[Giovanni Tebaldini]
[…] A Giovanni Tebaldini la musica italiana deve un importantissimo contributo al rinnovamento dei gusti, orientamenti e visioni, operato attraverso lo studio diretto e la pratica divulgazione sia del canto gregoriano, sia dell’antico patrimonio polifonico e melodrammatico. Per il bresciano Tebaldini (1864) il ritorno alle pure fonti della musica sacra e profana era il solo mezzo per irrobustire le voci, per raddrizzare e lubrificare i paurosi sbandamenti estetici del tempo. Fu questa la ragione per la quale il maestro, dopo aver appartenuto alla scuola di Amilcare Ponchielli al Conservatorio di Milano, prese a frequentare le lezioni dell’Haberl alla Kirchenmusikschule di Ratisbona. Spirito forte e risoluto, non meno che colto, egli erigeva successivamente ad apostolato, sovente a duro apostolato, ché gli furono quasi tutte le mediocrità ufficiali e ufficiose contemporanee, l’ufficio che tenne e difese alla direzione della Cappella Marciana di Venezia, dell’Antoniana di Padova, del Conservatorio di Parma, della Cappella Lauretana di Loreto, finalmente alla cattedra di esegesi palestriniana al Conservatorio di Napoli. I concerti di musica polifonica e strumentale, da lui promossi in Italia, sin dal 1891, le numerose trascrizioni di capolavori delle scuole veneta e romana dei secoli XVI e XVII (del Cavaliere, Peri, Caccini, Frescobaldi, Carissimi, Bassani, Legrenzi, A. Scarlatti, Galuppi, ecc.), le pubblicazioni come quelle della musica sacra in Italia (1894), dell’Archivio Musicale della Cappella Antoniana (1895) dell’Archivio Musica della Cappella Lauretana (1921), in fine l’opera di proselitismo illuminato e coraggioso che a lui fa capo nel campo didattico, musicologico e paleografico tale da generare cultori come un Pizzetti, continuatori come un Cesàri o un Benvenuti: sono attestati di merito, indiscutibili, sono prove d’un amore vero e nuovo e nobilmente proficuo verso i monumenti e gli insegnamenti dell’arte.
[…] Al Conservatorio [di Parma] gli fu poi di grandissimo aiuto Giovanni Tebaldini, dal 1897 direttore dell’istituto, che intuendo la sensibilità pronta e la superiore elevatezza dell’allievo, lo prese sotto la sua vigile guida favorendone gli impulsi alla conoscenza ed alla ricerca. Un prezioso lievito per le successive riflessioni e conquiste, il Pizzetti doveva particolarmente trarre dal corso di canto gregoriano e di polifonia vocale che il Tebaldini aveva istituito al conservatorio invitando a parteciparvi gli allievi di composizione e traendone argomento per discussioni proficue di vario carattere: dal musicale al letterario, al filosofico, all’estetico e al paleografico. Fu certamente lo studio del gregoriano, non disgiunto da quello della nostra classica polifonia cinquecentesca, che gettò nel cuore dell’adolescente musicista il primo seme d’un amore che doveva svilupparsi e ramificare fino alla configurazione d’uno stile personale: l’amore per il canto corale nel quale la poesia degli arcaismi è sentita al pari della poesia dei canti popolari e il sentimento del primitivo è sposato all’ampia, duttile e forte tecnica del linguaggio moderno. Franco Abbiati1
(stralcio da Storia della Musica, Garzanti, Milano, 1946, Vol. V – Il Novecento, pp. 92-3 e 127-28)
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1. Franco Abbiati (Verdello, Bergamo 1898 – Bergamo 1981), diplomatosi in composizione, per trentasei anni fu critico musicale de’ “Il Corriere della Sera”. Diresse “La Scala” (rivista dell’opera) dal 1949 al 1963. Per il cinquantenario della morte di Verdi curò un’edizione con scritti di importanti personalità. Pubblicò fondamentali studi come Storia della musica (in cinque volumi), Verdi (quattro volumi), Biografia di Schoenberg.
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