La Conferenza del Maestro Tebaldini
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Nella storia musicale italiana degli ultimi cinquant’anni spetta a Giovanni
Tebaldini un posto d’onore. Egli fu tra i primi – in tempi di vera infezione
melodrammatica – a dare vitale impulso alla riforma della musica sacra e a
ricondurre le giovani generazioni dei musicisti all’amore della nostra antica
musica: il canto gregoriano e l’epoca aurea palestriniana hanno in lui il più
forte ed appassionato conoscitore. Al Tebaldini si debbono – oltre a molte
opere di alta ispirazione – riesumazioni importantissime quali quelle della
«Rappresentazione d’Anima e di Corpo» del de’ Cavalieri, dell’ «Euridice» del
Peri e del Caccini.
[...]
Recentissimo è il successo riportato dal suo Quintetto gregoriano e delle conferenze romane su Beethoven. «Le sue
conferenze – scrive Giulio Fara – sono lezioni in cui l’erudizione diventa
cultura e questa si anima sempre del calore della fede e dello slancio dell’amore». Molti ricordi legano la vita di
questo musicista a figure di primissimo piano d’altri tempi, ed a sentirlo
rievocare fatti e pensieri del Verdi, Boito, Ponchielli, Bazzini, Puccini,
Bossi e di molti altri ancora, ti sembra di rivivere in mezzo a loro.
Ma
soprattutto è Giovanni Tebaldini un maestro, nel più alto senso della parola.
Premesso al suo nome, questo titolo acquista – come in pochi altri casi – il
valore più completo ed assoluto. Astrazion fatta dalle doti precipue del
musicista, la figura di Tebaldini uomo è
tutta illuminata dalla luce di uno spirito forte e puro, nel quale Bellezza e
Bontà trovano il loro ideale congiungimento. Fortunati si ritennero e si
ritengono coloro i quali, atti a ricevere il benefico afflato che emana dalla
personalità del maestro, ebbero occasione di avvicinarlo, sia in veste di
discepoli nel diuturno contatto della scuola, sia in qualità di amici in
occasionali incontri e discussioni d’arte.
È
qui però difficile fare una separazione netta nell’estensione dei due concetti
di discepolo e amico: Possiamo infatti chiamare semplicemente Maestro colui che
oltre ad insegnarci nell’ambito della scuola i precetti e la tecnica dell’Arte,
dischiude il nostro animo alle più elette espressioni della bellezza, ci
accosta ai capolavori dei grandi e ce li svela, ci fa sentire i valori altissimi della tradizione italiana, non solo, ma,
uscendo dal campo dell’arte, ci è prodigo di affettuosi consigli, ci sprona a
superare da forti le lotte basse della vita, plasmando in noi, accanto a quella
dell’artista, l’anima dell’uomo? [...]
Luigi Colonna di Stigliano1
(stralcio da «S. Marco»,
Zara, 1935; anche in «Illustrazione Bresciana», 1 giugno 1935, pp. 41-42, con
il titoloUn concittadino: Giovanni
Tebaldini)
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1. Luigi Colonna di Stigliano, allievo di Tebaldini a
Napoli, fu compositore, critico musicale e, come direttore d’orchestra, lavorò
lungamente al Teatro Comunale di Firenze e alla Rai. Nel 1935 aveva chiamato Tebaldini
a Zara per due conferenze: Commemorazione
di Amilcare Ponchielli (25 aprile) e L’arte
e la vita di Beethoven (26 aprile).