Nel centenario della nascitaGIOVANNI TEBALDININEGLI APPASSIONATI ANNI DI CONSERVATORIO
Ricorre quest’anno il centenario della nascita di Giovanni Tebaldini1: ci è grado, nel silenzio pressoché totale in cui si è lasciata trascorre questa data, onorare la memoria del maestro rievocandone, con gli anni di studio trascorsi nel Conservatorio milanese, l’esordio nel mondo musicale. Esordio, diremo subito, contrastato e polemico, nel quale è possibile scorgere quel fervido ed animoso entusiasmo morale, quella fiera e risentita combattività che caratterizzarono poi la sua molteplice attività di compositore, di musicologo e storico, di didatta e di organizzatore, volta alla discussione e alla propaganda di un più severo e consapevole ideale estetico, di un più aperto e storicistico gusto musicale. Tanto più interessante, dunque, in quanto proprio negli anni di studio andarono prendendo corpo nel Tebaldini, temi e motivi che ne guidarono sino alla fine l’intera esistenza, spesa nel rinnovamento del costume musicale italiano, anche se il fine più diretto e immediato fu, o poté sembrare, la riforma della musica sacra2. Il Tebaldini fu ammesso al Conservatorio di Milano nel 1883; iniziato giovanissimo alla musica da oscuri maestri bresciani, egli aveva al suo attivo, all’atto dell’entrata nell’Istituto, parecchi anni di attività quale direttore di cori nella città natale, a Macerata e a Milano (Teatro Castelli, 1881), e quale organista a Vespolate, un paesino in provincia di Novara, dove studiò composizione con A. Cagnoni. Superato agevolmente l’esame di ammissione con 7,87 decimi di votazione, si iscrisse alla classe di contrappunto e composizione di Panzini, frequentando come uditore le lezioni del Ponchielli. I primi due anni di studio si conclusero in maniera lusinghiera con il giovane musicista bresciano che ottenne nel 1884 la media di 23,46 trentesimi per il corso principale e 24,74 per quelli complementari (Nozioni musicali, Pianoforte, Violino, oltre a Lingua Italiana, Francese, Storia Universale e Geografia), guadagnandosi un Attestato di Merito, e nell’anno successivo 27,12 trentesimi per il corso principale e 27,31 trentesimi per quelli complementari (cui si era aggiunto il corso di Organo con Polibio Fumagalli), ottenendo, alla fine dell’anno una Gran Menzione. Tanto più stupisce, quindi, quando si prendano ad esaminare i registri dell’anno 1886 notare, dopo le brillanti notazioni del primo bimestre di corso, la gelida annotazione: Radiato nel mese di Febbraio per decisione del Consiglio Accademico. Che cos’era mai avvenuto per sollecitare da parte della Direzione del Conservatorio una decisione così grave? Per rispondere a tale domanda, è necessario seguire brevemente il Tebaldini nelle sue relazioni con l’ambiente musicale milanese dell’epoca. Interessato, per la sua attività di organista, ai problemi della musica sacra che da qualche decennio andavano agitandosi in tutta Europa e facevano sentire in quel periodo profonde ripercussioni anche in Italia, egli si era legato d’amicizia con Guerrino Amelli e con la cerchia di musicista facenti capo all’Associazione italiana di S. Cecilia ed alla Scuola Superiore di Musica Sacra, di cui aveva preso a seguire i corsi. Collaborava inoltre con Marco Enrico Bossi, Giuseppe Terrabugio e Giuseppe Gallignani alla rivista dell’Amelli, Musica Sacra. Il Tebaldini era la più convinta ed entusiasta recluta del gruppo, portato dalla stessa irruenza del carattere e dalla vitalità giovanile a sottolineare con deciso piglio battagliero il contenuto polemico delle tesi riformistiche. Ma è giusto anche osservare che le sue critiche muovevano soprattutto da presupposti di gusto ed erano aliene dal più reazionario e corrivo moralismo di qualche suo compagno di fede. Fondatosi, alla fine del 1885 il periodico cattolico “La Lega Lombarda”, parve naturale affidare al giovane maestro la rubrica della critica musicale. Ma proprio da questa occupazione doveva derivare al Tebaldini più d’una amarezza e, alla fine, l’espulsione dal Conservatorio stesso. Che il tatto e la diplomazia non fossero doti congeniali al giovane critico, risulta fin troppo chiaramente da questo commento ad una messa di Polibio Fumagalli, uno dei suoi insegnanti al Conservatorio milanese, comparsa nel primo (!) numero del nuovo quotidiano, il 1° Gennaio 1886.
