Ricordo di Giovanni Tebaldini

È scomparso l’altro giorno Giovanni Tebaldini: quasi novantenne, fu tra quelli che, pur in silenzio, molto contribuirono alla profonda trasformazione creatasi nella musica italiana dopo la morte di Verdi.
E ricordiamo il musicista scomparso non certo a causa della sua età e delle testimonianze che egli sempre ci dette dei periodi che precedettero le maturazioni d’oggi, ma perché egli fu tra i primi a risuscitare in Italia la conoscenza della musica polifonica ed a valorizzare quanto i musicisti avevano creato dal Cinque al Settecento.
In un mondo che viveva soltanto nel teatro lirico e per il teatro lirico egli portò una luce nuova: aprì orizzonti che sembravano ormai decisamente chiusi; risuscitò opere che erano considerate niente più che accademiche, e, quel che più importa, non limitò la sua azione alle ricerche di biblioteca, ma portò le musiche nel vivo delle esecuzioni; e nelle chiese riecheggiarono le grandi messe barocche, e nelle sale da concerti riapparvero i concerti grossi e le opere strumentali italiane. Nacque in tal modo l’amore per gli studi e per le ricerche che diedero così cospicuo arricchimento al nostro patrimonio musicale.

Mario Labroca1
 

(Rubrica radiofonica “L’Osservatore musicale”, 18.5.1952; anche in Parole sulla musica, Milano, Ricordi, 1954, p. 67)

 

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1.  Mario Labroca (Roma, 1896 – ivi, 1973), compositore, organizzatore e critico musicale. Studiò musica con Malipiero, Respighi e Casella. Nel 1923 promosse la sezione italiana della Società Internazionale di Musicologia. Fu sovrintendente a Firenze, Venezia e alla Scala di Milano. Dal 1949 al 1958 è stato condirettore dei programmi Rai. L’anno dopo tornò alla Fenice di Venezia assumendo anche l’organizzazione della Biennale Musica fino al 1972. Ha composto opere, scritto saggi e un libro di memorie, L’usignolo di Boboli (1959)

 

 

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