PER LA MUSICA SACRA
[…] A rialzare le sorti della musica sacra in Italia, giunge uno studio del maestro Tebaldini. L’elemento lirico della musica sacra (Rivista musicale italiana di Torino, Fascicolo 2 del 1906), studio che ogni compositore dovrebbe aver letto. Lo scritto è coraggioso, perché mentre farebbe supporre – ciò che non è assolutamente – il Tebaldini disposto a fare delle concessioni ai nemici della riforma, potrebbe essere accolto con viso arcigno da coloro che vorrebbero fossilizzata la musica sacra, sulla falsariga di formule stereotipate e di regole scolastiche. La tesi, svolta con la smagliante forma e la sottigliezza dell’analisi che è la caratteristica degli scritti del Tebaldini, è questa appunto: “L’elemento liturgico della musica sacra non esclude l’elemento lirico, che con sufficiente evidenza, si rileva dai sacri testi giacché l’uno e l’altro punto contrastando fra di essi, possono riuscire a fondersi in una mirabile unità etica ed estetica”. Il Tebaldini ha pugnato tenacemente contro il sentimentalismo nella musica dedicata al culto; ma ha pur sempre riconosciuto “doversi distinguere nei testi sacri destinati ad essere musicati e cantati, non un diverso grado di liturgicità rispetto alle leggi della chiesa, ma bensì un’anima informatrice talvolta severamente serena, spaziante nel mondo ideale del mistero e del dogma, tal’altra trascinata ad inspirata ad un sentimento più umano che, in un’evocazione lirica immaginosa e penetrante, si abbandona alla piena dell’effetto reso con tutto lo slancio della preghiera che scaturisce dal cuore, ed al cuore, per le vie dello spirito vivificatore ritorna con inesauribile e continuato motivo di emozione psichica”.Da ciò si rileva nei testi sacri “tutta una gradazione policroma, chiarissima ed evidente, di intensità emotiva che va per l’appunto dall’espressione simbolica e mistica per eccellenza, alla manifestazione la più eloquentemente umana della lirica ispirata dalla fede e dalle cerimonie liturgiche; vale a dire, la lirica religiosa”. E apertamente afferma che la musica sacra per riuscire castigata, severa e degna della chiesa, non debba essere costantemente priva di ogni slancio di ispirazione e destituita, come appare tanto spesso, di ogni idealità estetica che la tecnica moderna, usata con criterio e dignità, possa essere in grado di suggerire. Non è possibile riassumere in poche parole lo studio del Tebaldini, confortato anche da esempi musicali grafici. Dalla citazione di melodie liturgiche, animate da un soffio vivificatore di profondo sentimento lirico, emanazione pura delle parole, che rivestono, egli trascorre ad esaminare le composizioni polifoniche di quelli autori antichi e moderni, italiani e stranieri che seppero cogliere e sviluppare il connubio estetico e liturgico dei sacri testi; dal Morales al Palestrina, al Suriano e a Orlando di Lasso; dal Legrenzi, il Vinaccesi, il Lotti e Andrea Basili al Tomadini, al Greith, allo Stehle; al Tinel, al Mitterer, al Goller; per dimostrare appunto che nella musica sacra, oltre che delle leggi della liturgia, in una contemperanza estetica creata in nome della liturgia, stessa e dell’arte, debbasi necessariamente tener conto di quel contenuto lirico, che recato anzitutto dal testo, non può nella musica venire trascurato senza che si venga meno agli scopi altissimi della liturgia ed alle proprietà dell’arte. “La musica sacra – afferma il Tebaldini – vinta e bandita dalla chiesa la produzione falsa e grottesca largita da un intero secolo di errata concertazione artistica, non deve abbandonare, sotto la maschera dell’assoluto liturgico, l’abbandono di quelle leggi dell’arte che risiedono non soltanto nella tecnica, dalla più semplice alla più alta e complessa, ma pure e principalmente, nelle leggi naturali e spontanee della creazione”. […]
Alberto Cametti1
(stralcio da “Il Cittadino di Brescia”, 20 gennaio 1907)
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1. Alberto Cametti (Roma 1871 - ivi 1935), studiò pianoforte e organo con S. Capocci, composizione con S. Falchi diplomandosi all’Accademia di S. Cecilia. È stato direttore della Cappella Musicale di S. Luigi dei Francesi a Roma e membro della Commissione pontificia di musica sacra. Dal 1925 al ‘28 fu direttore artistico dell’Accademia Filarmonica Romana. Ha composto pezzi per pianoforte e organo, messe, vespri, mottetti e musica da camera. La sua attività più notevole si è svolta nel campo della storia della musica, specialmente di quella in Roma a cui ha dedicato oltre 60 monografie. Importanti anche i suoi studi su G. P. da Palestrina e Rossini. |
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