La morte di Tebaldini
SETTANT’ANNI DI LOTTA CONTRO LA MEDIOCRITÀ
Pochi in Italia conobbero, pochissimi apprezzarono la tenace figura di artista e di studioso che fu Giovanni Tebaldini, che pure era stato maestro a musicisti insigni come Fornarini, Frazzi, Pizzetti, che pure lascia pagine nobilissime d’alta composizione sinfonica e vocale e volumi profondi d’esegesi e di storia della musica, che pure introdusse, almeno in Italia, quasi l’intera cultura musicale moderna nella conoscenza diretta, dei monumenti cospicui dell’antichità. Aveva un carattere adamantino Tebaldini, ma straordinariamente pugnace, un’intelligenza soda e nutrita ma straordinariamente polemica. E inflessibile era la sua probità. Pochi, quindi, lo conobbero e pochissimi lo apprezzarono come meritava. I più preferirono dimenticarlo. Qualche volta per non arrossire. […] Venuta l’ora triste della “pensione”, alla quale sopravvisse una ventina d’anni, Giovanni Tebaldini si ritirava a casa di una figlia a San Benedetto del Tronto. Qui lo colse la morte. Quali i meriti maggiori di questo modesto eppur mirabile artista, accolto tra gli accademici di Santa Cecilia all’età di ottantasei anni, quando il nobile consesso romano già annoverava da tempo un vecchio “violino di fila” già alle dipendenze del maestro? Oltre che compositore fecondo di musica da concerto Tebaldini fu anzitutto un propagatore inestimabile e sotto alcuni aspetti un precursore geniale del movimento di restaurazione e di valorizzazione della gloriosa musica polifonica vocale e strumentale antica. A lui si dovettero esaurienti indagini su capolavori trascurati o addirittura sepolti di Palestrina, De Ahna, Gabrieli, Peri, Caccini, Cavalli, Del Cavaliere, Legrenzi, Bassani, Lotti, Monteverdi, Animuccia, Frescobaldi, Carissimi, Galuppi, Tartini, e via via, dei quali curò sovente le impeccabili trascrizioni in notazione moderna e la esecuzione in concerti memorabili, svolti nelle principali sale concertistiche. La sua produzione originale contò molti lavori: in prevalenza Messe, Offertori, Inni sacri, Cantate, Mottetti. Tebaldini stava morendo ottantottenne, ed un suo lucido profilo di Ponchielli, l’indimenticato maestro degli anni giovanili, usciva in un periodico musicale stampato a Milano. Egli lo lesse, o meglio lo sogguardò poche ore prima del trapasso, non d’altro curioso, ormai sul punto di raggiungerlo, che di sapere quel che di là ne avrebbe pensato Amilcare. Franco Abbiati1
(stralci dal “Corriere della Sera”, Milano, 13 maggio 1952)
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1. Franco Abbiati (Verdello, Bergamo 1898 – Bergamo 1981), diplomatosi in composizione, per trentasei anni fu critico musicale de’ “Il Corriere della Sera”. Diresse “La Scala” (rivista dell’opera) dal 1949 al 1963. Per il cinquantenario della morte di Verdi curò un’edizione con scritti di importanti personalità. Pubblicò fondamentali studi come Storia della musica (in cinque volumi), Verdi (quattro volumi), Biografia di Schoenberg.
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