MARCO ENRICO BOSSI
Il
compositore e organista Marco Enrico Bossi1 fu tra gli amici più sinceri e uno dei
collaboratori più assidui di Giovanni Tebaldini. I due erano quasi
coetanei e conterranei: il primo era nato a Salò nel 1861, l’altro a
Brescia nel 1864. Lo stesso Tebaldini, in un articolo pubblicato su
«L’Idea Nazionale» del 3 febbraio 1916, ricordava:
Fu in un
pomeriggio autunnale del 1885 che nella Chiesa di San Carlo a Milano
ebbi occasione di assistere per la prima volta ad una audizione d’organo
offerta – con composizioni proprie – da Enrico Bossi. Quel primo
concerto mi resta tuttora impresso nella memoria e nell’anima come
un’alta e dolce sensazione di vera arte. Si brancolava nella stessa
scuola nostra [il Conservatorio di Milano presso il quale Bossi si era
diplomato nel 1881], in cerca della via da seguire e la esecuzione
organistica data dal Bossi parve illuminare d’un tratto la nostra
strada. Una sua prima Suite
dal titolo suggestivo – Res severa
gaudium magnum – fatta sentire in quella circostanza provvidi io
stesso a farla pubblicare dal periodico Musica Sacra di cui avevo
assunto la direzione e la compilazione.
La comune passione per l’organo e per il restauro di
quelli liturgici (al fine di poter eseguire le antiche partiture),
l’impegno nella riforma della musica sacra e l’adesione al movimento
ceciliano fecero incrociare spesso le loro strade e dettero coesione al
loro rapporto.
Nell’agosto del 1888 [è ancora Tebaldini che
racconta] un vero avvenimento artistico chiamava da Milano a Como una
moltitudine di artisti, di letterati, di musicomani. Enrico Bossi doveva
inaugurare il nuovo organo di quella cattedrale con un programma severo
ed austero. Sedendo innanzi al nuovo strumento interprete di G. S. Bach,
parve cantare egli con sovrana voce l’inno alla bellezza eterna. E fu
davvero il maggior gaudio spirituale che alla nostra anima giovanile
potesse mai offrirsi. [...] In parecchie circostanze il Bossi mi fu
compagno nei passi percorsi durante la mia carriera artistica. E l’ebbi
accanto a me ripetutamente, in occasioni solenni e memorabili sotto le
volte dorate del magico San Marco di Venezia ed ancora più tardi a
Sant’Antonio di Padova. Né posso tacere che nel settembre del 1892,
mentre egli occupava il posto di professore d’organo al Conservatorio di
Napoli, trovatici assieme in un ameno paesello sulle rive dell’Adda [Vaprio],
a me caro per affetti familiari, in pochi giorni, dividendoci il lavoro,
compiemmo quella Messa pro
Defunctis che, presentata al concorso indetto dalla R. Accademia
Filarmonica Romana, venne poscia premiata e prescelta per l’esecuzione
che ebbe luogo sotto la nostra direzione nel gennaio successivo al
Pantheon pei funerali [messa annuale in suffragio] di Vittorio Emanuele
II e che costituì – dirò così – il nostro debutto nell’ambiente musicale
di Roma. Di poi [1894] lavorammo ancora assieme a quel
Metodo di studio per l’organo
moderno che fece testo nelle scuole d’Italia e che pur all’estero
venne accolto con favore e consenso [Tebaldini redasse la parte teorica
e storica. L’edizione ristampata per più di 100 anni, ancora appare nel
catalogo della Carisch di Milano].
Chiamato nel 1895 alla direzione del Liceo Marcello di Venezia, dove a
me compagno nelle esecuzioni in San Marco aveva il Bossi lasciato di sé
grato e vivo ricordo come artista superiore, fu per mia sollecitudine
che – svelatagli la grandiosa bellezza della
Trilogia dei Pirenei di Felipe Pedrell, appena allora recata da un
viaggio in Ispagna – si accinse a far eseguire quel superbo
Prologo che illustrato,
assieme al resto dell’opera grandiosa del maestro catalano, da una mia
calorosa esegesi, meravigliò e sorprese il pubblico veneziano.
Purtroppo,
Bossi morì improvvisamente il 21 febbraio 1925 per una meningite
fulminante, a seguito di una otite mal curata, mentre si trovava sul
vapore Degrasse diretto a Le Havre.