“…Non spenderemo troppe parole per dire dei meriti di questo nuovo lavoro musicale perché, lo dichiariamo francamente, non ci pare che sia il caso. Il maestro Fumagalli, lo si desume facilmente dalla prima udizione, nel comporre la sua nuova messa era dominato dalle migliori intenzioni: ma queste non bastano, ché egli, credendo di scrivere in uno stile severamente contrappuntistico non è riuscito altro che a dare un poverissimo lavoro, tanto sotto l’aspetto teorico che dal lato estetico dell’arte. Le recenti disposizioni della Sacra Congregazione dei Riti riguardanti la Musica Sacra3 vietano assolutamente di dividere le parti del Gloria e del Credo in pezzi separati. Il Fumagalli ha creduto di ottemperare pienamente a queste disposizioni ma invece non è riuscito che a bistrattare continuamente la parodia (sic). Non citiamo esempi perché lo crediamo inutile; ma a noi sembra che un musicista del valore di Fumagalli, componendo una nuova messa ora che si agita la questione della riforma della musica sacra, avrebbe dovuto almeno badare dove i periodi testuali hanno principio e dove finiscono. […] Abbiamo detto che egli colla lodevole intenzione di comporre nello stile elevato, non riuscì che a dare un povero lavoro contrappuntistico […]: la sua messa porge meno appigli alla critica appunto in quelle parti nelle quali lo stile è affatto libero: ciò dicendo siamo però ben lungi dall’approvare le teatrali e troppo frequenti sospensioni che infiorano questa nuova messa […].
L’anonimato, peraltro trasparente, dell’articolo, valse, se non a mitigare, almeno a ritardare di qualche settimana le reazioni facilmente prevedibili, nel contesto di una mentalità didattica estremamente più rigida e severa dell’attuale, da parte del Fumagalli e degli ambienti del Conservatorio. Tra l’altro il candido Tebaldini poco più tardi4, non perdeva l’occasione di criticare il Consiglio Accademico del Conservatorio per “la troppa facilità con cui […] permetteva ad un primo venuto qualunque di presentarsi al pubblico” nei Concerti dell’Istituzione. “Così la maggior parte dei concertisti di cui gli uditori sono costretti a subirsi le peregrine virtù – proseguiva il Tebaldini catafratto nel suo sdegno moralizzatore – non sono che meschinissime mediocrità: perciò non è a meravigliarsi se… la Sala del Conservatorio è sempre pressoché vuota”. Forse fu la goccia che fece traboccare irrimediabilmente un vaso fin troppo colmo, considerando anche che molte di quelle “meschinissime mediocrità” erano insegnanti valorosi dello stesso Conservatorio. L’11 febbraio seguente, il Fumagalli, individuata finalmente la mano che guidava tanto impertinente penna, inviò al giornale questa lettera, fremente di malcelato sdegno:
Signor Direttore, nella legittima soddisfazione che mi ebbi da egregi musicisti quali sono i Maestri di Cappella Cagnoni, Meiners, Gallignani per la mia Messa nuova eseguita il 30 dicembre scorso nel tempio di S. Celso, la nota scordata del di lei critico, mi ha alquanto amareggiato. Il mio lavoro aveva avuto già il suffragio di quella vera illustrazione che fu il Ponchielli5 e dall’altro pure insigne contrappuntista Perelli. I vivi incoraggiamenti e gli encomi di tali notabilità mi hanno dato diritto di attendermi un coscienzioso ed imparziale giudizio di chi ha l’onore di collaborare per la parte musicale al di lei periodico […].
