ANGELO DE SANTI
Padre Angelo De Santi1, gesuita di origine triestina (operante a Zara, corrispondente della “Voce Cattolica” di Trento), entrò in contatto con Giovanni Tebaldini, allora redattore della rivista milanese “Musica Sacra”, il 5 giugno 1886. Gli indirizzò una lettera (dandogli del “Molto Rev. Signore”) per spiegargli che stava impegnandosi nella “riforma della musica sacra nelle province austriache di lingua italiana” e aveva bisogno del suo appoggio dalle colonne del periodico su cui scriveva. Tebaldini, che nella Scuola di Polifonia e Canto gregoriano di Padre Guerrino Amelli a Milano aveva maturato chiare idee sulla vera musica liturgica, lo assecondò volentieri continuando con maggiore impegno il già intrapreso apostolato. Così tra i due andarono consolidandosi i comuni intendimenti, la stima e la fiducia, tanto che dalla corrispondenza si traggono confessioni artistiche che Tebaldini non aveva mai fatto ad alcuno: l’aspirazione a trasferirsi a Roma dove in precedenza era stato chiamato il De Santi; le sue divergenze con Giuseppe Gallignani, direttore di “Musica Sacra”; le motivazioni della scelta di recarsi a studiare in Germania, comprese le perplessità fugate dallo stesso De Santi; le riserve circa l’accettazione dell’incarico di Secondo Maestro della Basilica di San Marco a Venezia, il sostegno all’opera di riforma, non condivisa da tutti i religiosi, fino alla decisione di passare a Padova per ricoprire il posto di direttore della Cappella Musicale della Basilica del Santo con un ruolo che lo avrebbe facilitato nel raggiungimento delle finalità prefissate. Quando nel 1889 l’amicizia era già solida, Tebaldini compose l’offertorio Confirma hoc Deus (edito l’anno dopo dalla Calcografia di Musica Sacra), che dedicò a De Santi. Quest’ultimo, da parte sua, considerava Tebaldini membro attivo, non ecclesiastico, tra i più autorevoli ai fini del rinnovamento delle esecuzioni in chiesa e della diffusione, a mezzo stampa, delle idee ad essa legate. Infatti, T. era diventato collaboratore di parecchie testate e per qualche anno a Venezia aveva pubblicato una propria rivista, “La Scuola Veneta di Musica Sacra”, con l’obiettivo principale di battersi in favore della causa abbracciata, sostenuta con convinzione da Giuseppe Sarto, quando era Vescovo di Mantova, successivamente in qualità di Patriarca di Venezia e, con più poteri, allorché salì al soglio pontificio con il nome di Pio X. Era stato Leone XIII a volere il trasferimento di Padre De Santi a Roma. Lì egli si era fatto conoscere come valente insegnante di canto e musica nei collegi della Compagnia del Gesù ed era andato acquistando una fama sempre maggiore, grazie agli applauditi concerti delle sue Corali. Lo stesso Papa lo aveva incaricato di propagandare il movimento ceciliano e De Santi lo faceva anche appoggiandosi al fedele Tebaldini che operava con dinamismo tra le province venete e lombarde, dove aveva fondato l’Associazione di San Gregorio, che riuscì a diffondere in modo inaspettato. De Santi fu il primo ad introdurre in Italia (al Seminario Vaticano) lo studio del Canto Gregoriano secondo le edizioni benedettine, dopo che con Tebaldini ed altri aveva avuto un saggio scambio di vedute sulla questione ratisbonese-solesmese. Per il maggio 1893 - ”fausta ricorrenza” del Giubileo Episcopale di S. S. Leone XIII - De Santi chiamò a scrivere una partitura Tinel, F. Capocci, Mitterer, Haller, Meluzzi, Bossi, Guilmant, Gallignani, G. Capocci e, naturalmente, Tebaldini che presentò Quare fremuerunt gentes. Il 21 maggio l’amico gli scriveva:
[…] In ispecie alla “Difesa” sarà mandata una speciale corrispondenza per riguardo al suo “Quare”, che fece veramente ottimo effetto e mise davvero alla prova la abilità dei miei cantori a cagione delle spezzature e soprattutto nell’intonazione dei pezzi scoperti che si conservò perfettamente senza la più piccola oscillazione […].
