Lirico Espanol anteriore al secolo XIX; insegna storia della musica dalla cattedra dell’Ateneo di Madrid; dirige le scuole di canto d’assieme nel Conservatorio della stessa città; si fa promotore della Società Isidoriana per la riforma della musica sacra, ed ovunque nell’opera sua vibra alta e potente la nota del patriottismo più nobile ed illuminato, il desiderio febbrile di ridare al suo paese un’arte veramente nazionale.

Quale splendido esempi d’energia e di fede fra un popolo che da tanti anni, musicalmente, vive per riflesso altrui.

Felipe Pedrell compositore, quale tecnico si può considerare seguace di Wagner. Il modo da lui adottato nel trattare il testo, di sviluppare e frazionare i temi, di concepire le linee generali ed episodiche, di tracciare il disegno melodico, di vestirlo armonicamente, appartiene alla maniera wagneriana. Se non che il fondamento di cui si serve per erigere il suo grandioso edifizio è prettamente spagnuolo.

Da dotto e convinto folklorista egli andò ricercando qua e là nelle tradizioni popolari dei paesi che siedono sui due versanti della catena pirenaica, nella Navarra, nella Biscaglia, in Catalogna ed Aragona, i temi musicali pel suo componimento. Vi entrano così canti isidoriani e mozarabici, melodie moresche, falsi bordoni in ritmo libero. Elementi tutti atti a creare quel dramma lirico nazionale verso cui devono tendere le aspirazioni d’ogni forte artista.

Ed il dramma lirico spagnuolo – pur non ancora compreso, perché non si è ancora arrivati a comprendere, nemmeno dalla maggior parte dei musicisti, le ragioni ed i sentimenti che possono animare un artista nel dar vita ad una forma d’arte prettamente nazionale – esiste di fatto con la trilogia I Pirenei, da cui certamente muoverà un’era di rinnovamento per la Spagna musicale.

Il preteso cosmopolitismo, in arte, ha già fatto il suo tempo: l’uguaglianza, per non dire l’uniformità di sentimenti, di ispirazioni, di ideali estrinsecata coi medesimi mezzi, con le stesse forme, dal nord al sud d’Europa, ha già dato sufficienti prove di sé nella povertà dei risultati.

Sono quindi da accogliere con entusiasmo, più che con simpatia, i nobili sforzi di chi ama conservare, o meglio ancora creare, un’arte che si mantenga in ogni paese fedele alle proprie tradizioni, tipica e nazionale.

A tale categoria appartiene l’opera eminente di Filippo Pedrell.

Non è già il ricordo della Spagna moresca quale dal pennello di Fortuny, dalle note di Bizet e di Yradier ebbe nel nostro secolo nuovi ed affascinanti poeti; non è la Spagna dell’Alambra e dell’Halcazar, non il leggendario paese di Andalusia che con la Seguidilla e la Sevillana all’arte, alla letteratura, alla poesia, alla storia, alle armi, dette motivi per tanti capolavori, per tante pagine immortali; non è questa la Spagna cantata dal Balaguer e dal Pedrell.

È la Spagna latina, cavalleresca, eroica, piena di arte e di poesia, di amori e di gentilezze: tale il paese che han voluto degnamente rappresentare ed illustrare i due eletti ingegni che hanno dato vita alla Trilogia I Pirenei.

Intorno a quest’opera lirica la letteratura musicale d’ogni paese si è già intrattenuta parecchio.

[...] se l’Italia è stata l’ultima ad udire l’eco delle lodi che da ogni parte venivano tributate all’opera di Filippo Pedrell, con l’esecuzione di Venezia, promossa da convinti ed entusiasti ammiratori del fecondo e robusto ingegno spagnuolo, il nostro paese può vantarsi di uscire dal campo dell’ammirazione platonica presentando al pubblico le pagine musicali del prologo de’ Pirenei, mai per anco eseguito, neppure in Ispagna.

[...] E chi detta queste linee si augura davvero che la poetica città della laguna infonda all’illustre maestro tutta la forza e l’energia necessarie per ultimare ilo ciclo de’ suoi drammi lirici che esaltino le glorie di Spagna.

“Si l’Italie – scriveva il Pedrell non è molto – m’aidait avec l’exécution du Prologue, peût-étre je trouverai encore du courage pour terminer toute la Trilogie compléte, selon mon idée; car je chant seulement la Patrie et il me fallait terminer toute la Trilogie chantant l’Amour et la Foi; la Foi dans unsujet de Calderon, grand comme son nom”.

Che sì nobile proposito possa presto avverarsi. È l’augurio sincero e convinto che l’Italia, con l’ausilio di Venezia invia a Filippo Pedrell.

 

Ecco il necrologio del grande musicista spagnolo che Tebaldini pubblicò su una rivista di Bologna4, di cui si riportano i passi più significativi, tralasciando quelli con informazioni riportate nella corrispondenza con Pilati di cui sopra:

 

[...] Fu nella primavera del 1895 che ebbi occasione di dettare una prima recensione – per la Rivista Musicale Italiana – sul I° Volume dell’Hispaniae Schola Musica Sacra, dedicato per intero a Cristoforo Morales, ed essa mi valse la relazione personale – che poscia divenne salda amicizia – con Filippo Pedrell.

L’anno appresso ci incontrammo a Bilbao, in uno di quei Concorsi Orfeonici sì frequenti nel nord della Spagna e nel sud della Francia, ed in tale occasione, prendendo conoscenza della partitura dei Pirenei, tornai in Italia col proposito di sollecitare qui da noi l’esecuzione del grandioso e superbo Prologo; ciò che avvenne la sera del 12 marzo 1897 al Liceo Marcello di Venezia sotto la direzione di Enrico Bossi. [...]