Tebaldini un mese dopo, per incarico dell’Associazione “Alessandro
Scarlatti” di Napoli, tenne una sentita commemorazione “ridestando, in
breve, con animo commosso e efficace parola, tutte le memorie
riferentesi alla vita artistica di chi gli fu, più che amico, fratello”2
e che all’inizio della carriera aveva tenuto la cattedra di
organo e armonia presso il Conservatorio San Pietro a Majella. Nel mezzo
del suo discorso rievocava i tempi milanesi quando:
[...] si battagliava anche contro il parere di
alcuni nostri insegnanti, onde persuadere i costruttori d’organi a
concedersi le due tastiere di sessant’un tasti; i registri intieri; la
pedaliera cromatica di trenta, od almeno di ventisette pedali, onde ne
fosse dato tentare di metterci in grado di poter imparare a conoscere la
letteratura organistica che in Italia era rimasta, sino ad allora, libro
chiuso ed intonso per tutti. E dal Conservatorio – non dalla scuola,
purtroppo – ma dai corridoi, dai cortili, dalla piazza circostante (Amori
et dolori sacrum dice l’epigrafe posta sulla facciata della Chiesa
della Passione: epigrafe che divenne quasi la nostra divisa), dalle
borgate della provincia in cui, alla domenica, andavamo guadagnandoci il
poco pane necessario al sostentamento della settimana; di là, e per
opera di pochi, incominciò quell’azione assidua, perseverante e tenace
che in Enrico Bossi ebbe il suo massimo esponente: azione la quale
doveva portare – finalmente – alla instaurazione in Italia di una vera
scuola organistica e, conseguentemente, alla rivelazione ed alla
creazione di tutto un nuovo mondo di arte pura3.
Insieme
fecero parte di commissioni per il collaudo di vari organi e della
Commissione Permanente per l’Arte Musicale del Ministero della Pubblica
Istruzione.
Tebaldini, tra altri episodi, accenna all’opera di Bossi
Il veggente, dalla “concezione musicale ardita; piena di slancio e
di passione” che, rappresentata al Dal Verme di Milano nel 1890, sollevò
vivaci polemiche
pel soggetto in esso preso a trattare. In breve il
Bossi, afflitto, ma rassegnato, per le mie insistenze convenne intorno
alla necessità di ritirare la propria partitura. [...] Fui vicino al
Bossi in quelle ore combattute e mi gode l’animo di ricordare che,
forse, la mia parola confortatrice ha valso, malgrado l’amaro
disinganno, ad infondergli fiducia nel proprio avvenire4.
Una lunga
corrispondenza li ha tenuti in contatto anche quando erano agli antipodi
per impegni carrieristici. Reciprocamente si sono dedicati delle
composizioni: Arrilia di Bossi
a Tebaldini; Veritas mea e
Marche grave (da Trois Pièces
d’Orgue) di Tebaldini a Bossi.
A distanza di anni, fa piacere ‘risentirli’ insieme in alcune
manifestazioni con musiche per organo. Ultima occasione la presentazione
del Cd Sonate Italiane (La Bottega Discantica,
Milano, 2007) tenutasi nel Duomo di Treviso con l’organista Giovanni
Feltrin e il CoroinCanto diretto da Marina Bottacin.
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1. Marco Enrico Bossi (Salò, Brescia, 1861 - durante
la traversata da New York a Le Havre, 1925), compositore, organista e
pianista. Studiò al Liceo Musicale di Bologna dal 1871 al 1873 e al
Conservatorio di Milano fino al 1881. Dopo essere stato maestro di
cappella e organista del Duomo di Como (1881-1890), insegnò armonia e
organo al Conservatorio di Napoli. Nel 1895 fu nominato direttore del
Liceo Musicale “Benedetto Marcello” di Venezia, dove fu anche professore
di composizione e direttore dei concerti. Dal 1902 ricoprì la carica di
direttore del Liceo Musicale di Bologna, conservandola fino al 1911. Dal
1916 al 1920 fu direttore del Liceo Musicale di S. Cecilia a Roma.
Recatosi in America per una serie di concerti, morì durante il viaggio
di ritorno. Compose opere sinfonico-corali, tra le quali
Il cieco, il
Canticum Canticorum,
Il paradiso perduto,
Giovanna d’Arco. Tra le opere
didattiche, da ricordare il Metodo
teorico-pratico per lo studio dell’organo moderno, realizzato in
collaborazione con Tebaldini. Per il teatro scrisse l’opera
Il veggente che, a seguito
delle critiche degli ecclesiastici, egli si impegnò a non rappresentare
più.
2.
Commemorazione di M. E. Bossi,
«L’Arte Pianistica», a. XII, n. 3, Napoli, febbraio 1925, p. 6.
3-4. Stralci dal
Discorso commemorativo di Marco Enrico Bossi, tenuto da Tebaldini
alla Sala “Maddaloni” in Napoli il 24 marzo 1925, pubblicato su «L’Arte
Pianistica», n. 4, Napoli, aprile 1925.
Ritratto
fotografico di Marco Enrico Bossi con dedica
"a
Giovanni Tebaldini che in un / momento angoscioso di mia vita /
artistica
si è dimostrato più che / amico fratello; col
più caldo affetto /
offre
M. Enrico Bossi / Napoli 6 / 7 90".
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