Il brano fu pubblicato in “Composizioni Musicali”, a cura del Seminario Vaticano ed eseguito per la prima volta nella solenne Accademia di Poesia e di Musica tenuta dagli alunni del Seminario, presente il Pontefice. “La Difesa” n. 116 del giugno successivo esprimeva un motivato giudizio favorevole (v. “Note didascaliche alle composizioni”, n. 116)
Tra De Santi e Tebaldini si era instaurata una dialettica costruttiva. Il primo apprezzava la vis polemica dell’altro, che spesso sosteneva diatribe a mezzo stampa, con questo e con quello, per esplicitare convinzioni musicali che pochi erano in grado di contestare in virtù della sua preparazione e della profonda fede nell’ “alto ideale”. Ma, per l’acceso dibattito con Giuseppe Angelini di Venezia su una Messa di Charles Gounod, portato avanti a lungo sul quotidiano “La Lega Lombarda” e in altri periodici, il De Santi gli rimproverava un’eccessiva intransigenza. Eppure in diverse occasioni - soprattutto su “Civiltà Cattolica” - egli stesso si era mostrato integralista, tanto che per un periodo fu allontanato da Roma, mal visto da chi con la riforma vedeva lesi gli interessi personali e si sentiva togliere il potere… Tebaldini, deluso da certe critiche interne al movimento ceciliano, con l’accettazione della nomina a Direttore del Conservatorio di Parma sembrava volersi distaccare dall’impegno di propugnatore della riforma. In un’amara e circostanziata lettera all’amico dirà chiaramente che, dopo averle dedicato “toto corde” dodici anni della sua esistenza, intendeva diffondere la polifonia e il gregoriano solo tra i suoi studenti. Più tardi, con il suo trasferimento a Loreto, dove dirigeva la Cappella Musicale della Santa Casa, tornò a battagliare, soprattutto per rendere attuativa la riforma nelle Marche, promuovere conferenze, convegni, concerti. Quando nel 1902 De Santi, insieme a Mons. Carlo Respighi, fondò la rivista “Rassegna Gregoriana” chiamò a collaborare Tebaldini che con l’abituale competenza dissertava su tematiche e musicisti conosciuti a fondo da pochi. Finalmente i ceciliani ebbero la loro brava rivincita. Pio X, all’indomani della sua elezione, tagliando ogni peregrina discussione, emanò il Motu proprio, che sanciva le regole della riforma e che nel testo, a tratti, riportava parole desunte dagli articoli del De Santi. Nel 1912 Tebaldini, colpito da ripetute, tristi vicende familiari, diede le dimissioni dall’incarico di Delegato Regionale dell’Associazione Italiana di S. Cecilia con grande rammarico di De Santi. Comunque, rimasero in rapporto epistolare fino al 1922, anno della scomparsa di De Santi, tenendosi reciprocamente informati sulle rispettive attività e sulle sorti di quanto avevano sempre a cuore.
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1. De Santi Angelo (Trieste, 1847 – Roma, 1922) entrò sedicenne dai Gesuiti presso i quali studiò trasferendosi anche in Francia e Austria. Ricevuti gli ordini nel 1877, l’anno dopo, per volere di Papa Leone XIII, veniva chiamato a Roma per promuovere gli studi, compresa la storia della musica. Alla musica sacra egli dedicò tutte le sue energie. Dal 1887 collaborò a “La Civiltà Cattolica” combattendo tenacemente la sua battaglia in favore del canto gregoriano. La difesa delle sue idee gli attirarono molte inimicizie anche tra il clero. Nel 1894 gli fu imposto di lasciare Roma per cinque anni, ma fu richiamato presto ad insegnare nel Seminario Pio e nel Seminario Vaticano. Nominato Presidente dell’Associazione di Santa Cecilia nel 1909, fu tra i fondatori della Scuola Superiore di Musica Sacra, divenuta poi il Pontificio Istituto di Musica Sacra. Con Carlo Respighi fondò la rivista “Rassegna Gregoriana”.
Angelo De Santi [BAV, Fondo Perosi, cart. 32] |
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