I due fascicoli, secondo e terzo, dell’annata 1897 della Rivista Musicale Italiana, recano un mio studio, abbastanza ampio e che meritò di essere riprodotto nel Music di Chicago, su Filippo Pedrell e il dramma lirico spagnuolo. Forse esso ha contribuito a rendere noto in Italia – almeno nelle sfere dei musicisti colti – il nome del grande maestro catalano [...].

Pochi musicisti; meglio ancora, pochi spiriti; poche nobili anime; poche menti elette, hanno saputo dare, al pari del maestro catalano, per la gloria della Patria, tanto fervore di fede, tanto slancio passionale; consacrare alla visione ideale della resuscitata spirituale energia latina, tanta virtù di pensiero, palpito sì intenso ed ardente di vita, tanta profonda dottrina. E la Patria sino ad oggi, purtroppo, si mantenne verso di Lui, che fu sì amorevole, indifferente e pressoché immemore.

Allorquando nel 1911 Tortosa – la piccola città che gli diede i natali – si accinse – nella stretta cerchia delle sue mura – a celebrare l’illustre concittadino, fu dato di scorgere sinteticamente, per le pubblicazioni apparse in tale circostanza, a quale considerevole mole fosse già arrivata la vastissima opera del Pedrell. La quale veniva coronata in questi ultimi anni dal più tipico segno di florida giovinezza e di forza virile, col Festival lirico popolare El Conte Arnau, visione larga e luminosa destinata alle grandi arene di Catalogna e di Provenza.

Spero di trovar tempo e modo di assolvere il mio debito di ammirazione e di riconoscenza verso la memoria del compianto maestro ed amico occupandomi estesamente di Celestina, del Conte Arnau e della importante edizione dell’Opera omnia di Tommaso Lodovico da Vittoria intrapresa e condotta innanzi in modo veramente ammirevole. Ricorderò allora particolari degni di rilievo intorno alla vita artistica del grande musicista catalano, apostolo indefesso del folklorismo spagnuolo, dal Poema sinfonico: I canti della montagna, apparso nel 1877 nei Concerti della Società Catalana di Barcellona, al Finale grandioso del Conte Arnau sulle parole: Buccinate in noemenia tuba, in insigni dies solennitatis vestrae. Alleluja! Squarcio di una magnificenza audace e portentosa il quale appare come l’inno di esultanza che trabocca dall’anima universa nell’aspirazione ideale della sua ascensione verso il Creatore.

Per qualche anno il Pedrell tenne la cattedra di storia ed estetica della musica all’Ateneo di Madrid, da dove però, quasi sdegnato, si ritrasse per tornare nella sua Barcellona, quando comprese che nell’ambiente della capitale la sua voce sarebbe rimasta – poco più poco meno – non altro che la solita vox clamantis in deserto. [...]

La vita intima dell’illustre maestro trascorse in una semplicità che rasentò bene spesso la povertà, ma... la ricca povertà francescana.

Orbato anzi tempo dell’unica sua figliuola, visse gli ultimi anni, quasi cieco, in una solitudine laboriosa per la quale a Lui era dato di scorgere e penetrare con lo sguardo acuto per le vie ascose, ma ampie e luminose, della sua inestinguibile fede.

Nel 1919 donò alla città di Barcellona la importantissima collezione di manoscritti e stampe musicali antiche che egli possedeva; la quale venne poscia ceduta alla Biblioteca de Catalunya, che a sua volta ne curò un ricco Catalogo, iniziando in pari tempo, con altro volume, l’illustrazione storico critica delle opere più significative della medesima raccolta. Il Municipio della grande città catalana rimeritò allora il Pedrell del suo prezioso dono, deliberando pel vecchio maestro – già cadente – una pensione annua quale tardo, ma pietoso atto di riconoscenza.

Così è passato Lui pure dopo aver cantato co’ suoi amici poeti Federico Mistral, Jacinto Verdaguer, le glorie di Provenza, di Viscaya e di Catalogna, la Spagna medievale, latina ed istorica: la Spagna del suo vigile pensiero, del suo fervido amore fatto di poesia e di verità. Onore a Lui.

 

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1. Felipe Pedrell (Tortosa, 1841 – Barcellona, 1922), compositore e musicologo spagnolo. Ebbe le prime impressioni musicali come fanciullo cantore, a sette anni, nel coro della Cattedrale di Tortosa. Nel 1873 si stabilì a Barcellona come secondo direttore d’una compagnia d’operetta. La sua attività pubblicistica in campo musicale iniziò nel 1868 con alcuni articoli wagneriani sull’ «Almanaque musical». Nel 1874 fece rappresentare la sua prima opera. Dopo aver collaborato a vari giornali, dal 1894 al 1904 risiedette a Madrid, dove insegnò al Conservatorio. Tenne all’Università corsi di Storia della Musica e di Canto Popolare. Nel 1915 fu nominato professore al Conservatorio di Madrid. Alla sua scuola si formarono Albeniz e Granados, Millet e de Falla. Tebaldini lo conobbe nel 1896 al Congresso di Musica Sacra di Bilbao. Nel 1897 fece eseguire per la prima volta in Italia il Prologo alla Trilogia “I Pirenei” (Venezia, Società Musicale “Benedetto Marcello”, direttore Marco Enrico Bossi).

2.  Corrispondenza conservata  presso l’ Archivio privato Laura Pilati Esposito di Losanna.

 

3.  Mario Pilati, Giovanni Tebaldini, “Bollettino Bibliografico Musicale”, a. IV, n. 11, Milano, novembre1929, pp. 1-29.

 

4. “Il Pensiero Musicale”, a. II, n. 10, ottobre 1992, pp. 193-95.

 

 

 

Felipe Pedrell

 

 

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