La direzione del giornale ebbe un bel proclamare che non vi era “un critico nella Lega Lombarda individualmente disgiunto dalla Direzione” e “che unico e solo responsabile” era il direttore, fermamente intenzionato ad evitare “polemiche allo scopo di andare a colpire altre persone”. Infatti, nonostante la difesa del giovane, assunta generosamente dall’allora direttore Antonio Bazzini, il Consiglio Accademico del Conservatorio, nella seduta del 17 febbraio 1886 decretò di espellere il Tebaldini “in causa di grave mancanza disciplinare”. Così si concluse l’apprendistato al Conservatorio milanese del Tebaldini: certo, tenuto conto di quanto ingenuamente donchisciottesco era nel suo comportamento, derivante in parte anche da certa angolosità di carattere di cui neanche in seguito egli seppe liberarsi6, come pure del modo astratto e in definitiva antistorico con cui egli stesso e i suoi compagni di gruppo andavano conducendo la propria polemica, è onesto tuttavia riconoscere il coraggio e l’intransigente forza morale, che rimasero una costante della sua indefessa e multiforme attività. Del resto lo stesso Tebaldini dovette, una volta mitigatosi il calore della polemica, rendersi conto della sua giovanile intemperanza: non a caso egli, pur così proclive al ripiegamento autobiografico, evitò di tornare, nei suoi scritti, sull’argomento. E la riconciliazione ideale con il Conservatorio milanese dovette definitivamente avvenire nel 1925, quando, dopo gli studi in Germania, la riforma delle Cappelle di S. Marco e di Sant’Antonio di Padova, la burrascosa direzione del Conservatorio di Parma, e infine l’operosa solitudine a Loreto, egli fu espressamente invitato a tenere nell’Istituto che aveva visto la sua contrastata formazione, un corso di esegesi gregoriana e palestriniana.
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1. Per un inquadramento di carattere generale della vita e dell’opera di Giovanni Tebaldini si rimanda ad A. De Angelis, L’Italia Musicale d’oggi. Dizionario dei Musicisti, Roma, 1928; M. Pilati, Giovanni Tebaldini, in “Bollettino Bibliografico Musicale”, Milano, a. IV, n. 11, novembre 1929, pp. 1-29; V. Brunelli, Giovanni Tebaldini, in “Commentari dell’Ateneo di Brescia per l’anno 1952”, Brescia, 1953, pp. 111-23; e infine alla mia voce nell’Enciclopedia “Die Musik in Geschichte und Gegenwart”, Kassel [1966, pp. 162-163]. 2. Si veda l’interessante rievocazione autobiografica fatta dal Tebaldini nel volume “Ildebrando Pizzetti nelle ‘memorie’ di Giovanni Tebaldini”, Parma,1931.
3. Il Tebaldini si riferisce evidentemente al Regolamento per la musica sacra, approvato da Leone XIII ed emanato dalla Sacra Congregazione dei Riti il 24 settembre 1884. 4. “La Lega Lombarda”, a. 1, n. 30, 7-8 febbraio 1886. 5. Il Ponchielli era scomparso qualche giorno prima, il 16 gennaio 1886. 6. Si veda, nel citato volume autobiografico, il racconto degli anni di direzione del Conservatorio di Parma. Francesco Degrada*
(da Annuario del Conservatorio “G. Verdi” per l’anno 1963-’64, Milano, 1965, pp. 145-149)
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* Francesco Degrada (Milano 1940 – vivente), studiò presso il Conservatorio, pianoforte, composizione e direzione d’orchestra. Nel 1964 ha conseguito la laurea in lettere e successivamente la specializzazione presso la Scuola di Paleografia di Cremona. Ha insegnato Storia della Musica nei conservatori di Bolzano, Brescia e Milano. Nel 1967 ha fondato il “Complesso Barocco di Milano” svolgendo attività di clavicembalista, direttore d’orchestra, critico e musicologo. Dal 1980 è docente presso l’Università di Milano. È membro del Comitato Editoriale per le edizioni delle opere di Giuseppe Verdi, del Comitato Scientifico dell’Istituto di Studi Verdiani, del Consiglio Direttivo dell’Istituto Italiano “A. Vivaldi” e del “Pergolesi Research Center” di New York. |
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