Prefazione

 

 

[…] La ragione che può giustificare il cortese invito e la conseguente intrusione della mia povera voce tra quella antica epistolare, finora ignota, di Pizzetti e quella recente dell’antico Maestro suo, Giovanni Tebaldini, risiede nel fatto che alla pubblicazione di queste Memorie riguardanti, in primo luogo, il compositore più significativo dell’Italia contemporanea Pizzetti, e, in secondo luogo il più grande Direttore del mondo Arturo Toscanini, appunto io ho contribuito in qualche modo. L’idea, infatti, già maturata nell’animo di Tebaldini, si concretò nel mio studio della Biblioteca del Conservatorio, dove, da me invitato, convenne quel solerte e simpatico editore parmense che è il Fresching. Poiché da Parma - e questa pregiudiziale era fortemente posta da Tebaldini e da me concordi - era necessario partisse il libro, Parma e il suo illustre Conservatorio, essendo il teatro principale degli avvenimenti narrati, e parmigiani essendo i due protagonisti.

Dopo ciò, a me, naturale custode della storia gloriosa del R. Conservatorio parmense, non resterebbe altro compito che quello di esprimere all’illustre Maestro Tebaldini i sensi della più sentita gratitudine per aver egli sanzionato autorevolmente, e con preziose nuove documentazioni, il vanto che il vetusto Istituto parmense sempre portò di aver formato e nutrito l’anima artistica di Ildebrando Pizzetti, come aveva formato e nutrito quella di Arturo Toscanini.

Tuttavia, poiché si porge l’occasione, mi piace anche rilevare subito all’occhio del lettore quello che mi sembra il duplice contenuto di queste brevi ma appassionate Memorie: e cioè il contenuto storico-artistico e quello morale.

Il primo è costituito dalle cose che lumeggiano l’ambiente musicale italiano dalla fine del secolo scorso e dalla personalità di Pizzetti, la cui importanza nella vita musicale italiana ed europea esige ormai che si tenga conto, per la sua intera valutazione, di ogni circostanza che ha accompagnato il suo nascere, svolgersi, maturarsi. Infatti, il semplice racconto del Tebaldini, i descritti criteri didattici allora imperanti, la quasi completa divisione fra ogni attività culturale e l’attività musicale, lo sforzo del Tebaldini nel raggiungere, come didatta, un connubio vivo fra musica e cultura, il contrasto e le lotte che egli dovette incontrare, la incomprensione di molti, allievi e maestri, da cui fu afflitto e lo stesso caso isolato di Pizzetti che in tutta coscienza poteva scrivere al suo maestro: “Spero fermamente che l’opera mia avvenire possa dirLe che ho sentito ed ho compreso”; tutto ciò documenta della coscienza musicale del momento che segnava il termine di un periodo e racchiudeva i fermenti d’un rinnovamento che solo il primo venticinquennio del secolo veniente doveva iniziare.

[…] Ora nei ricordi di Tebaldini, certe circostanze narrate, alcune lettere a lui dirette un tempo dal suo allievo […] la natura dell’educazione ricevuta dal Pizzetti sotto la guida del Maestro, che cercava di nutrirne con ogni mezzo culturale la coscienza allargandone l’orizzonte e la visione, sono elementi preziosissimi che concorrono alla conoscenza dei caratteri essenziali dello spirito e dell’arte pizzettiana.

[…] Giovanni Tebaldini fu noto ai più come restauratore della musica sacra nel campo puramente liturgico che, in tempi di demagogismo materialistico, era ritenuto, per ineffabile ignoranza, un genere inferiore. Eppure la sua attività volta, fin dall’epoca del centenario palestriniano [1894], a illuminare l’immenso valore d’arte insito nelle opere del Grande prenestino, ritenute per molto tempo semplici elucubrazioni scolastiche e cerebrali, e diretta altresì a mettere in contatto il mondo profano e ignaro dei musicisti con le divine bellezze del canto gregoriano, creduto quasi universalmente ed esclusivamente roba da sacrestia, determinò una salutare influenza sui nuovi orientamenti della coscienza musicale italiana.

Infatti, se si pensa che uno dei caratteri del momento attuale è un chiaro risorgere del gusto per la polifonia corale e che elemento essenziale della cultura e dell’insegnamento – anche nei conservatori – è lo studio del canto gregoriano, bisogna necessariamente pensare con gratitudine a que’ pochi, e tra i primi appunto è l’autore delle presenti Memorie, che in Italia ne iniziarono il movimento.

Considerevoli furono i frutti di questa attività del Tebaldini quando egli fu maestro di Cappella alla Marciana di Venezia e all’Antoniana di Padova, talché ne uscirono anche discepoli di indubbio valore come il compianto Giulio Bas e Oreste Ravanello; più importanti e di più vasta portata, quando egli fu Direttore del Conservatorio di Parma. Allora un nuovo campo di azione si aprì al fervore intimo di lui. Principalmente le cure sue furono rivolte, nel vivo continuo paterno contatto coi giovani, a creare un nuovo connubio tra l’apprendimento dei mezzi tecnici dell’arte e la progressiva cultura della mente e dell’animo dell’allievo, sì che in esso la visione artistica divenisse più ampia e la sensibilità estetica più fine e profonda. A tal uopo oltre a istituire corsi speciali, nuovi per allora, di polifonia classica e di canto gregoriano, il Tebaldini non si peritava a intrattenere i giovani con letture e commenti intorno ai Promessi Sposi e ai discorsi di Carducci su l’Opera di Dante o a quelli al Senato e al Popolo di San Marino con grave scandalo dei miopi e dei gretti spiriti, i quali giungevano tutto ciò una distrazione dei giovani dallo spirito dei … corsi principali.

Bisogna aggiungere che a questi larghi criteri si ispirò il Tebaldini anche dopo il periodo parmense e nuova messe di efficaci risultati per la cultura musicale italiana egli trasse.

Fu infatti il primo a riesumare con intenti non solo archeologici ma puramente artistici la Rappresentazione di Anima e di Corpo di E. de’ Cavalieri (Augusteo di Roma aprile 1912), l’Euridice di Peri e Caccini (Milano 1916); fondò con Emilia Gubitosi, la società A. Scarlatti di Napoli eseguendovi la Rappresentazione di De’ Cavalieri, l’Euridice di Peri e Caccini e l’Jefte di Carissimi (1919-20); eseguì la Trilogia Dantesca, commentando il Divino Poema con brani gregoriani armonizzati e con brani palestriniani (Ravenna, settembre 1921); tiene tuttora dal 1925 la classe di esegesi gregoriana e palestriniana al R. Conservatorio di Napoli da cui sono usciti giovani di alto merito e di soda cultura, come Mario Pilati.

Ora chi conosce lo spirito di Pizzetti così fatto ricco dagli echi di ogni seria cultura, animato da larghi ed alti intendimenti umani nella stessa espressione artistica, chi sa quali profonde radici ha il suo rinnovato senso polifonico nei nostri secoli d’ora di storia musicale, e quale profitto il suo stile monodico e quello armonico richiamano dalla conoscenza veramente rivissuta del canto gregoriano, certo non può non riconoscere una diretta dipendenza dalla educazione che il maestro parmense ricevé dal Tebaldini, suo padre spirituale, che ebbe il merito di intuire lo straordinario valore interiore e di assisterlo in ogni momento quotidiano con amorevole e paterna cura.

[…] Intanto per ricondurre l’opera pizzettiana – principalmente ma non solo esclusivamente teatrale – in relazione a queste memorie, mi piace aggiungere che essa temporalmente sta in mezzo, come nuovo fatto estetico, tra la primigenia intuizione della sua possibilità nel genio di Pizzetti avvenuta del migliore educatore suo, G. Tebaldini e l’autorevole vivificazione interpretativa oprata con ardore di apostolo alla Scala da Arturo Toscanini. Al quale, non senza ragione sono dedicate, queste pagine commosse di Tebaldini, che restano non solo un utile contributo storico artistico – come ho voluto finora dimostrare – ma anche un mirabile documento umano. Ed ecco il loro contenuto morale a cui accennavo in principio.

Non è ben raro – e dovrebbe essere costante e immancabile condizione – che un maestro, a cui sono affidate le cure  e la responsabilità di giovani dedicati all’arte, vi si prodighi con larghezza di vedute, con trepidazione continua di ogni ora fuori e dentro la scuola con amore di padre e con tenerezza di amico? L’opera di Tebaldini in pro di Pizzetti, risultante da queste pagine è monito ed esempio. 

Adelmo Damerini1

 

(stralcio da Ildebrando Pizzetti nelle “memorie” di Giovanni Tebaldini, Ed. Fresching, Parma, 1931, pp. VII-XXIV)

 

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1.  Adelmo Damerini (Carmignano di Firenze, 1880 – Firenze, 1976), diplomato in composizione nel 1918, ha prodotto una Messa, molti Mottetti, Salmi, Inni e Sequenze eseguiti spesso nella cattedrale di Pistoia. Ha scritto articoli di critica su quotidiani come “La Nazione” e “L’Avanti!” e su diverse riviste. Insegnò Storia della Musica al Conservatorio di Palermo e fu bibliotecario di quella scuola, per passare, poi, con lo stesso incarico nei Conservatori di Parma e Firenze. Ha scritto spesso di Tebaldini e la prefazione al suo libro su Pizzetti del 1931.

 

 

 

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